I vincitori e tutto il meglio del festival Cinemambiente 2019

Disastri ecologici, l’impatto dell’uomo sul pianeta, declino sociale, ma anche l’ondata di speranza portata dall’attivismo della nuova generazione verde. Sono alcuni dei temi dei film premiati a Cinemambiente 2019, svoltosi a Torino dal 31 maggio al 5 giugno.

Torino dà l’arrivederci al prossimo anno a Cinemambiente, il festival che dal 1998 dà spazio e visibilità ai migliori film e documentari ambientali e promuove la cultura della sostenibilità. Una missione che oggi, più che mai, si mostra in tutta la sua urgenza e che in questa 22esima edizione ha voluto dare risalto all’impegno dei giovani e alla loro mobilitazione. Con 140 titoli in cartellone e tanti incontri e dibattiti, tutti aperti gratuitamente al pubblico, il festival (31 maggio – 5 giugno) ha raccolto 15 mila presenze, confermando il trend degli ultimi due anni, e ha visto una crescente partecipazione nel programma riservato alle scuole di Cinemambiente Junior, che, alla sua seconda edizione, ha sfiorato le 9 mila presenze. Un ulteriore segnale positivo dell’attenzione rivolta a queste tematiche.

“Il nostro pubblico si conferma, nuovamente, molto sensibile al dibattito internazionale in materia di sostenibilità, di nuovi modelli di sviluppo, del mondo che ci aspetta domani: ovvero proprio i temi cari alla green generation a cui quest’edizione era dedicata”, commenta il fondatore e direttore del Festival Gaetano Capizzi, che da sempre concepisce il festival come “un crocevia dove si incontrano molteplici voci ed esperienze dell’ambientalismo nazionale e internazionale, dove possono comunicare e collaborare mondi in apparenza lontani”.

Anthropocene: The Human Epoch
Anthropocene: The Human Epoch di Jennifer Baichwal, Nicholas de Pencier, Edward Burtynsky ha ricevuto il premio del pubblico © Cinemambiente

Cinemambiente 2019, i vincitori della 22esima edizione

I premi di questa 22esima edizione sono stati consegnati durante la cerimonia conclusiva del 5 giugno, giornata mondiale dell’ambiente, alla presenza del ministro dell’ambiente, Sergio Costa, che ha premiato i giovanissimi vincitori del Concorso nazionale Scuole Cinemambiente Junior, e della sindaca di Torino Chiara Appendino.

A convincere e appassionare gli spettatori del festival è stato il film canadese Anthropocene: The Human Epoch di Jennifer Baichwal, Nicholas de Pencier, Edward Burtynsky, che ha ricevuto il premio del pubblico. Terzo e ultimo capitolo di una trilogia dedicata all’impatto delle attività umane sulla Terra, il film ripercorre la fase più critica dell’attuale processo geologico, mostrando paesaggi ormai irrimediabilmente trasformati dall’azione umana: dalle pareti di cemento in Cina alla barriera corallina australiana. Un viaggio che scava al fondo dell’emergenza climatica e ambientale, mostrando come l’uomo abbia agito “oltrepassando i limiti naturali del pianeta”. A narrarlo è Alicia Vikander, attrice premio Oscar nel 2016 per The Danish Girl.

Nella categoria documentari internazionali la giuria ha voluto premiare lo statunitense The Burning Field di Justin Weinrich, ambientato in un sobborgo ghanese di Accra, la più grande discarica abusiva di rifiuti elettronici sulla Terra. “Un film libero da compiacimenti estetici”, si legge nelle motivazioni del premio, “capace di unire al disastro ecologico quello della normalità quotidiana dell’inferno”. Un inferno filtrato dallo sguardo di quattro giovani ghanesi e fatto di interminabili roghi, dove intere famiglie vivono immerse nei fumi tossici, impegnate a smontare e bruciare cavi, cellulari, televisori e altri rifiuti provenienti dall’Europa e dagli Stati Uniti.

In linea con la spinta innescata dalla green generation è il film Messaggi dalla fine del mondo dello svizzero Matteo Born, che ha ricevuto il premio come miglior documentario one hour (con durata inferiroe ai 60 minuti). “Un avvincente viaggio visivo che incoraggia le giovani generazioni a mobilitarsi e a comunicare il cambiamento climatico nel momento in cui succede”, nelle parole dei giurati, che hanno apprezzato la storia di Doris e Charles Michel, due coniugi di Zurigo, che, profondamente sconvolti dal problema dei cambiamenti climatici, decidono di vendere la propria casa e comprare una barca, con la quale accompagnare cinque giovani svizzeri al Circolo polare artico, per osservare da vicino i segni del riscaldamento globale e diventare così portavoce dell’urgenza del problema tra i loro coetanei.

Messaggi dalla fine del mondo
Il film Messaggi dalla fine del mondo ha ricevuto il premio come miglior documentario one hour © Cinemambiente

Il tema del declino sociale nelle metropoli occidentali e gli effetti della globalizzazione sono al centro de Il sorriso del gatto di Mario Brenta e Karine De Villers, premiato come migliore documentario italiano e definito “Uno sguardo capace d’indagare la complessità del presente e le contraddizioni delle realtà urbane attraverso un utilizzo poetico della cinepresa e del linguaggio cinematografico”.

Tra i cortometraggi internazionali la giuria di Cinemambiente 2019 ha voluto premiare All inclusive della svizzera Corina Schwingruber Ilić, che ci porta a bordo di una gigantesca nave da crociera, mostandoci il “lato b” del business dell’intrattenimento, dove “una macchina del divertimento inarrestabile lascia dietro di sé clienti soddisfatti e mari inquinati”.

corto all inclusive
Il cortometraggio All Inclusive, ambientato a bordo di una nave da crociera, ha vinto nella sezione cortometraggi internazionali © Cinemambiente

Tante anche le menzioni speciali assegnate ai film dalla giuria della 22esima edizione di Cinemambiente. Tra queste anche quella assegnata da Legambiente all’italiano The climate limbo di Francesco Ferri e Paolo Caselli, scelto per la sua capacità di “raccontare l’emergenza contemporanea sul doppio binario dell’analisi scientifica e dell’ecologia umana” e condividendone l’approccio, che sottolinea “l’urgenza di agire contro i cambiamenti climatici, di tradurre in azione l’Accordo di Parigi, di intraprendere un impegno concreto e tempestivo sulle procedure di tutela giuridica dei migranti climatici”.

Dai padri dell’ambientalismo all’attivismo dei millennials

In un festival dedicato alla generazione verde, animato dai più giovani e con tanti film dedicati alle loro lotte e al loro impegno (in particolare The revolution generation e Youth unstoppable), diventa interessante scavare anche nelle origini dell’attivismo. A farlo è stato il documentario italiano Mirabilia Urbis, dedicato alla storia e alle tante battaglie di Antonio Cederna (1921-1996), considerato padre dell’ambientalismo italiano, che dedicò tutta la sua vita a sensibilizzare il paese, per uno sviluppo rispettoso della qualità di vita delle persone e verso la tutela dei vincoli paesaggistici e storico artistici. Suo il merito di una grande battaglia vinta nel ’65, quando riuscì a far tutelare l’Appia Antica, come bene e parco pubblico e quindi a salvarla dalla costruzione edilizia.

A volerlo raccontare è stato Milo Adami, un regista romano, fuggito dalla sua città quattro anni fa, quando “ormai non la riconoscevo più, a causa del suo stato di crescente degrado”. Scoprire la storia di Cederna è stata un’illuminazione per lui, che leggendo i suoi scritti ammette di aver “ritrovato parole contemporanee” e di aver avuto l’impressione di “leggere i propri pensieri”. A colpirlo, in modo particolare, la tenacia con cui l’uomo portò avanti le sue battaglie e con la quale affermava: “Ho scritto sempre lo stesso articolo forse, ma fin quando le cose non cambieranno, lo scriverò e riscriverò ancora”. Una determinazione che il regista identifica come un tratto comune a questa nuova generazione di attivisti, per i quali questo film può diventare un importante stimolo: “Scoprire la vicenda di Antonio Cederna e riconoscendo in lui un “padre” in questa lotta”, commenta Adami, “forse li aiuterà a sentirsi meno soli e più uniti alla storia che li ha preceduti”.

cortometraggio Mirabilia Urbis
Il cortometraggio Mirabilia Urbis racconta la vita e le battaglie di Antonio Cederna, considerato un padre dell’ambientalismo italiano © Cinemambiente

Terremoti e ricostruzioni, storie di resilienza da L’Aquila all’Umbria

Nel decimo anniversario del terremoto che il 6 aprile 2009 devastò L’Aquila e i paesi limitrofi, Cinemambiente ha organizzato, presso il Circolo dei lettori di Torino, l’Ecotalk Terremoti e ricostruzioni, insieme a Circonomia, Festival dell’economia circolare. Un’occasione per presentare due opere recenti dedicate a quell’evento e ricordare l’accaduto attraverso nuove prospettive: il cortometraggio Magnitudo, scritto e diretto dal giornalista Carlo Grande e il libro Nati alle 3e32. L’Aquila: cronache del dopo-terremoto, a cura del Comitato 3e32  (orario della scossa che uccise 309 persone).

Magnitudo L'Aquila corto
Il cortometraggio Magnitudo, scritto e diretto dal giornalista Carlo Grande, ripercorre i momenti del terremoto del 6 aprile 2009 a L’Aquila © Cinemambiente

Magnitudo

“Ho deciso di fare questo film per fare sentire la nostra vicinanza alle popolazioni colpite dal terremoto, perché, anche se spesso ce ne dimentichiamo, io credo che mostrare empatia sia importante per chi soffre”: così il giornalista Carlo Grande racconta il suo cortometraggio Magnitudo, che, mettendo insieme le registrazioni delle richieste di soccorso e le immagini raccolte dallo stesso Grande nella zona rossa de L’Aquila, ripercorre i momenti immediatamente successivi al sisma. A introdurlo a Torino c’era Luca “Vicio” Vicini dei Subsonica, che ha curato il mixaggio del suono e che, insieme alla sua band, ha instaurato un profondo legame con L’Aquila.  “Nel 2012 una tappa del nostro tour ci portò a L’Aquila. Prima del concerto andammo a vedere qual era la situazione insieme a un gruppo di giovani locali. Rimanemmo agghiacciati: erano passati tre anni dal terremoto e nulla di quello che si diceva era stato fatto.”

 Nati alle 3e32 libro
La presentazione del libro Nati alle 3e32. L’Aquila: cronache del dopo-terremoto a Cinemambiente © Alice Zampa

Nati alle 3e32. L’Aquila: cronache del dopo-terremoto

Se il corto Magnitudo dà voce ai momenti più tragici del sisma, il libro Nati alle 3e32. L’Aquila: cronache del dopo-terremoto fa luce sul post terremoto e in particolare sui due anni successivi, mostrando una realtà molto lontana da quella che i mass media e la propaganda politica riportavano in quei momenti. Una realtà fatta di “clima militarizzato nelle tendopoli, che impediva alle donne di cucinare nelle mense e ai giovani di aggregarsi e fare assemblee”. A raccontarlo al festival una piccola rappresentanza dei tanti autori che hanno preso parte al progetto, tra cui Mattia Lolli, aquilano, vissuto nelle tendopoli dopo il terremoto del 2009 e da subito impegnato, attraverso il comitato 3e32, a restare e resistere in città, dando persino vita alla piazza 3e32, all’interno di un parco, diventato dopo il sisma il nuovo punto di aggregazione e cuore pulsante della città.

“Questo è un libro collettivo, scritto da tanti attivisti e attiviste e vuole raccontare la storia di quei movimenti che sono nati a L’Aquila subito dopo il sisma”, ci spiega Lolli, “Di fronte alle grandi narrazioni che hanno sempre caratterizzato la storia della nostra città, parlando di “miracoli” che non sono mai avvenuti, noi vogliamo raccontare anche l’altra faccia. Ovvero quella di tanti cittadini che a questa propaganda non hanno mai creduto e si sono attivati fin dall’inizio, per chiedere il protagonismo della città e delle persone che in quel territorio vivono, nel determinare il processo di ricostruzione. Questo libro racconta tutto questo senza autocelebrazioni, ma con la voglia di condividere e magari imparare anche da quello che è successo”.

Storie di pietre

A raccontare la resilienza delle comunità dopo un terremoto a Cinemambiente 2019 è stato anche il documentario italiano Storie di pietre, questa volta ambientato nei dintorni di Norcia e Preci, colpite dagli eventi sismici dell’ottobre del 2016. “Pur non avendo fatto vittime, per una serie di concomitanze, le scosse hanno distrutto tutto e lacerato il tessuto culturale e sociale”, racconta il regista Alessandro Leone. “Quello che ho capito solo girando il film è che per fare comunità non bastano le casette, ma bisogna ricreare il tessuto sociale, proprio come spiegato anche dai ragazzi del comitato 3e32. Quindi anche la chiesa è importante, così come lo è qualunque centro di aggregazione”.

“Nel film”, spiega Leone, “ho messo in relazione un gruppo di restauratori volontari di Chief onlus, impegnati nel recupero di frammenti di affreschi nella chiesa distrutta di San Salvatore in Campi, e il meticoloso lavoro degli abitanti della vicina comunità di Frascaro, dove ogni giorno le persone cercavano a mani nude, tra le macerie della loro chiesa, i frammenti di una tela e di un crocifisso rimasti sepolti”. Un tentativo di ricostruzione che in questo documentario d’osservazione diventa anche una metafora dello stato spirtituale ed emotivo delle persone. “Quello che mi ha colpito è che non andavano a cercare oggetti personali, ma simboli di appartenenza”, prosegue Leone, che sceglie un approccio antropologico al tema, mostrando il legame che, ovunque e in qualunque epoca, unisce le persone alle proprie radici storiche e culturali.

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