Quasi il 90% degli oceani è danneggiato dalle attività umane, secondo la Wildlife conservation society

Nonostante l’oceano sia così vasto, siamo riusciti a danneggiarlo quasi interamente. È la triste scoperta di un team di ricercatori che, però, non perde le speranze.

Nemmeno loro se lo sarebbero aspettato. Sapevano che la situazione era grave, ma un risultato simile mai l’avrebbero immaginato. Un team di ricercatori coordinato da Kendall Jones della Wildlife conservation society ha scoperto che solamente il 13,2 per cento degli oceani è incontaminato. In altre parole, l’86,8 per cento delle acque è danneggiato dalle attività umane.

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Quali sono le aree marine incontaminate

Per arrivare a questa conclusione, gli scienziati hanno individuato 19 elementi che interferiscono con la biodiversità marina, dalla pesca al commercio marittimo, dall’inquinamento all’acidificazione, fino alla presenza di specie invasive. Se l’impatto di questi fattori è minore del dieci per cento, l’area può dirsi incontaminata. Non è un caso se le poche zone immuni allo sfruttamento sono le più lontane dagli insediamenti umani: i poli, le distese oceaniche dell’emisfero sud, le isole più remote del Pacifico, alcuni tratti di mare al largo di Cile, Australia e Nuova Zelanda.

Qual è l’obiettivo dei ricercatori della Wildlife conservation society

“L’oceano è immenso, ricopre oltre il 70 per cento del nostro pianeta, ma siamo riusciti a danneggiare quasi totalmente un ecosistema tanto vasto”, ha dichiarato il professor Jones. L’obiettivo dei ricercatori è spingere verso la firma di un trattato multilaterale per la conservazione degli oceani. Al momento, solo il 4,9 per cento delle aree marine incontaminate è protetto.

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E con i cambiamenti climatici la vulnerabilità dei territori aumenterà esponenzialmente, specialmente dove il ghiaccio ha finora impedito l’accesso agli esseri umani e l’abuso delle risorse. Un trattato firmato dall’Unione europea, dagli Stati Uniti e da altre sette nazioni a novembre del 2017 ha vietato la pesca commerciale nel mar Glaciale artico proprio per evitare lo sfruttamento indiscriminato di un luogo che rischia di diventare sempre più accessibile a causa dello scioglimento dei ghiacci.

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L’accordo raggiunto da Unione europea, Stati Uniti e altre sette nazioni proteggerà l’Artico per almeno 16 anni © Bryan Goff/Unsplash

“Una volta conquistato il mondo, dove andiamo?”

“La conservazione delle aree vergini è molto importante per la Terra, mantengono intatti i processi ecologici che regolano il clima e il funzionamento del nostro pianeta. Le conseguenze della loro assenza saranno drastiche e imprevedibili”, ammonisce Jones. D’altra parte, studiare in modo più approfondito ciò che è sopravvissuto può fornirci degli strumenti utili a ripristinare gli ecosistemi degradati.

Dobbiamo fermarci un attimo e chiederci: “Una volta conquistato il mondo, dove andiamo?” È la domanda che si pone il giornalista britannico Nick Hunt in un articolo sulla trasformazione del monte Everest in una discarica. Dalle vette alle profondità, per proteggere il patrimonio naturalistico basterebbe trattarlo con il rispetto e la gratitudine che merita. “La nostra civiltà ha scalato le montagne, forse è arrivato il momento di fermarsi e ringraziare prima di cominciare la discesa”, conclude Hunt con una metafora. Invece di ritenerci superiori alle altre specie, proviamo a conviverci in armonia.

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