Si chiamava Saly, aveva cinque anni. Nello scatto vincitore del World press photo 2024, il concorso di fotogiornalismo più importante al mondo, non si vede un centimetro del suo corpo senza vita. E non si vede nemmeno il volto della zia, Ines Abu Maamar, che lo stringe forte a sé. Mohammad Salem, fotografo dell’agenzia Reuters,
Brasile, chiesti 5,7 miliardi di euro a Bhp Billiton per il disastro minerario del 2015
Bhp Billiton, la società mineraria anglo-australiana, potrebbe dover pagare un indennizzo record in seguito al crollo di due dighe in cui morirono 19 persone.
Sono trascorsi poco più di tre anni da quel terribile 5 novembre 2015, quando il villaggio di Bento Rodrigues a Mariana, cittadina nella regione brasiliana di Minas Gerais, fu travolto da una muraglia di fango, melma, residui e rifiuti tossici, in seguito al cedimento di due dighe costruite per contenere le acque reflue. In quello che è ritenuto il peggiore disastro ambientale nella storia del Brasile, morirono diciannove persone, centinaia persero le proprie abitazioni e i danni all’ambiente furono incalcolabili, in particolare al Rio Doce, uno dei più grandi corsi d’acqua del Brasile.
Le vittime chiedono giustizia
Per chiedere un giusto risarcimento alla compagnia responsabile, la società mineraria anglo-australiana Bhp Billiton, è stata avviata una class action che vede coinvolte 240mila persone, 24 governi municipali, 11mila imprese, un’arcidiocesi cattolica e circa 200 membri della comunità indigena di Krenak.
After worst #environmental blow in #Brazil‘s history, #DoceRiver still crying for a clean-up https://t.co/AGovfdhdC1 pic.twitter.com/LWn9PY7j62
— DW Global Ideas (@dw_globalideas) 6 luglio 2016
La lentezza dei tribunali brasiliani
La società mineraria è stata citata in giudizio per circa cinque miliardi di sterline (pari a circa 5,7 miliardi di euro) presso la corte suprema di Liverpool, cifra simile a quella chiesta dal governo brasiliano alla Samarco, una delle altre società della joint venture. In Brasile è in corso il processo civile, ma, a causa della lentezza dei tribunali brasiliani per emettere un giudizio, i querelanti ritengono di avere maggiori possibilità di ottenere un indennizzo equo e rapido in Gran Bretagna. Se il caso venisse dibattuto in un tribunale britannico potrebbe infine avere un maggiore risalto internazionale, mettendo maggiore pressione alle società responsabili del disastro.
Nessun risarcimento finora
La maggior parte dei querelanti ha subito perdite catastrofiche, oltre ad aver perso beni e abitazioni, sono infatti stati compromessi l’approvvigionamento idrico e le pesca, a causa dei fanghi tossici che hanno avvelenato i corsi d’acqua. Secondo quanto riferito da Tom Goodhead, rappresentante dello studio legale anglo-americano Spg (specializzato in cause contro grandi imprese e istituzioni) che si occupa della causa, molte persone non hanno ricevuto quasi nessun risarcimento dopo tre anni.
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