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Da una collaborazione tra Favini e Barilla, nasce un nuovo prodotto a ridotto impatto ambientale. Una carta realizzata con una parte di crusca, materia prima che arriva direttamente dai mulini del colosso della pasta italiano e non più utilizzabile per l’alimentazione umana. Da rifiuto a risorsa.
Accade spesso negli ultimi tempi. Innovare significa anche trovare nuove vie per riutilizzare prodotti una volta considerati di scarto, rifiuti e trasformarli invece in materie prime. È quanto successo grazie ad una collaborazione tra Favini e Barilla, unite in un team di ricerca e sviluppo, che hanno selezionato il residuo più adatto a diventare fibra cartacea. In pratica viene recuperata dai mulini Barilla la frazione di crusca, derivante dalla macinazione del grano, non più utilizzabile per l’alimentazione. Lo “scarto” viene poi purificato e micronizzato e reso compatibile con il tessuto fibroso della carta.
DALLA CRUSCA ALLA CARTA. Nasce così Cartacrusca, una carta a ridotto impatto ambientale con il 17% di crusca al posto di cellulosa derivata dal legno. Dal colore e dalla sensazione tattile esclusiva: “Una carta unica nel suo genere perché come protagonista ha la crusca, uno dei sottoprodotti della macinazione del grano”, ha dichiarato Giacomo Canali, packaging research manager di Barilla. “Abbiamo scelto una via mai percorsa, spinti dalla forte responsabilità sociale e ambientale che ci contraddistingue da sempre. Favini si è rivelato il partner ideale, capace di creare una carta ad hoc, senza sprechi né consumi, direttamente dalla natura”. La cartiera veneta viene infatti dall’esperienza della carta Crush, ovvero una carta realizzata dagli scarti alimentari, come fondi di caffè e bucce della frutta. “Siamo orgogliosi di aver collaborato con il primo gruppo alimentare italiano e di aver dato vita a una nuova carta dal ridottissimo impatto ambientale. La nostra esperienza, già consolidata con Crush nell’utilizzo dello scarto agro-industriale, oggi si amplia grazie a Cartacrusca Barilla”, ha dichiarato Michele Posocco, brand manager di Favini. Dimostrazione che anche dai rifiuti è possibile ricavare prodotti di qualità.
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