L’invisibile apparente nelle fotografie di Armin Linke

Chi concepisce il percorso di una mostra fotografica come un’esperienza essenzialmente passiva, ovvero come una sorta di pigra passeggiata contemplativa attraverso immagini scattate da altri e di cui limitarsi a prendere distrattamente visione, dovrà prima o poi ricredersi.   E a maggior ragione avrà occasione di farlo in questi mesi al PAC di Milano, che

Chi concepisce il percorso di una mostra fotografica come un’esperienza essenzialmente passiva, ovvero come una sorta di pigra passeggiata contemplativa attraverso immagini scattate da altri e di cui limitarsi a prendere distrattamente visione, dovrà prima o poi ricredersi.

 

E a maggior ragione avrà occasione di farlo in questi mesi al PAC di Milano, che fino al 6 gennaio accoglie una selezione di oltre 130 scatti del fotografo milanese Armin Linke, nell’ambito di un’esposizione la cui caratteristica peculiare consiste proprio nell’enfatizzare al massimo grado il ruolo attivo e critico del visitatore o, più in generale, di chi osserva una qualsiasi immagine.

 

A partire dal corposo archivio dell’artista, costituito da oltre 20mila foto che illustrano una serie di epocali mutamenti ambientali, economici e tecnologici del nostro tempo, i curatori Ilaria Bonacossa e Philipp Ziegler hanno congegnato un itinerario espositivo composto da scatti ciascuno dei quali diviene, letteralmente, “pre-testo” per divagazioni e commenti affidati ad un manipolo di studiosi, scienziati e geografi reclutati ad hoc dallo stesso Linke.

 

Armin Linke
Centro di ricerca di Jülich (Köln), Germania, 1999. Research Centre.
Credits: @ Armin Linke

 

L’immagine come dispositivo aperto e ipertesto

“L’apparenza di ciò che non si vede” è dunque il titolo che funge da suggestivo viatico ad un viaggio orientato non solo orizzontalmente, cioè attraverso la successione delle immagini, ma anche, verticalmente, all’interno di ciascuna di esse.

 

Grazie all’intervento di commentatori autorevoli di caratura internazionale, quali ad esempio l’antropologo francese Bruno Latour, il geologo Jan Zalasiewicz, l’accademica Ariella Azoulay, la fisica Irene Giardina e vari altri, ciascuno scatto si arricchisce di commenti scritti e/o sonori collocati a latere ed elaborati da chi ha letto ed interpretato quella fotografia alla luce delle proprie conoscenze e delle categorie concettuali tipiche della disciplina di cui è esperto.

 

 

Dunque l’immagine si trasforma ulteriormente, divenendo non solo “pre-testo” ma addirittura “iper-testo”, innescando cioè un meccanismo di rimandi e connessioni simile a quello che si sperimenta navigando sul web, dove ogni videata contiene una serie di link che veicolano informazioni ed approfondimenti ulteriori.

 

La mostra assume così un andamento dialogico e polifonico in cui non solo i contenuti fotografici vengono integrati ed articolati dai vari apporti discorsivi ma anche il visitatore entra nel circuito del gioco interpretativo, avendo la possibilità di costruire autonomamente, e sulla base delle sue associazioni concettuali, il proprio percorso, muovendosi attraverso i pannelli disposti in modo da creare quella che lo stesso Linke ha paragonato ad una vera e propria scenografia teatrale.

 

 

Un fotografo-filosofo

Estimatore del cinema di Jacques Tati, nonché ex-allievo della scuola di mimo di Marcel Marceau, Armin Linke, classe 1966, nato a Milano ma residente a Berlino e docente all’HfG di Karlsruhe, si è sempre contraddistinto per un approccio decisamente riflessivo e concettualmente articolato alla fotografia, intesa come strumento di comprensione del reale e come veicolo di informazioni sul mondo.

 

Armin Linke
Ritratto di Armin Linke realizzato da Mathias Schorman

 

 

Che si tratti di un parco naturale, di un accumulo di bottiglie di plastica, di uno stadio o di una sala-riunioni delle Nazioni Unite, Linke ritiene che l’immagine fotografica debba assolvere al fine prioritario di svelare le cosiddette “infrastrutture nascoste” del mondo post-industriale in cui viviamo, ovvero i fenomeni sociali, politici e tecnologici che plasmano la nostra realtà quotidiana attraverso meccanismi per lo più occulti o subdoli.

 

Un simile ampio panorama coinvolge l’informazione digitale ma anche la natura e l’ambiente, con tutte le trasformazioni e gli stravolgimenti che caratterizzano i paesaggi naturali ed artificiali circostanti. Il progetto, che da Milano approderà prossimamente anche ad Aachen e a Ginevra, mira dunque a fare di ogni fruitore della mostra un individuo più informato e consapevole, capace di cogliere le implicazioni spesso cruciali delle sue scelte e dei suoi comportamenti negli equilibri mutevolissimi di un universo globalizzato.

 

Eventi collaterali

In concomitanza con la mostra di Linke, il PAC di Milano predispone una serie di laboratori, conferenze, visite guidate ed opportunità di approfondimenti tematici ad hoc, consultabili a questo link.

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