
In occasione della Giornata mondiale delle api il Wwf pubblica un rapporto che lancia l’allarme sulla situazione degli insetti impollinatori nel mondo.
Segno più per quanto riguarda la raccolta e il riciclo degli imballaggi. Un passo deciso verso l’economia circolare, anche se rimangono ancora troppo elevati i rifiuti mandati all’estero.
Una crescita del 2 per cento rispetto al 2013, che ha fatto registrare un 66 per cento di imballaggi inviati a riciclo nel 2014. Un segno più quindi quello che esce dal rapporto annuale “L’Italia del Riciclo”, realizzato da Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile e Fise Unire (l’associazione di Confindustria che rappresenta le aziende del recupero rifiuti).
Segno più quindi per il settore del riciclo degli imballaggi, con 7.808 milioni di tonnellate riciclate contro le 7.642 del 2013 e le 7.562 del 2012. Aumento registrato in tutte le filiere, con vere proprie eccellenze per quanto riguarda la carta (80 per cento), l’acciaio (74 per cento), l’alluminio (74 per cento) e il vetro (70 per cento). Bene anche il legno (+10 per cento), la frazione organica (+9,5 per cento), i Raee (rifiuti elettrici ed elettronici, + 3 per cento) e gli pneumatici fuori uso (pfu, +12 per cento).
“Per raggiungere gli ambiziosi obiettivi sui cambiamenti climatici appena concordati a Parigi, il riciclo di materia può svolgere una funzione fondamentale dovuta al risparmio di energia nella produzione di materie prime e quindi alle emissioni di CO2 evitate”, ha dichiarato Anselmo Calò, presidente di Unire. “Per far questo è necessario scoraggiare lo smaltimento in discarica e migliorare la qualità dei materiali raccolti, nonché razionalizzare e semplificare il contesto normativo. Anche in considerazione della discussione sul nuovo pacchetto sull’economia circolare, è necessario superare i punti non chiari e conflittuali fra le diverse legislazioni, in modo da agevolare il riciclo di materiali che non comportano rischi ambientali effettivi”.
Non solo numeri positivi quello rilevati dal rapporto 2015. Rimangono infatti ancora troppi i rifiuti che dobbiamo esportare all’estero, a causa dei deficit nazionali sia in fase di raccolta che in fase di lavorazione del rifiuto stesso, mentre rimangono alte le quantità acquistate dall’estero, proprio per la mancanza di materia prima. “Dal raffronto tra import ed export – riferisce una nota della Fondazione – emerge come 450.000 tonnellate di rifiuti importati (circa l’8 per cento di quelli trasportati nel nostro Paese per essere trattati) equivalgono, per volume e tipologia, a rifiuti italiani spediti all’estero, con costi per spesso esorbitanti”.
Secondo Edo Ronchi, presidente di Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile: “Sia pure in modo non omogeneo, perché permangono zone di arretratezza in alcune Regioni, il sistema del riciclo dei rifiuti in Italia è ormai decollato con numeri di livello europeo. Ora però, con le modifiche proposte dalla Commissione europea a tutte le direttive sui rifiuti e, a fronte dei nuovi obiettivi di riciclo più impegnativi al 2025 e al 2030, sarà necessario recuperare anche le zone ancora arretrate, aumentare e migliorare le raccolte differenziate, procedere a rafforzare industrializzazione e innovazione nel settore”.
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