
Grazie a un’indagine sotto copertura, l’associazione Cruelty free international ha scoperto le violenze alle quali sarebbero sottoposti gli animali in un laboratorio di ricerca spagnolo.
I mufloni dell’isola del Giglio rischiano di essere abbattuti perché “pericolosi” per la biodiversità del territorio. Ma esistono alternative per salvarli.
Una decisione assurda, almeno per quel che riguarda l’ecosistema. I mufloni dell’isola del Giglio, secondo l’Ente parco dell’arcipelago toscano, vanno abbattuti per evitare che creino danni alla biodiversità locale. I mufloni non sono una specie autoctona di questa zona italiana. Vennero introdotti sull’isola del Giglio a metà degli anni Cinquanta per essere impiegati come passatempo dai cacciatori del posto, ma con il trascorrere del tempo l’interesse venatorio è fortemente diminuito e gli animali hanno continuato a riprodursi. Gli abbattimenti degli ungulati sono iniziati nel 2009, e hanno portato alla morte di 97 esemplari fino a oggi. Ormai nell’arcipelago sembra che siano rimasti soltanto una quarantina di mufloni. Ed è proprio su di loro che si riversa la decisione dell’Ente parco che li vuole abbattere al più presto.
L’origine del muflone in Sardegna e Corsica si fa risalire alla ibridazione di un ovino domestico introdotto dall’uomo in età neolitica. Il muflone è una specie non invasiva che in passato è stata in via di estinzione e in questo momento deve essere protetta, anche e soprattutto in un territorio come l’isola del Giglio, in cui la biodiversità è unica e va attentamente preservata.
L’Ente parco asserisce che il muflone sia una specie “aliena” e “invasiva”, dannosa per i boschi di leccio e le colture del luogo. E pone l’accento sul fatto che questo ungulato sia pericoloso, prendendo come esempio i danni compiuti dagli animali di questo tipo nelle isole Hawaii. Gli animalisti obiettano sostenendo che la giustificazione sia scorretta, dato che le Hawaii sono isole tropicali e vi è presente una flora del tutto diversa da quella esistente nel Mediterraneo, dove invece il muflone è “para autoctono” e quindi, sotto certe condizioni, anche in equilibrio con la flora locale.
“Stop all’abbattimento” hanno denunciato, allora, alcune associazioni animaliste come Vitadacani e Rete dei santuari di animali liberi, rimarcando come alla base del provvedimento non ci siano uno studio scientifico né ricerche adeguate. Non solo. Fino a questo momento sono rimaste inascoltate le petizioni e gli appelli che prevedevano la salvezza dei mufloni superstiti, portandoli via dall’isola e facendoli adottare per il resto della loro vita. E anche per questo motivo sia Enpa sia Lav hanno inviato una lettera al ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, chiedendo un suo intervento tempestivo per fermare il massacro dei mufloni sull’isola, trasferendoli all’interno del Parco delle Apuane. Ma tutto ancora deve avere una risposta concreta da parte delle autorità competenti e il pericolo di un’imminente azione cruenta rimane.
Grazie a un’indagine sotto copertura, l’associazione Cruelty free international ha scoperto le violenze alle quali sarebbero sottoposti gli animali in un laboratorio di ricerca spagnolo.
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