Il mondo può essere alimentato a rinnovabili – se le triplicassimo, dice la Iea

Un mondo alimentato pressoché interamente da fonti di energia rinnovabili è possibile, ma dobbiamo muoverci triplicando la potenza installata.

Sono quattro i compiti da fare da qui al 2030:

  • accelerare sulle rinnovabili;
  • aumentare l’efficienza;
  • tagliare le perdite di metano;
  • puntare sull’elettrificazione.

Queste quattro azioni da sole costituiscono l’80 per cento degli sforzi necessari per tagliare le emissioni di gas serra nel settore energetico da qui al 2030, secondo l’Agenzia internazionale dell’energia (Iea, dall’acronimo inglese) nel nuovo aggiornamento del Net zero report, il rapporto nel quale si indicano le misure da intraprendere in campo energetico per rispettare l’Accordo di Parigi sul clima. Ancora più all’osso, i compiti fondamentali nei prossimi anni diventano due: le energie rinnovabili vanno triplicate, mentre dobbiamo raddoppiare l’efficienza energetica.

Cosa dice il nuovo report dell’Iea

L’energia non è l’unico settore che impatta sul clima, ma è sicuramente il più importante in cui guardare per portare il mondo a emissioni nette zero (carbon neutrality) entro il 2050 – visto che l’uso di combustibili fossili costituisce circa il 75 per cento delle emissioni. Esattamente come nel caso dell’Ipcc (il Gruppo intergovernativo di esperti sui cambiamenti climatici delle Nazioni Unite), anche i rapporti dell’Iea costituiscono un punto di riferimento per comprendere stato dell’arte e prospettive del settore dell’energia.

Nonostante in passato abbia mancato alcune previsioni – specialmente tra il 2010 e il 2020, sottovalutando di molto le energie rinnovabili – ora è uno degli enti che fornisce informazioni affidabili nel descrivere il piano energetico da attuare per arrivare a zero emissioni.

L’aggiornamento, anzi la roadmap allegata alla Net zero report del 2021 certifica un aspetto non molto evidenziato nel dibattito pubblico: c’è ottimismo sulla crescita delle rinnovabili che va oltre le previsioni, ma allo stesso tempo il ritmo attuale non è ancora sufficiente per garantire la limitazione dell’aumento della temperatura media globale ad un massimo di 1,5 grad sulla superficie delle terre emerse e degli oceani, entro la fine del secolo, rispetto ai livelli pre-industriali.

Da dove arriva la Iea?

Nel 1973 la crisi del petrolio sconvolse il mondo occidentale: si ebbe certezza del fatto che fosse il petrolio a far girare il mondo, ma che questo fosse una risorsa in balìa dei rapporti geopolitici, costringendo le popolazioni ad applicare, per la prima volta, misure di risparmio energetico.

Anche per quel motivo, nel 1974 fu fondata dai paesi che fanno parte dell’Ocse, cioè l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, l’Agenzia internazionale dell’energia. Il suo scopo era unire analisti che fornissero dati per mettere in sicurezza il sistema energetico, che a quel tempo significava petrolio, carbone e gas, e spingere sulla tecnologia e l’efficienza energetica.

Il Net zero report del 2021 è stato il punto di svolta

È anche per le origini della Iea – molto vicina al mondo fossile – che tutti sono rimasti molto stupiti quando, nel 2021, la Iea ha pubblicato il Net zero report, una pietra miliare per quanto riguarda gli scenari energetici a livello mondiale. Era la prima volta che la Iea scriveva nero su bianco che, dal 2021 in avanti, non sarebbero state più necessarie nuove trivellazioni alla ricerca di petrolio e gas, in quanto le riserve attuali erano sufficienti per transitare il mondo verso le zero emissioni.

L’altra cosa fondamentale, ampiamente sottolineata dal report del 2021 e anche dalla revisione del 2023 è che conta anche come si arriverà alle zero emissioni: è infatti essenziale spingere il più possibile nei prossimi anni, a breve termine al 2030, con le tecnologie già presenti.

Se nel 2021 prevedevano che il 50 per cento delle tecnologie necessarie dal 2030 in poi sarebbero dovute ancora arrivare, già dal 2023 questa stima viene abbassata al 35 per cento grazie ai grandi progressi nell’ambito dell’accumulo elettrico e della produzione rinnovabile.

Tutte queste considerazioni – vale la pena ricordarlo – non vengono dalle piazze per il clima, ma da un’agenzia governativa guidata da Fatih Birol, l’economista turco a capo della Iea. Birol ha cominciato a lavorare nell’Opec – l’associazione delle nazioni petrolifere del Medio Oriente – e la sua missione rimane coerente: guidare il Pianeta verso lo sviluppo di energia sicura, pulita e a basso costo per tutti.

A capo della realizzazione dei modelli energetici dell’Iea si trova, invece, un’italiana, Laura Cozzi, responsabile della pubblicazione di questi report.

I momenti importanti per l’Iea e per il mondo

Va detto: non è una novità che l’Iea faccia previsioni rinnovabili al ribasso. Tra il 2010 e il 2020 il mondo dell’energia è cambiato in modo rapidissimo: è stato infatti il decennio in cui solare e eolico – anche grazie ai forti incentivi – hanno lasciato da parte i complessi di inferiorità, e il ruolo di “energie alternative”, diventando invece fonti di energia solide, tecnologicamente mature, e spesso incredibilmente economiche.

Un professore olandese, Auke Hoekstra, per anni ha mostrato come la crescita delle rinnovabili superasse ogni previsione della Iea – che basava i suoi modelli su un mondo fossile e le relegava ai margini dei suoi outlook. I motivi possono essere cercati nei bias degli analisti stessi che non erano convinti che un contributo così grosso potesse arrivare dalle fonti pulite. Eppure, ogni anno che passava era sempre più evidente lo scollamento dalla realtà. Anche per questo motivo i nuovi modelli hanno stupito: finalmente si avvicinavano a descrivere la reale velocità della transizione verso le rinnovabili.

Gli aggiornamenti del 2023: roadmap to net zero

L’aggiornamento del 2023 prende in considerazione le evoluzioni tecnologiche avvenute nei due anni scorsi, e sono notizie positive per la transizione che confermano i forti trend del 2021.

Infatti – ancora una volta – le previsioni dell’Iea avevano sottovalutato il ruolo da qui al 2030 delle fonti rinnovabili, così come ha stupito anche gli analisti l’accelerazione del settore delle batterie.

Nel nuovo report c’è un aumento del ruolo delle energie pulite da qui al 2030: il solare fotovoltaico installato ogni anno dovrà passare da 630 a 820 gigawatt (GW), mentre scende un po’ la previsione intermedia dell’energia eolica (da 390 GW a 320 GW) – forse a causa dei tempi della burocrazia e di installazione più lunghi rispetto al solare.

Il ruolo delle batterie viene invece quasi raddoppiato: negli ultimi anni la tecnologia ha fatto passi da gigante, come per esempio nel caso delle prime batterie al sodio entrate in commercio nel 2023. Questo fa sì che venga visto come un settore ancora più chiave, con il passaggio da 590 GW a 1.020 GW di capacità installata necessaria al 2030.

Ci sono invece diverse tecnologie – anche molto citate nel dibattito pubblico – che trovano poco spazio, secondo il report, in un’economia decarbonizzata e spinta dalle rinnovabili: sono l’idrogeno, la cattura e lo stoccaggio della CO2 (Ccs) e la rimozione diretta della CO2, detta Dac – Direct air capture.

Queste tre soluzioni – molto in voga tra le aziende fossili – subiscono addirittura un abbassamento nelle previsioni al 2050, in parte perché possono essere sostituite dalle più economiche e rapide rinnovabili, in parte per via di nuovi studi che dimostrano la loro scarsa efficacia nel ridurre le emissioni.

report dell'ira sulle energie rinnovabili entro 2030
I trend delle energie rinnovabili entro il 2050 © Iea

Addirittura, l’idrogeno verde – di cui molto si è parlato – viene dato intorno all’1 per cento per il 2030. Anche tagliare le emissioni di metano – spesso non monitorate – è una misura estremamente conveniente dal punto di vista costi-benefici: infatti basta una perdita superiore al due per cento per rendere il metano peggiore del carbone, dato che il potere climalterante del metano è circa 80 volte quello della CO2 su un periodo di vent’anni. È proprio in questo contesto che è appena stato lanciato il primo osservatorio sulle emissioni da metano in ambito energetico: si chiama Metaneia ed è nato dopo due anni di fotografie termiche della Clean air task force per mostrare le fughe di gas mai rilevate fino a quel momento. Infine, il mantra dei prossimi  trent’anni dev’essere elettrificazione totale: rendere tutti i settori – trasporti, edifici ed energia – alimentati a energia elettrica è un ulteriore contributo all’aumento di efficienza.

La conclusione? Solo le rinnovabili sono una certezza

Quindi la risposta a una delle domande chiave è sì: possiamo alimentare un intero pianeta, il nostro, principalmente grazie a fonti rinnovabili, quantomeno il 90 per cento, con un apporto del nucleare a livello mondiale. Sono più di cento ormai gli studi che hanno provato a simulare un pianeta alimentato al 100 per cento da rinnovabili, senza rischi di blackout e a costi inferiori ad oggi.

La tanto temuta intermittenza dovuta alla non prevedibilità della produzione fotovoltaica o eolica viene infatti bilanciato – secondo gli analisti – dalle altre fonti di energia, da un forte aumento dell’interconnessione, e da accumuli energetici di vario tipo, tra cui le batterie o gli impianti di pompaggio.

Rimane una parte finale del sistema energetico, la più difficile da decarbonizzare, e su cui nei prossimi anni avremo più certezze grazie allo sviluppo delle tecnologie. Ma è nel frattempo essenziale concentrare gli sforzi su tutte le soluzioni che già abbiamo a portata.
E sì: un’economia elettrificata richiede una quantità molto minore di materiali minerari. Radunando i dati, Micheal Thomas ha calcolato questo rapporto: un’economia fossile richiede di estrarre dal sottosuolo una quantità di risorse pari 535 volte tanto rispetto a un’economia alimentata a rinnovabili. Touché.

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