Cooperazione internazionale

Sea Watch, l’odissea dei migranti a bordo della nave è finita

Sbarcati a Malta i migranti rimasti per 19 giorni a bordo della Sea Watch. Saranno accolti da otto nazioni europee. Bruxelles: “Basta improvvisare”.

Aggiornamento 10 gennaio – L’odissea della Sea Watch è finita. Nel pomeriggio di mercoledì 9 gennaio i 32 migranti rimasti per giorni e giorni a bordo della nave, assieme a quelli presenti su un’altra imbarcazione di salvataggio, la Eye Watch, sono stati fatti sbarcare al porto de La Valletta, capitale di Malta. Ciò sulla base di un accordo raggiunto a livello europeo alcune ore prima, secondo il quale una serie di nazioni si è impegnata ad accogliere i naufraghi.

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L’arrivo dei migranti della Sea Watch al porto de La Valletta, a Malta © Matthew Mirabelli/Afp/Getty Images

Come riferito dalla stampa internazionale, tuttavia, la commissione europea ha messo in guardia circa “l’impossibilità di continuare” a gestire la questione sulla base di soluzioni improvvisate, facendo riferimento alle lunghe trattative che hanno preceduto il raggiungimento dell’intesa. Quest’ultima, tra l’altro, ha suscitato aspre polemiche nel governo italiano: il nostro paese fa in fatti parte di quelli che hanno accettato di accogliere sul proprio territorio una parte dei migranti, il che ha comportato il forte malcontento di parte dell’esecutivo. Palazzo Chigi ha fatto sapere, secondo quanto riferito dall’agenzia Ansa, che  “poco più di dieci” dei migranti sbarcati a Malta dopo aver trascorso 19 giorni in mare, saranno affidati alla Chiesa Valdese, “senza oneri per lo Stato”.

Assieme all’Italia, ad aver accettato di dividersi i naufraghi (49 in totale) sono stati Germania, Francia, Portogallo, Irlanda, Romania, Lussemburgo e Paesi Bassi. Stremati, all’annuncio dell’autorizzazione allo sbarco sull’isola di Malta, i migranti sono esplosi in un grido di gioia. Il trasbordo sul suolo europeo è stato effettuato da una motovedetta della marina maltese, quindi è stato raggiunto un centro d’accoglienza con un pullman. Il 6 gennaio anche papa Francesco si era pronunciato sulla vicenda, lanciando un appello per far sbarcare uomini, donne e bambini. 

Aggiornamento 2 gennaio – La nave è arrivata ormai, il 2 gennaio, al dodicesimo giorno in alto mare. L’associazione tedesca che gestisce l’imbarcazione ha pubblicato nella serata di Capodanno un tweet nel quale spiega: “Non è sostenibile e non è umanamente giustificabile. Questo braccio di ferro politico infligge sofferenza a donne, uomini e bambini, scappati dall’inferno libico. Siamo increduli di fronte a governi che rifiutano 32 persone”.


La nave Sea Watch, gestita dall’omonima organizzazione non governativa tedesca, è ormai da sei giorni in mare aperto. L’imbarcazione ha soccorso 32 migranti al largo della Libia e – come già accaduto alla Aquarius, nave gestita fino al 6 dicembre dalle associazioni Medici senza frontiere e da Sos Méditerranée – fatica a trovare un “porto sicuro” nel quale attraccare. Ove “sicuro”, secondo il diritto internazionale, non significa solo quello più vicino ma quello in cui i passeggeri non rischiano, ad esempio, di subire persecuzioni o torture: ragion per cui sono sistematicamente esclusi gli scali portuali della Libia.

A bordo della Sea Watch anche 4 donne e tre bambini

In questo momento la Sea Watch si trova nel tratto di mare compreso tra Lampedusa e Malta. La nazione insulare europea ha però già affermato di non voler aprire i propri porti. E lo stesso ha fatto l’Italia, che già in passato aveva adottato una politica di decisa chiusura nei confronti degli sbarchi di persone salvate in mare.

Aquarius Msf migranti
Due bambini giocano sul ponte della nave Aquarius utilizzata da Msf e da Sos Méditerranée fino al 6 dicembre 2018 per le operazioni di ricerca e salvataggio nel mare ©Gabriel Bouys/Afp/Getty Images

I 22 uomini adulti, le 4 donne, i tre adolescenti e i tre bimbi a bordo della Sea Watch sono dunque costretti, per ora, a rimanere bloccati in mare. Vista l’impossibilità di convincere i governi di Roma e La Valletta, la ong tedesca si è così rivolta direttamente alla Germania. Anche da Berlino, però, per ora non ci sono state risposte. L’appello è così stato esteso a tutta l’Europa.

Va detto tuttavia che numerosi comuni tedeschi, così come alcune organizzazioni religiose, si sono detti pronti ad accogliere le 32 persone a bordo, lanciando un appello al governo federale affinché agisca. Nel frattempo, Sea Watch ha diffuso attraverso Twitter numerose fotografie e un video che documentano la situazione a bordo.

Nel Mediterraneo anche la nave Open Arms, con 300 persone a bordo

“Le donne e gli uomini presenti sulla nave hanno 17 diverse nazionalità (si tratta principalmente di nigeriani, libici e ivoriani, ndr). Ci sono cristiani, musulmani e atei”, hanno spiegato i volontari della Sea Watch. Sul ponte dell’imbarcazione sono state installate delle tende, al fine di proteggere i naufraghi dal freddo dell’inverno. L’attesa, per loro, potrebbe infatti essere particolarmente lunga.

Secondo quanto riferito dal sito InfoMigrants, nel Mediterraneo è presente in questo momento anche la nave Open Arms, della ong spagnola Proactiva, con a bordo 300 persone, salvate da morte sicura sabato 22 dicembre. La Astral, piccola imbarcazione della stessa associazione, è riuscita lunedì a portare viveri e coperte per i naufraghi.

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