Si chiamava Saly, aveva cinque anni. Nello scatto vincitore del World press photo 2024, il concorso di fotogiornalismo più importante al mondo, non si vede un centimetro del suo corpo senza vita. E non si vede nemmeno il volto della zia, Ines Abu Maamar, che lo stringe forte a sé. Mohammad Salem, fotografo dell’agenzia Reuters,
Masai, i figli della savana
La tribù dei masai continua a vivere allevando bestiame nelle pianure africane come i loro avi, ma oggi il loro stile di vita è minacciato dall’esproprio delle loro terre ancestrali.
Lo sguardo fiero di chi viene da lontano, la lancia appoggiata sulla spalla e i caratteristici abiti dai colori accesi. Per i masai il tempo sembra essersi fermato, questo popolo di pastori guerrieri stanziati tra il Kenya e la Tanzania vive ancora come viveva secoli fa, noncurante del passare del tempo, e la sua vita è regolata dai ritmi della terra e dall’inesorabile susseguirsi delle stagioni.
I masai sono da sempre dediti all’allevamento di bestiame che conducono per grandi distanze alla ricerca di pascoli verdi e sorgenti d’acqua, da condividere con gnu, zebre, giraffe e antilopi. Il rapporto con il bestiame ha origini antichissime, secondo una leggenda Dio donò al padre della nazione masai un bastone per radunare le mandrie di animali e regalò ai masai greggi di mucche, facendo scivolare i bovini dai rami degli alberi fin giù sulla Terra.
Vivendo a stretto contatto con il creato questa popolazione ha sviluppato riti e credenze che vedono come protagonisti gli animali e le piante della savana. Gli gnu vengono venerati perché contribuiscono alla rigenerazione del manto erboso e quindi alla salute dei capi di bestiame, mentre i leoni ricoprivano fino a poco tempo fa un ruolo fondamentale nei riti di passaggio. Un giovane infatti per entrare nell’età adulta doveva uccidere un leone armato solamente della propria lancia.
“Un guerriero masai è un’incredibile visione. Questi giovani uomini hanno, nel grado più alto, quella particolare forma di intelligenza che chiamiamo ‘chic’; audaci e selvaggiamente fantastici come sembrano, essi sono ancora risolutamente autentici e fedeli alla loro natura e ad un ideale immanente. Il loro stile è cresciuto interiormente, ed è un’espressione della razza e della loro storia e le loro lance ed i loro abiti sono parte del loro essere, così come lo sono le corna per il cervo”, ha scritto Karen Blixen nel libro La mia Africa.
Nonostante il loro legame con i rituali ancestrali oggi i masai devono fare i conti con il furto delle loro terre da parte degli occidentali. L’esproprio, iniziato in epoca coloniale, ha confinato la tribù nelle zone più aride e sterili del paese e ha costretto questo popolo nomade ad una vita stanziale snaturandone lo stile di vita.
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