Intanto, la Camera dei Deputati ha dato l’ok all’art. 18 del ddl sicurezza che criminalizza le infiorescenze della canapa.
L’olio d’oliva che elimina i confini tra Israele e Palestina
Olive oil without borders (Oowb), letteralmente olio d’oliva senza frontiere, è un progetto triennale che riunisce 34 comunità agricole in Israele e in Cisgiordania (Palestina) impegnate nella coltivazione di olivi da olio. L’iniziativa è nata da un’idea della Near East foundation (Nef) ed è sostenuta economicamente dalla Usaid, l’agenzia americana contro la povertà estrema. Le olive
Olive oil without borders (Oowb), letteralmente olio d’oliva senza frontiere, è un progetto triennale che riunisce 34 comunità agricole in Israele e in Cisgiordania (Palestina) impegnate nella coltivazione di olivi da olio. L’iniziativa è nata da un’idea della Near East foundation (Nef) ed è sostenuta economicamente dalla Usaid, l’agenzia americana contro la povertà estrema.
Le olive e l’olio sono prodotti molto importanti per la regione, rappresentano un settore vitale per l’economia locale, un po’ come lo sono per il nostro Mezzogiorno, dove interi ettari di terreni sono ricoperti da alberi di olivo. In Palestina circa 100mila famiglie dipendono dalle olive che contribuiscono per il 10 per cento del prodotto interno lordo del territorio. Sfruttare questo settore per costruire un legame economico, dunque, non è stato difficile.
Oowb è già alla seconda “edizione”, dopo un triennio sperimentale (2005-2008) che ha convinto sia Nef che Usaid a continuare a investire nel progetto con un finanziamento da 1,2 milioni di dollari e con circa duemila israeliani e palestinesi che lavorano nel settore olivicolo-oleario coinvolti. Il suo obiettivo è far leva sulla cooperazione economica per promuovere la pace e la riconciliazione tra i popoli, lasciando fuori la politica. “A noi interessano le relazioni economiche, non tocchiamo le questioni più ampie” ha affermato Charlie Benjamin, presidente di Nef.
“Non ci sono confini reali tra Israele e Palestina”, ha detto Muhammad Hamudi, uno dei coltivatori che fanno parte di Oowb e che lavora a Asira al-Shamaliya, vicino a Nablus, in Cisgiordania. “Nef mi ha aiutato a raggiungere un livello di produzione elevato. Non ci sono più anni buoni e anni cattivi; ora ho il controllo del raccolto”.
Ayala Noy è un coltivatore israeliano di 40 anni. La sua azienda agricola si trova a 20 minuti da Nazareth, dalla parte israeliana. “È stata un’esperienza importante. Stare seduto vicino a un palestinese che ti racconta, con le lacrime agli occhi, quando il suo oliveto è stato bruciato la notte precedente dai coloni è stato molto toccante”. Più pragmatico Hamudi che parla del suo incontro con la controparte del progetto come di uno scambio: “Entrambi avevamo da insegnare qualcosa. Loro usano tecniche moderne, noi abbiamo l’esperienza e la conoscenza. I benefici ci sono per entrambe le parti. Non ci sono alternative”.
Non è facile evitare di citare il valore simbolico dell’olivo, spesso sinonimo di pace. Ma in questo caso sembra impossibile farne a meno visto che Oowb ha il merito di sfatare luoghi comuni su entrambi i popoli. Se da un lato ha contribuito a stabilire legami, relazioni interpersonali, persone su cui contare e da chiamare in caso di bisogno o per avere un confronto, dall’altro ha dato alle possibilità a molti di entrare in contatto con professionisti e luoghi di nazionalità diversa, lasciando sensazioni positive e costruendo legami anche di amicizia impossibile da immaginare fino a quel momento.
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