Come il genocidio dei nativi americani ha alterato il clima della Terra

Una ricerca ha rivelato che la violenta colonizzazione europea delle Americhe ha modificato l’ambiente e causato il raffreddamento del clima.

Fino ad oggi si riteneva che il massiccio impatto dell’uomo sul clima e sull’atmosfera terrestre fosse coinciso solo con la rivoluzione industriale. La nostra specie contribuì invece a grandi cambiamenti climatici ben prima, anche se in passato, anziché provocare il riscaldamento globale, causò un raffreddamento. In circa un secolo, tra la fine del 1500 e il 1600, la temperatura media del pianeta subì infatti un brusco calo, culminato in una sorta di piccola era glaciale, proprio a causa dell’impatto antropico. Quella volta però non abbattemmo migliaia di ettari di foreste, né bruciammo tanti combustibili fossili da saturare l’aria, bensì uccidemmo, direttamente o indirettamente, circa 56 milioni di persone.

Statua di Cristoforo Colombo a New York
I ricercatori dell’Ucl hanno scoperto che la colonizzazione europea delle Americhe ha indirettamente contribuito al raffreddamento globale delle temperature causando la morte di circa 56 milioni di persone nel 1600 © Spencer Platt/Getty Images

Una storia di sangue

La colonizzazione europea delle Americhe, avviata con il famoso sbarco di Cristoforo Colombo nel 1492, diede luogo a un enorme genocidio, il più vasto provocato dagli occidentali, che portò allo sterminio dei nativi, dal Nordamerica all’America Centrale, fino al Sudamerica. I coloni uccisero un incredibile numero di persone nei conflitti, ma ne condannarono ancora di più tramite le malattie che importarono, dando origine a terribili epidemie che uccisero circa il 90 per cento delle popolazioni native nel secolo successivo.

L’abbandono delle coltivazioni

Secondo lo studio Earth system impacts of the European arrival and Great Dying in the Americas after 1492, condotto da un gruppo di ricercatori della University College London, questo repentino e vasto spopolamento fece sì che enormi appezzamenti di terreno coltivato rimasero incolti. L’agricoltura era molto radicata in America ben prima dell’arrivo degli europei, in particolare in Messico, America Centrale, Bolivia, Ande e in tutta l’Amazzonia, dove venivano realizzati terrazzamenti e agricoltura irrigua. L’abbandono forzato dei campi coltivati comportò il ritorno spontaneo delle foreste che tornarono ad immagazzinare grandi quantità di CO2.

Tradizionale danza Teotihuacan
I coloni portarono con loro nelle Americhe malattie che sterminarono gran parte delle popolazioni indigene © Susana Gonzalez/Getty Images

La piccola era glaciale

I ricercatori ritengono che la riforestazione che seguì il genocidio dei nativi fu così vigorosa che potrebbe aver comportato un tale assorbimento di CO2 da raffreddare di 0,15 gradi la temperatura media del pianeta tra la fine del 1500 e l’inizio del 1600. Questo abbassamento della temperatura ebbe ripercussioni planetarie ed è noto come la “piccola era glaciale”. In particolare in Europa furono registrati grandi sconvolgimenti, in Portogallo, ad esempio, diventarono frequenti le tempeste di neve e in molto paesi europei il gelo compromise i raccolti provocando gravi carestie.

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Il ritorno dei boschi

Per effettuare lo studio i ricercatori hanno cercato di ricostruire la dimensione della popolazione delle Americhe in epoca pre-colombiana, l’uso pro capite di terra, la perdita di popolazione dal 1492 in avanti e l’entità del conseguente assorbimento di carbonio dopo l’abbandono delle attività rurali. Secondo i calcoli, in seguito all’avvento dei coloni, circa 55 milioni di ettari di terreno coltivato, un’area di dimensioni simili alla Francia, vennero abbandonati e “restituiti” alla natura, riducendo così notevolmente la quantità di anidride carbonica presente nell’aria.

Amazzonia peruviana
Le foreste, oltre ad ospitare una ricca biodiversità e a fornire preziose risorse all’uomo, sono in grado di assorbire grandi quantità di CO2 © Brent Stirton/Getty Images

Il potere della riforestazione

“I risultati dello studio ci mostrano cosa può fare il rimboschimento”, ha affermato il coautore dello studio, Chris Brierley. Con il tasso attuale di emissioni e considerato che nell’aria fluttuano circa 409,44 ppm (parti per milione) di CO2, servirebbe un’opera di riforestazione molto più estesa per contrastare l’aumento delle temperature globali che minaccia la sopravvivenza della nostra specie. Questa ricerca dimostra però, se ve ne fosse ancora necessità, che le foreste sono alleate indispensabili nella lotta ai cambiamenti climatici e che opere di riforestazione e rinaturalizzazione sono necessarie e urgenti.

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