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Un team di scienziati coreani ha inventato una rete biodegradabile che potrebbe risolvere il problema dell’attrezzatura da pesca smarrita che persiste negli oceani per decine di anni, noto come pesca fantasma.
Le reti da pesca e le lenze che vengono perse o abbandonate in mare continuano ad essere attive anche molto tempo dopo che se ne perde traccia. La conseguenza più disastrosa per l’ambiente marino è la cosiddetta pesca fantasma (dall’inglese ghost fishing): le reti da pesca abbandonate continuano a catturare pesci e altri animali marini per decine di anni, incustodite.
Il ghost fishing può avere consistenti ripercussioni commerciali sugli stock ittici, provocando sprechi ingenti (fino al 30 per cento del pesce che viene sbarcato a terra) che possono compromettere la sopravvivenza sia dell’industria della pesca che delle popolazioni ittiche. Anche la megafauna acquatica (per esempio tartarughe, uccelli e altri animali marini) può rimanere intrappolata nelle attrezzature da pesca abbandonate e morire. Come se non bastasse, le reti che vengono gettate in mare contribuiscono ad aumentare l’inquinamento e l’accumulo di rifiuti negli oceani, accrescendo i già alti livelli di microplastica e rilasciando composti tossici (come il piombo) che si accumulano nella rete alimentare. Le attrezzature che rimangono a galla costituiscono un mezzo attraverso cui le specie invasive possono viaggiare per lunghe distanze e occupare nuovi habitat. E, una volta affondate, possono intaccare l’ecosistema dei fondali.
Il problema delle attrezzature abbandonate e della pesca fantasma si è aggravato con i progressi della tecnologia, che hanno portato all’uso di materiali sintetici più galleggianti e duraturi. Possono passare decine di anni prima che questi materiali si degradino e il loro impatto sugli oceani è quindi a lungo termine e su larga scala. Il problema si fa più grave quando si parla di tramagli. I tramagli, come altre attrezzature passive che catturano gli organismi che nuotano dentro di esse, sono generalmente fatti di nylon e per questo continuano a intrappolare pesci per molti anni. Quando possibile, rimuovere queste reti fantasma può risultare molto costoso.
In uno studio recente pubblicato sulla rivista scientifica Animal conservation, i ricercatori dell’Istituto nazionale coreano di scienza della pesca (National institute of fisheries science), in collaborazione con la Fao, hanno presentato un materiale biodegradabile alternativo per i tramagli. Questo nuovo polimero viene degradato dai microbi presenti nell’acqua di mare nel giro di due anni, il che riduce sostanzialmente la durata potenziale del ghost fishing. E inoltre, le reti rimangono vantaggiose da un punto di vista economico, visto che il materiale usato assicura una percentuale di cattura simile a quella delle reti di nylon tradizionali.
Gli esperti avvertono che questa invenzione non risolverà tutti i problemi relativi al ghost fishing. Le reti biodegradabili possono rompersi e perdersi più facilmente delle reti convenzionali. Costano anche di più e quindi i pescatori potrebbero essere meno propensi ad utilizzarle. In generale, al di là di rimedi per gli attrezzi da pesca che vengono persi, dovrebbero innanzitutto essere adottate misure preventive, più economiche, per ridurre la quantità delle reti che finiscono in mare. Tuttavia, se integrati in un quadro di gestione più ampio che includa strategie per marcare le reti perse, limitarne la perdita e migliorarne il recupero, questi nuovi materiali biodegradabili potrebbero svolgere un ruolo importante nel ridurre la durata dell’impatto degli attrezzi da pesca abbandonati, diminuendo così il loro costo socio-economico e per la conservazione dell’ambiente marino.
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