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Una nuova ricerca ha messo in luce il potenziale pericolo della perdita temporanea dell’udito, nelle tartarughe marine, a causa dell’inquinamento subacqueo.
Il suono del mare. Rilassante, armonioso, tranquillo. Basta appoggiare una conchiglia all’orecchio per venire trasportati, spensierati, dallo sciabordio immaginario delle onde. Tuttavia, non sono della stessa idea le tartarughe. Una nuova ricerca ha infatti dimostrato che le tartarughe possono perdere temporaneamente l’udito a causa dell’inquinamento acustico del mare, ovvero, del troppo rumore subacqueo.
Come al solito, a complicare la vita di ogni essere vivente sulla Terra, ci pensa l’uomo. L’inquinamento acustico marino è causato, infatti, dall’impatto antropico. Questi rumori, estranei alla vita marina, sono prodotti da diverse fonti: gli impianti di trivellazione per l’estrazione di petrolio o gas; il traffico marittimo e le navi rompighiaccio; la pesca; gli impianti eolici; i sonar e via dicendo.
La perdita temporanea dell’udito è già stata osservata in altri animali come i delfini o i pesci, ma non si era ancora studiato l’effetto che potesse avere sui rettili come le Testudines, l’ordine a cui appartengono sia le tartarughe che le testuggini. “Il nostro studio è il primo a sostenere che le tartarughe subiscono una perdita temporanea dell’udito se esposte a rumori molto intensi, come già osservato in altri animali”, ha affermato Andria Salas, PostDoc presso la Woods hole oceanographic Institution e co-autrice dello studio. Questa ricerca è stata ufficialmente esposta il 4 marzo all’Ocean science meeting 2022.
Le tartarughe fanno affidamento sul loro udito subacqueo per orientarsi ma, soprattutto, per accorgersi della presenza dei predatori. In molte specie è stato anche osservato l’utilizzo della comunicazione subacquea. Quindi, l’udito gioca un ruolo molto importante per la loro esistenza.
Per comprendere quanto il rumore influisca sull’udito delle Testudines, i ricercatori hanno condotto degli esperimenti su due testuggini, non in pericolo di estinzione: Trachemys scripta elegans e Chrysemys picta; così da avere una base di studio utile anche per le tartarughe marine. È stato analizzato lo spostamento temporaneo della soglia uditiva, un abbassamento dell’udito causato dall’esposizione a un forte rumore. Per prima cosa è stato testato l’udito, utilizzando dei piccoli dispositivi non invasivi, sotto l’orecchio, per misurare le tensioni neurologiche generate dall’ascolto di suoni. Hanno così misurato la soglia minima dell’udito e poi hanno esposto le testuggini a dei forti rumori. Una volta terminata l’esposizione al rumore, i ricercatori hanno continuato le misurazioni per osservare i tempi di recupero dell’udito. Tutte le testuggini hanno recuperato l’udito ma con tempi di recupero differenti. La ripresa dell’udito poteva durare da venti minuti a circa un’ora, in alcuni casi, l’udito si è ripreso al termine dell’ora di test, mentre in un unico caso, l’udito ha impiegato più giorni per riprendersi.
I ricercatori hanno affermato di essere rimasti sorpresi, principalmente, dal livello relativamente basso di rumore che ha causato lo spostamento temporaneo della soglia uditiva. “Se ciò accadesse in natura le tartarughe non sarebbero in grado di udire i suoni in questi range temporali, non riuscendo né a comunicare né a sentire i predatori”, ha affermato Salas.
Questi risultati hanno fornito una prima prova della perdita dell’udito indotta dal rumore subacqueo, in Testudines. Inoltre, che le tartarughe potrebbero essere più sensibili al rumore di quanto si pensasse finora. Un ulteriore fattore di stress da tenere in considerazione per la salvaguardia di questi animali.
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