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Il 16 ottobre, presso la Camera dei deputati, ha avuto luogo il lancio italiano della campagna internazionale contro le gabbie promossa da una coalizione europea di ong.
Per quanto possa sembrare dissonante parlare di benessere animale a proposito degli animali negli allevamenti, in fondo sono allevati per un solito scopo: essere uccisi, è possibile quantomeno rendere meno atroce la loro prigionia. Con questo obiettivo lo scorso 25 settembre a Bruxelles la più grande coalizione europea di ong mai riunitasi, ha chiesto al Parlamento europeo di vietare l’uso delle gabbie negli allevamenti attraverso il lancio dell’iniziativa End the cage age (Stop all’era delle gabbie).
Il 16 ottobre la campagna, a cui hanno aderito diciannove associazioni italiane, è stata ufficialmente lanciata anche in Italia attraverso una conferenza stampa presso la Camera dei deputati, che ha visto la partecipazione, tra gli altri, del ministro della Salute Giulia Grillo. “Questo è un tema importante e di salute pubblica – ha affermato il ministro Grillo dopo aver firmato la petizione. – Parliamo di esseri senzienti che provano gioia e dolore, c’è bisogno di maggiore attenzione sia da parte dell’opinione pubblica che della politica”.
Il ministro ha infine promesso impegno da parte del suo ministero “nel vigilare e lavorare sul benessere degli animali, promuovendo politiche che vadano in questa direzione. Mi auguro che questa iniziativa dei cittadini raggiunga l’obiettivo prefissato di un milione di firme”. “È indubbiamente una sfida di grande civiltà – ha commentato l’onorevole Ilaria Fontana – l’obiettivo è migliorare le condizioni in cui sono allevati gli animali e incentivare il passaggio all’utilizzo di sistemi più sostenibili e dignitosi. Possiamo farcela, ce la dobbiamo fare”.
In occasione del lancio della campagna italiana, per mostrare davvero l’orrore degli allevamenti intensivi, è stata inaugurata una mostra, che è rimasta aperta al pubblico fino al 19 ottobre, dedicata al tema dell’utilizzo delle gabbie negli allevamenti. Sebbene il divieto di utilizzare gabbie sia, di fatto, un compromesso, poiché non comporta un’effettiva liberazione animale, può almeno essere considerato un primo passo per ridurre la sofferenza degli animali negli allevamenti.
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