
Secondo il primo studio a indagare le cause del crollo della Marmolada, costato la vita 11 persone, l’evento è dovuto in gran parte alle alte temperature.
Nel corso della Cop 23 di Bonn, la ong Germanwatch ha presentato la classifica delle nazioni più colpite dalle conseguenze dei cambiamenti climatici.
Haiti, Zimbabwe, Isole Fiji, Sri Lanka e Vietnam. Sono questi, nell’ordine, i cinque paesi al mondo che hanno patito di più, nel corso del 2016, le conseguenze dei cambiamenti climatici. A stilare la speciale classifica è stata un’organizzazione non governativa, Germanwatch, che ha presentato la propria analisi alla Conferenza mondiale sul Clima (Cop 23) in corso a Bonn.
“Due delle tre nazioni più colpite dalle catastrofi climatiche – ha sottolineato Vera Kuenzel, co-autrice del rapporto, intitolato Indice mondiale dei rischi climatici – sono stati insulari”. Si tratta di Haiti e delle Isole Fiji, che hanno dovuto fronteggiare uragani di potenza estrema. Alle seconde è stata attribuita la presidenza della Cop 23: una scelta altamente simbolica, volta a sottolineare come i cambiamenti climatici siano già oggi una questione di vita o di morte per alcuni paesi del mondo.
Germanwatch ha passato in rassegna tutti gli eventi meteorologici estremi registrati sul globo terrestre: non soltanto cicloni ma anche inondazioni, ondate di siccità o temperature estreme. Ad Haiti a causa dei super-uragani Matthew e Nicole, giunti sull’isola nel mese di settembre dello scorso anno, sono morte 615 persone. I danni materiali, inoltre, ammontano a 4,24 miliardi di dollari. In particolare, il primo uragano (di categoria 4) è stato considerato il più disastroso della storia di Haiti: peggio di lui, in termini di catastrofi naturali, ha fatto solo il terremoto del 2010. Per colpa di Matthew e Nicole, quasi un milione e mezzo di persone si sono trovate senza sufficiente cibo. Al contempo, sull’isola è esplosa un’epidemia di colera.
Al secondo posto figura lo Zimbabwe, per via della siccità estrema che ha caratterizzato un lungo periodo di tempo all’inizio del 2016. La nazione africana ha contato 246 morti attribuibili al fenomeno eccezionale, nonché perdite per 1,55 miliardi di dollari. Alle Isole Fiji, il numero di vittime è stato fortunatamente più contenuto (47 in tutto), ma i danni materiali sono stati paragonabili: 1,38 miliardi. Ciò a causa dell’uragano di categoria 5 “Winston”, che ha distrutto le abitazioni di 34mila persone.
Nello Sri Lanka, quarto nella classifica di Germanwatch, si sono raggiunti i 2 miliardi di dollari di perdite, ai quali si sommano 99 morti. Nel corso del 2016 si sono susseguiti fenomeni di siccità, cicloni, piogge torrenziali e smottamenti eccezionali. Le sole inondazioni hanno costretto mezzo milione di persone a fuggire dalle proprie case. Infine, in Vietnam, è stata registrata la peggiore siccità dell’ultimo secolo, che ha portato il livello del fiume Mekong ai minimi storici. Successivamente, una serie di uragani e tempeste ha provocato gravissime inondazioni e distrutto più di 370mila abitazioni.
Gli Stati Uniti del climatoscettico Donald Trump si sono classificati al decimo posto, con 267 morti e quasi 47,4 milioni di dollari di danni (l’Italia è 92esima). La ong ha concluso ricordando che l’aumento della frequenza e dell’intensità dei fenomeni meteorologici estremi, sostenuto dai cambiamenti climatici, ha provocato a partire dal 1997 la morte in tutto il mondo di oltre 520mila persone. Gli eventi considerati “eccezionali” sono stati più di 11mila.
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