Si chiamava Saly, aveva cinque anni. Nello scatto vincitore del World press photo 2024, il concorso di fotogiornalismo più importante al mondo, non si vede un centimetro del suo corpo senza vita. E non si vede nemmeno il volto della zia, Ines Abu Maamar, che lo stringe forte a sé. Mohammad Salem, fotografo dell’agenzia Reuters,
Peter Blake
Gli onori, la fama e la morte del navigatore neozelandese sono sempre stati legati al mare: ritratto di un ambientalista prestato alla vela.
All’indomani della vittoria di Black Magic nell’edizione della
Coppa America 2000 sir Peter Blake, timido re degli oceani, tra i
più grandi velisti di tutti i tempi, ha annunciato il ritiro
dalle grandi competizioni sportive per raccogliere l’ennesima
sfida, questa volta la più importante e ambiziosa della sua
vita: dedicarsi alla salvaguardia dell’ambiente, condurre battaglie
contro chi inquina gli oceani e chi saccheggia e non rispetta il
mare.
Muovere la coscienza collettiva sulla natura in pericolo. Da sempre
convinto sostenitore del movimento ecologista – il suo slogan era
“senza acqua non c’è vita” – ha partecipato alla sua prima
spedizione nel 1998, salendo al timone della Cousteau, la
società che il celebre comandante francese aveva creato
prima di morire.
Una prova difficile che Blake aveva portato a termine con successo
e passione. Dopo i festeggiamenti della Coppa America 2000 Blake
è salpato per la missione ecologico-scientifica battezzata
Blakexpedition, per proseguire il lavoro già avviato da
Cousteau, il Grande Vecchio dell’ecologia.
Per cinque anni, a bordo della Seamaster, uno shooner in acciaio di
36 metri dotato di sofisticati sistemi di comunicazione
satellitare, rompighiaccio, derive mobili e timoni retrattili,
Blake e il suo equipaggio avrebbero dovuto monitorare lo stato di
salute degli oceani e dei maggiori corsi fluviali del pianeta,
registrare le situazioni di degrado e poi sviluppare interventi
mirati.
E dall’Antartide, spingendosi più a sud di qualunque altra
barca sia mai riuscita a fare, aveva inviato i primi dati per a
confortanti sullo stato di salute del continente bianco. Quindi la
Blakexspedition avrebbe dovuto toccare alcuni punti caldi del
pianeta a rischio ambientale.
E’ stato mentre risaliva il rio delle Amazzoni, che insieme
all’Antartide Blake considerava uno dei termometri più
importanti per capire quello che sta accadendo nel nostro pianeta,
che il navigatore-scienziato ha trovato la morte, a soli 53 anni,
assassinato da una banda di pirati mentre era a bordo del Seamaster
nel porto di Macapà, nello stato di Amapa.
Blake amava ripetere “Quando ho iniziato a navigare ogni giorno
vedevo albatros giganti e stormi di uccelli marini , oggi è
una fortuna se si riesce ad avvistarne uno in una settimana.
Perché tutto questo ? “. Una domanda che nasconde il dolore
profondo di uomo che ha sempre vissuto in piena libertà
sulla cresta delle onde.
Maurizio Torretti
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