Un rapporto delle Nazioni Unite indica che un raid aereo francese nello scorso gennaio avrebbe ucciso 19 civili in un villaggio del Mali.
Un raid aereo effettuato lo scorso 3 gennaio nel Maliha provocato la morte di 19 civili. Persone che erano riunite per un matrimonio e che si sono trovate sotto una pioggia di bombe. A riferirlo sono le Nazioni Unite, dopo un’inchiesta i cui risultati sono stati rivelati martedì 30 marzo dall’agenzia Afp. Destando scalpore, poiché sul banco degli imputati c’è l’esercito della Francia.
I civili uccisi partecipavano ad un matrimonio
La ricostruzione di fatti è la seguente. Quel giorno, una domenica, decine di abitanti si erano riuniti nel villaggio di Bounti, al centro del territorio della nazione africana. Un gruppo di caccia-bombardieri francesi si è alzato in volo e ha colpito l’area. Secondo la diplomazia transalpina, e anche secondo le autorità del Mali, le bombe avrebbero colpito e eliminato alcune decine di combattenti jihadisti. Le testimonianze sul posto e un’associazione locale hanno invece affermato che gli aerei da guerra avrebbero colpito la celebrazione.
🇲🇱🇫🇷 Les enquêteurs de l'ONU affirment que les forces de #Barkhane ont tué au moins 16 civils le 3 janvier 2021, lors d'une frappe aérienne dans le centre du #Mali. L'armée française réfute cette version. 🎧 Précisions Serge Daniel #RFImatin 👇 pic.twitter.com/s1q325FbmR
Per questo l’organizzazione non governativa Human rights watch aveva domandato un’inchiesta “rapida e imparziale” per chiarire i fatti. Essa è stata condotta dalla polizia scientifica delle Nazioni Unite, nell’ambito della missione Minusma (Missione multidimensionale integrata per la stabilizzazione del Mali). Alla quale partecipano numerosi paesi, ma i cui effettivi sono messi a disposizione soprattutto da nazioni africane: Ciad, Togo, Niger, Senegal, Burkina Faso, Benin e Nigeria.
Le operazioni militari delle Nazioni Unite e della Francia nel Mali
La Francia ha concesso soltanto pochissimi soldati, ma è ben presente nel Mali con altre due operazioni non multilaterali: la prima si chiama Serval, e fu lanciata nel gennaio del 2013 dall’allora presidente François Hollande. Essa comprende circa 3.500 soldati, numerosi caccia Rafale e Mirage, droni ed elicotteri Puma. La seconda operazione militare francese è la Barkhane, avviata nel 2014 in sostituzione della Serval. Inizialmente, è dotata di 3mila soldati, 200 veicoli logistici, altrettanti blindati, quattro droni, sei aerei da combattimento, una decina da trasporto e una ventina di elicotteri. All’inizio del 2018 il totale dei soldati cresce però a 4.500 e nel febbraio del 2020 a 5.100 militari.
Ed è proprio alle forze transalpine presenti sul posto che le Nazioni Unite hanno attribuito la strage. La Minusma ha affermato di essere “in grado di confermare la celebrazione di un matrimonio che ha riunito sul luogo del bombardamento un centinaio di civili, tra i quali anche cinque persone armate, presumibilmente menti della Katiba Serma”.
Parigi respinge ogni accusa
Quest’ultima è una cellula jihadista che opera sul posto. Affiliata al Gruppo di sostegno all’islam e ai musulmani (Jnim, in arabo), a sua volta legato ad al-Qaeda. Eppure, il gruppo “era in larghissima maggioranza composto da civili, ovvero da persone protette contro gli attacchi dal diritto umanitario internazionale”, ha precisato la Minusma. Che ha quindi chiesto anche alle autorità francesi e maliane di effettuare “un’inchiesta indipendente, credibile e trasparente”.
Dans son rapport, la Mission des Nations unies au #Mali conclut que l’armée française a bel et bien tué 19 civils lors d’un bombardement. Plutôt que de répondre sur le fond, le ministère des Armées a choisi d’attaquer la méthode d’enquête. https://t.co/vG4KrMd5iR
Da parte sua, il ministero della Difesa di Parigi ha risposto “riaffermando con forza che il 3 gennaio le forze armate francesi hanno effettuato un raid che ha colpito un gruppo armato terrorista”. E ha manifestato “numerose riserve in merito alla metodologia scelta” dagli inquirenti delle Nazioni Unite. Secondo il governo transalpino, dunque, il rapporto “non fornisce alcuna prova che contraddica i fatti come descritti dalle forze armate”.
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