Pride

I moti di Stonewall, la rivolta Lgbtq a New York del 1969 che diede vita a un movimento

Quest’anno si celebrano i 50 anni dei moti di Stonewall per la rivendicazione dei diritti omosessuali. Tutto cominciò con gli scontri nell’omonimo bar di New York nel 1969. Il racconto di quei giorni di lotta che segnarono la storia.

Era la notte del 27 giugno 1969 quando i poliziotti newyorkesi fecero irruzione nello Stonewall inn, un locale del Greenwich Village noto per essere uno dei punti di ritrovo della comunità omosessuale della città di New York. Un controllo come tanti a quei tempi, che vide però la prima vera reazione degli uomini e delle donne presenti, e non solo. Una data simbolo, un evento storico per quella che oggi è chiamata comunità Lgbtq e che, proprio a partire da quel giorno, rivendicò i propri diritti e il proprio orgoglio e non solo il desiderio di essere accettata. Per questo, 50 anni dopo, il 2019 è per la metropoli statunitense l’anno dell’orgoglio, “year of pride”, ed è qui che si svolge il World pride – per la prima volta in assoluto nel paese – dal 25 al 30 giugno, con quattro milioni di visitatori stimati per l’evento.

Lo Stonewall inn nel 1969

È aperto ancora oggi ma ha in parte cambiato faccia: all’esterno, un mucchio di bandierine arcobaleno e gli immancabili turisti con la macchina fotografica, sanciscono ancor di più ciò che è diventato, il simbolo della comunità newyorkese Lgbtq, acronimo inglese che sta per “lesbian, gay, bisexual, transgender, queer or questioning” – lesbiche, gay, bisessuali, transgender e queer o questioning (i primi non si riconoscono nel binarismo eterosessuale, gli altri sono coloro che non hanno un sesso definito, che ancora si domandano quale sia). Lo Stonewall inn nel 1969 invece faceva di tutto per passare inosservato, specie alle forze dell’ordine. La sua storia dice molto di quale fosse negli anni Sessanta l’atmosfera e il trattamento riservato a questa comunità nella Grande mela.

LGBTIQ pride
La marcia del Fronte di liberazione gay a Times Square, New York, nel 1970 ©Diana Davies/New York Public Library, Manuscripts and Archives Division

Il locale, prima un nightclub per eterosessuali, nel 1969 era in mano alla famiglia mafiosa dei Genovese che, fiutando un affare redditizio, lo trasformò in un bar per omosessuali, pagando tangenti alla polizia per poterlo mantenere aperto. Tutti comunque sapevano che a New York lo Stonewall era l’unico locale in cui le persone gay potevano ballare, o meglio, farlo in coppia. Nei locali “canonici” infatti chi veniva sorpreso a danzare con un partner dello stesso sesso veniva arrestato. Parliamo quindi di un anno in cui la società statunitense era ancora apertamente discriminatoria contro i “diversi”.

Un esempio di questa mentalità è ben rappresentato dal Manuale diagnostico e statistico dell’Associazione americana di psichiatria, pubblicato proprio nel 1969, in cui l’omosessualità veniva definita una malattia mentale. Quello era un anno di proteste, ma mentre la questione dei diritti civili – per gli afro-americani, per le donne, per i poveri e per le minoranze in genere – raggiungeva la massima importanza negli Stati Uniti e in molte altre parti del mondo, non esisteva ancora a fine anni Sessanta un vero movimento organizzato per farsi portavoce dei diritti omosessuali. Crebbe e si sviluppò proprio dopo quella notte, quella retata, quella rivolta.

Stonewall inn New York
Lo Stonewall inn oggi: nel 2019 si celebrano i 50 anni dei moti che ebbero luogo lì © Simona Denise Deiana

27 giugno 1969, cosa accadde durante i moti di Stonewall

Si fa partire tutto da qui, dallo Stonewall inn, ma in realtà, come ben testimonia la mostra Love & resistance (amore e resistenza) ora in programma alla New York public library, la biblioteca pubblica della città, la comunità Lgbtq degli Stati Uniti si era già mossa anche se non con la medesima consapevolezza. A Philadelphia nel 1965, a San Francisco nel 1966 e a Los Angeles nel 1967 gay e lesbiche protestarono senza però aver compreso loro stessi cosa volessero ottenere. I moti allo Stonewall inn, al 53 di Christopher Street, tra la West 4th Street e Waverly Place, segnarono uno spartiacque per questo motivo: per la prima volta venne utilizzato il termine gay nelle rivendicazioni delle persone omosessuali che non chiedevano più solo di “essere lasciati in pace”, ma rivendicavano parità di diritti.

Ma cosa accadde esattamente quella notte? Cosa fece innescare la miccia? In realtà non è del tutto chiaro. In molti raccontano che dopo un “rastrellamento” – non è esagerato definirlo tale – da parte della polizia, gay, lesbiche, transessuali e travestiti vennero fermati perché non avevano indosso gli indispensabili tre indumenti del proprio sesso necessari per non essere perseguiti. Non era ammissibile, a quei giorni, vedere uomini “travestiti” da donne e viceversa. Pare poi che una donna ammanettata urlò agli altri, “perché non fate niente?”, gesto che scatenò cariche, il lancio di oggetti e la vera e propria rivolta, una guerrilla.

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È a questo punto che sembra sia entrata in scena Sylvia Rivera, una donna transgender che avrebbe urlato “it’s a revolution (è una rivoluzione) lanciando una bottiglia contro un poliziotto, diventando simbolo dei moti e dei duri e violenti scontri che proseguirono per giorni coinvolgendo ben più persone di quelle all’interno dello Stonewall inn. È bene dire che qualcuno giura che Rivera quel giorno non fosse nemmeno allo Stonewall, ma forse poco importa, resta una figura iconica del movimento. Nel 2005 infatti, durante il Transgender day of remembrance, giornata internazionale per ricordare le vittime di transfobia che si tiene in 20 novembre, New York le ha dedicato una strada.

Ciò che è certo è che gli scontri dimostrarono per la prima volta che la comunità omosessuale era diventata un vero movimento, deciso a combattere e a rifiutare il ruolo canonico di vittime. Nonostante la Mattachine society di New York – la prima organizzazione per i diritti degli omosessuali negli Stati Uniti – esistesse già dal 1950, questa fu per molto tempo una società segreta, nulla a che vedere con ciò che crebbe dopo Stonewall, quando videro la luce altri gruppi e organizzazioni come la Gay activists alliance (alleanza di attivisti gay) dapprima a New York, quindi nel resto del paese.

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Una manifestazione Lgbtq a New York che si è tenuta nel 2017 nei pressi dello Stonewall inn contro l’amministrazione Trump, le cui politiche mirano a limitare alcuni dei diritti e delle libertà di questa comunità © Yana Paskova/Getty Images

Uno snodo epocale, una notte da ricordare in un luogo che ora è chiaramente simbolico tanto che nel 2016, ancora sotto il presidente Barack Obama, lo Stonewall inn (e il quartiere circostante) venne ufficialmente proclamato monumento nazionale, il primo negli Usa che riguarda la storia della comunità gay.

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Il World pride a New York, a 50 anni da Stonewall

Il World pride organizzato quest’anno a New York è la giusta celebrazione per un anniversario importante non solo per la comunità Lgbtq ma per tutti coloro che ritengono che pari diritti siano alla base di una vera uguaglianza tra tutti i cittadini. In tutto il mondo. Non solo la consueta settimana di eventi come accade di solito, ma un susseguirsi di occasioni di incontro, spettacolo e confronto durante tutto giugno, da sempre il mese del pride. Il programma è vasto – si parla di 50 appuntamenti in tutta la città –, tutti sono invitati e coinvolti, famiglie e bambini compresi, ma le tappe fondamentali da non perdere – concentrate per tradizione in pochi giorni – sono la cerimonia ufficiale di apertura del 26 giugno e la parata del 30 giugno quando terminerà la manifestazione con la festa di chiusura. Sul sito ufficiale del pride è reperibile ogni tipo di informazione: dall’elenco degli eventi, a dove dormire, perché New York si prepara ad accogliere l’arrivo di più di 4 milioni di persone per la concomitanza dell’anniversario di Stonewall.

Una celebrazione lgbtqia+, cosa significa

Nella comunicazione ufficiale del pride si parla di comunità Lgbtqia+, ma cosa significa ogni lettera di questa complicata sigla? Oltre a lesbiche, gay, bisessuali e transgender sono compresi queer o questioning, intersessuali e asessuali. La + finale invece apre altre possibilità, come i pansessuali o altro. Qualunque sia la sigla utilizzata per definire queste persone e le loro inclinazioni sessuali, è del loro diritto alla libertà di esprimerle che si parla. Ancora oggi.

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