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In meno di dieci anni negli Stati Uniti, grazie a solare ed eolico, è stata evitata la morte prematura di 12.700 persone. Ridotti anche i costi ambientali e sanitari.
Una ricerca realizzata dal Lawrence Berkeley National Lab fornisce nuove ragioni a sostegno della necessità di abbandonare al più presto i combustibili fossili e ampliare l’uso delle energie rinnovabili. Secondo lo studio, negli Stati Uniti, eolico e solare hanno permesso di prevenire la morte prematura di quasi 12.700 persone tra il 2007 e il 2015, facendo risparmiare al Paese miliardi di dollari in costi sanitari e ambientali.
Parallelamente alla crescita delle rinnovabili nel settore dell’energia, tra 2007 e 2015, i principali inquinanti atmosferici sono diminuiti. Lo studio elaborato dal Berkeley Lab – il più grande centro di ricerca internazionale nel campo della fisica –, è stato sponsorizzato dal Dipartimento di Energia degli Stati Uniti e pubblicato dalla rivista scientifica “Nature Energy”. L’analisi ha mostrato come la produzione di elettricità attraverso le fonti pulite abbia ridotto quella prodotta con le fonti tradizionali e, di conseguenza, le emissioni di gas ad effetto serra.
Nel periodo 2007-2015, grazie anche a una serie di norme a sostegno delle rinnovabili, il boom del solare e la crescita dell’eolico hanno creato positive ripercussioni sulle emissioni del settore elettrico. Non è quindi un caso – e non si può parlare di un effetto collaterale alla crisi economica che ha investito il mondo occidentale grossomodo nello stesso arco di tempo – se l’anidride carbonica ha registrato un meno 20 per cento, l’anidride solforosa è calata del 72 per cento, l’ossido di azoto del 50 per cento e le minuscole particelle note come PM2.5 del 46 per cento. Una riduzione dovuta alla sostituzione delle fonti fossili con altre pulite – solare ed eolico, insieme, sono passati dai circa 10 gigawatt del 2007 ai circa 100 del 2015 –, e a norme più severe sulle emissioni.
I ricercatori del Berkeley Lab hanno stimato che la crescita di solare ed eolico ha permesso di prevenire malattie come asma, cancro, problemi polmonari a un numero di persone stimato tra le 3 mila e le 12.700 unità, con un risparmio in termini di costi sanitari tra i 29,7 e i 112,8 miliardi di dollari. Le nuove tecnologie hanno avuto un impatto consistente anche in ambito ambientale con benefici stimati tra i 5,3 e i 106,8 miliardi di dollari. Questi ultimi riguardano in particolare cambiamenti relativi alla produttività agricola, all’utilizzo di energia, a mancate perdite legate a disastri, come le inondazioni, causati dal cambiamento climatico, diretta conseguenza del riscaldamento globale indotto dall’alta concentrazione di anidride carbonica accumulata nella nostra atmosfera.
Lo studio del Berkeley Lab dove hanno lavorato ben 12 premi Nobel per la fisica non è l’unico ad aver dimostrato il legame tra utilizzo di fonti tradizionali come carbone e petrolio per la produzione di energia e morti premature e ad aver anche provato a ragionare in termini di costi legati alla salute pubblica.
La rivista “Renewable and Sustainable Energy Reviews” ha pubblicato uno studio della Michigan Technological University in cui si dimostra che la transizione dal carbone all’energia solare potrebbe impedire ogni anno negli Stati Uniti circa 52 mila morti premature. Sempre più evidente dunque – se ancora dovesse essere necessario sottolinearlo – il legame tra la qualità dell’aria che respiriamo, la nostra salute e le nostre aspettative di vita.
La qualità dell’aria dipende moltissimo dalla produzione e dall’uso dell’energia. L’Agenzia internazionale per l’energia, in un lavoro del 2016, ha rilevato come l’85 per cento delle particelle dell’aria che respiriamo è costituita da acidi, metalli, ossidi di zolfo e di azoto prodotti dalla combustione di carbone, petrolio e altre fonti fossili. Ma a differenza dei combustibili fossili, l’energia prodotta attraverso il vento, il sole e altre fonti pulite non produce emissioni nocive e salvaguarda la qualità della nostra aria e delle nostre vite.
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