In val di Funes il turismo lento ai piedi delle Dolomiti

Comunità autosufficienti, benessere e tanta natura. E una valle alpina alimentata da fonti rinnovabili dove la democrazia energetica è già realtà. È la val di Funes che ha reinventato il turismo sostenibile.

Qui in val di Funes il turismo di massa non è ancora arrivato. Quello che ha obbligato le amministrazioni comunali a chiudere i passi dolomitici, per intendersi. Questa valle, che si apre ai piedi del gruppo Puez Odle, vette patrimonio mondiale dell’Unesco, ospita una piccola comunità di poco più di duemila abitanti, profondamente radicata nel territorio. E che con esso spartisce le risorse, in equilibrio. Qui aria, acqua e terra sono ancora incontaminate, rispettate dai suoi abitanti, consci che la valle può fornire tutto ciò di cui hanno bisogno.

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Una vista del gruppo Puez Odle, in Val di Funes © Alex Filz/Alto Adige Marketing

Come accade per l’energia elettrica, che in val di Funes è prodotta esclusivamente da risorse rinnovabili: acqua, legno e sole forniscono l’energia di cui la comunità ha bisogno. L’azienda energetica di Funes, una cooperativa composta da oltre 500 soci, produce elettricità da tre impianti idroelettrici e un impianto fotovoltaico che, insieme ai due impianti di teleriscaldamento, garantiscono l’approvvigionamento dell’intera valle.

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Usiamo quasi la metà dell’energia che produciamo, il resto la vendiamo a prezzi di mercato”, spiega Josef Fischnaller, direttore dell’azienda energetica, guida alpina e compagno di Reinhold Messner in alcune delle sue spedizioni. Qui ormai i combustibili fossili sono un lontano ricordo: perfino le malghe hanno abbandonato il gasolio e sono alimentate da rinnovabili, e la fibra ottica arriva praticamente ovunque.

La bicicletta regna in tutto l'Alto Adige, il mezzo migliore per visitare questi luoghi © Alex Filz/Alto Adige
La bicicletta regna in tutto l’Alto Adige, il mezzo migliore per visitare questi luoghi © Alex Filz/Alto Adige

Turismo slow in val di Funes

Tra i boschi di larice e pino cembro e i pascoli montani, il tempo rallenta. Soprattutto per chi sceglie di passare in questa valle alcuni giorni di vacanza e godere di panorami conosciuti e apprezzati in tutto il mondo. La val di Funes fa parte infatti della rete Alpine Pearls, iniziativa che propone interi pacchetti e servizi dedicati al turismo sostenibile, primo tra tutti la mobilità. In tutta la valle è attivo un efficiente servizio di trasporto pubblico: ogni trenta minuti passa un autobus che porta da un punto all’altro della valle e con il quale si possono raggiungere cime e malghe, per trascorrere la giornata in quota.

Il tutto incluso nel prezzo del soggiorno. Con la Dolomiti Mobil Card infatti è possibile utilizzare tutti i mezzi pubblici della valle, gli impianti di risalita, entrare nei musei e partecipare alle innumerevoli attività sportive proposte. Insomma, una volta arrivati si lascia l’auto nel parcheggio e la si dimentica per tutto il soggiorno.

Il ritorno della pecora dagli occhiali

È una storia che ben descrive lo stile di vita di questa valle, legato al territorio e alle sue tradizioni. Quella della pecora dagli occhiali (la villnösser brillenshaf) è la storia di una razza autoctona che fino a pochi anni fa era vicina all’estinzione. Solo pochi pastori la allevavano, a causa della mancanza di mercato per la lana, pregiatissima, e per la carne. Ma grazie ad un progetto avviato dallo chef Oskar Messner, oggi gli allevatori sono almeno una cinquatina e i capi sono saliti ad oltre 600. Non di rado li si possono osservare pascolare nei prati montani. Con l’azienda Furchetta ha dato vita ad un’intera filiera, dove la lana e la carne d’agnello sono i prodotti di punta: la pecora dagli occhiali è oggi presidio Slow Food. Al ristorante Pitzock giungono da tutto il mondo per gustare i piatti preparati impiegando rigorosamente materie prime locali.

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A Racines, tra larici e pino cembro

Salendo verso Vipiteno si raggiunge la val Giovo, dove sorge l’hotel Rainer, di proprietà della famiglia omonima. La particolarità? Questa struttura è stata completamente ristrutturata secondo i dettami della bioedilizia, usando materiali locali e pensando al benessere dei visitatori. Il legno impiegato per gli interni delle camere è di larice e pino cembro, proveniente dalle vicine foreste e lavorato dallo stesso proprietario, il giovane Hannes Rainer, anche lui chef. Il legno del pino cembro o cirmolo è molto conosciuto in tutte le Alpi per il suo intenso profumo, e viene utilizzato spesso per confezionare letti o cuscini: pare infatti abbia capacità rilassante e sia in grado di migliorare la circolazione sanguigna, oltre che favorire un sonno riposante.

Ma Rainer ha fatto di più. Circa dieci anni fa ha deciso di abbandonare le fonti fossili e puntare tutto sulle rinnovabili. Oggi la struttura è alimentata da biomassa e da biocarburanti sostenibili provenienti dai paesi europei. Il riscaldamento viene prodotto da un impianto a biomassa che utilizza esclusivamente il legno locale, e capace di riscaldare non solo l’hotel, ma la scuola e alcune strutture vicine. Lo stesso accade con la centrale termoelettrica certificata dal Gse (Gestore dei servizi elettrici), che produce elettricità e calore soddisfacendo la domanda di circa 900 persone, ovvero dell’intera comunità. Anche in questo caso l’intera comunità ha lavorato di concerto e deciso di sfruttare acqua, legno e sole per uscire dalle fossili.

Una valle che ancora resiste al turismo mordi e fuggi e a quello dedicato al lusso ostentato, al “tutto incluso”, ai “last minute”. Chi decide di passare da questi pendii, lo fa perché la natura, il silenzio e la qualità di vita regnano. Lo si percepisce nelle parole dei suoi abitanti, nella loro cordialità, nei sapori e nei paesaggi che abbracciano questa parte d’Italia, rimasta quasi inalterata.

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