Un quinto delle piantagioni di palme da olio in Indonesia è illegale, sostiene Greenpeace

Greenpeace svela dati allarmanti sulle piantagioni di palme da olio che hanno rimpiazzato le foreste indonesiane. Intanto il governo lascia l’accordo contro la deforestazione.

La minaccia numero uno per la sopravvivenza delle foreste tropicali dell’Indonesia si chiama olio di palma. Ogni singolo ettaro convertito in coltivazione potrà anche riempire nell’immediato le tasche di pochi ma, per contro, impoverisce l’umanità per sempre. Perché le foreste sono l’habitat di una ricchissima varietà di specie animali e vegetali e la casa di circa 2mila tribù indigene, oltre a sequestrare CO2 dall’atmosfera. Nonostante questo sia un fatto ormai assodato, e nonostante la moratoria sulle nuove piantagioni imposta dal governo negli ultimi anni, il 19 per cento delle piantagioni indonesiane di palme da olio è all’interno della foresta. Cioè illegale.

Deforestazione in Indonesia
Lo scheletro dell’ultimo albero rimasto di una foresta convertita a piantagione © Daniel Beltrá / Greenpeace

Piantagioni di palme da olio in Indonesia, i numeri

I numeri arrivano da nuovo report pubblicato dall’organizzazione ambientalista Greenpeace insieme alla società di consulenza TheTreeMap. Alla fine del 2019 c’erano 3,12 milioni di ettari di palme da olio piantate all’interno delle foreste indonesiane. La metà di questa superficie è coperta da piantagioni industriali: almeno 600 le aziende che posseggono più di dieci ettari ciascuna. L’altra metà è gestita da agricoltori su piccola scala.

Considerato che nel territorio indonesiano ci sono 16,38 milioni di ettari piantumati a palme da olio, ciò significa che il 19 per cento è all’interno della foresta. Circa un quinto. Le palme occupano più di 183mila ettari che precedentemente erano mappati come habitat degli oranghi, 148mila ettari che erano habitat delle tigri. Occupano parchi nazionali, santuari di animali selvatici, addirittura siti Unesco.

Orango in Indonesia
Un orango si abbevera in una zona distrutta dagli incendi © Jurnasyanto Sukarno / Greenpeace

Le durissime parole di Greenpeace

Lo studio solleva seri dubbi anche sulla Tavola rotonda per l’olio di palma sostenibile (Rspo), perché circa cento società che ne fanno parte operano all’interno delle foreste; alcune detengono fino a 10mila di piantagioni illegali ciascuna. Va ancora peggio per l’analogo sistema di certificazione lanciato dal governo indonesiano, denominato Olio di palma indonesiano sostenibile (Ispo): un quarto dei suoi membri possiede piantagioni nelle foreste, per un totale di 252mila ettari, quattro volte la superficie della capitale Giacarta.

Durissimo il commento di Kiki Taufik, a capo della campagna globale di Greenpeace sulle foreste in Indonesia: “C’è un’indicazione chiara del fatto che il governo indonesiano non abbia la volontà di mettere in atto leggi che fermino la deforestazione sui terreni pubblici, né di tenere fede ai suoi impegni per il clima”.

L’atteggiamento contraddittorio del governo indonesiano

E dire che rispetto al 2016, quando i roghi appiccati per distruggere le foreste avevano raggiunto dimensioni inaudite, l’Indonesia ha compiuto grandi passi avanti contro la deforestazione grazie a due moratorie, rispettivamente sulle licenze per le nuove piantagioni di palma da olio e sulla conversione di foreste primarie e terreni torbosi. La prima, però, è scaduta e non è stata rinnovata. Dalla Cop26 di Glasgow è arrivato un altro segnale preoccupante: il governo di Giacarta dapprima ha sottoscritto l’impegno a fermare la deforestazione entro il 2030, per poi tirarsi indietro nell’arco di pochi giorni. Un atteggiamento contraddittorio che non è passato inosservato.

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Deforestazione in Indonesia. Come prima domanda sarebbe utile avere qualche dato sulla deforestazione nel suo paese. La moratoria messa in atto dal governo di Giacarta nel 2011 che effetti ha avuto e sta avendo? Penso che la moratoria non abbia avuto effetti significativi da quando è stata annunciata dal governo nel 2011. Il tasso di