Sempre peggiori le condizioni di migranti, rifugiati e richiedenti asilo in Libia: 600 arrestati e 68 feriti per un sit-in pacifico davanti a un centro Onu.
Circa 600 rifugiati e richiedenti asilo sono stati arrestati, e diverse decine feriti, nel corso di un sit-in pacifico davanti a un Community day center recentemente chiuso dell’Onu.
I migranti protestavano dal 1 ottobre, chiedendo maggiore protezione e sicurezza, dopo l’annuncio della chiusura del centro e il perpetrarsi di abusi da parte delle forze libiche.
Per il Norwegian refugee council “questo è il culmine di una situazione disastrosa che è peggiorata negli ultimi mesi” .
Almeno 68 persone ferite, alcune delle quali per colpi da armi da fuoco, e 600 arrestate: è il terribile bilancio di un sit-in pacifico davanti a un centro di comunità dell’Unhcr, l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati, organizzato da migranti e richiedenti asilo e interrotto con la violenza dalle forze di sicurezza a Tripoli, la capitale della Libia, all’alba del 10 gennaio scorso. L’ennesima prova che la Libia, per i migranti che da qui partono per l’Europa e lì spesso vengono rispediti, non è più da tempo un luogo sicuro.
Sin dallo scorso ottobre, i migranti giunti in Libia da diversi paesi dell’Africa si erano radunati in un sit-in permanente davanti a un Community day center, un centro che forniva assistenza umanitaria a rifugiati e richiedenti asilo a Tripoli, dopo la notizia che il centro sarebbe stato chiuso dalle Nazioni Unite a dicembre. Chiusura poi effettivamente avvenuta alla fine dell’anno.
Il 10 gennaio è avvenuto però quello che nessuno si aspettava: secondo le testimonianze dei migranti e quelle dirette di diversi attivisti presenti sul campo come Tarik Lamloum, di BELaady Organization for Human Rights, le forze libiche hanno sciolto con la violenza il sit-in e hanno arrestato circa 600 persone. “I nostri medici hanno assistito i feriti durante gli arresti dei richiedenti asilo, incluso qualcuno ferito da arma da fuoco – ha spiegato Lamloum – Centinaia di persone, tra cui molte donne e bambini, sono state inviate nei centri di detenzione dove spesso le circostanze sono già difficili”.
Per la precisione, gli arrestati (non tutti i manifestanti, perché alcuni sono riusciti a fuggire e disperdersi) sono stati rinchiusi in un centro di detenzione nella vicina città di Ain Zara, al quale hanno avuto accesso gli operatori di Medici senza frontiere per prestare le cure a 68 di loro, che presentavano “ferite da taglio, percosse e segni di shock e traumi causati dagli arresti forzati. Tra loro c’erano persone che sono stati picchiate e separate dai loro figli durante i raid” ha affermato Gabriele Ganci, capo missione di Msf in Libia.
Ellen van der Velden, responsabile operazioni di Medici senza frontiere ha spiegato che “questo episodio non solo dimostra ancora una volta come i migranti siano soggetti a detenzioni casuali e arbitrarie – un trattamento che si applica praticamente a tutti i migranti attualmente in Libia. Ma queste persone sono state arrestate per aver chiesto protezione di base, sicurezza e un trattamento in linea con il diritto umanitario”.
Together with @rescueorg, we urge the international community to immediately expand resettlement and other safe and regular pathways for refugees, asylum seekers and other migrants who wish to leave #Libya. https://t.co/4itgD4I1Y2
I migranti, tra cui molte donne e bambini, si erano infatti accampati fuori dal centro di Tripoli da ottobre, in cerca di protezione dopo l’escalation di forti misure repressive da parte delle autorità libiche, iniziata proprio il 1 ottobre quando le forze di sicurezza del ministero dell’Interno libico avevano fatto irruzione in case e rifugi provvisori nel quartiere di Qarqarsh, dove si concentrano un gran numero di rifugiati e immigrati, arrestando in poche ore 4mila persone. Dax Roque, direttore del Norwegian Refugee Council per la Libia, una delle poche ong internazionali presenti nel Paese, ha spiegato che “questo è il culmine di una situazione disastrosa che è peggiorata negli ultimi mesi”.
📣 Eserciti e forze di polizia sparano su donne, uomini e bambini migranti e li trascinano nei centri di detenzione…
In Italia, dove la notizia ha fatto fatica a trapelare tra i media, Baobab Experience chiede “che qualcuno risponda di quanto avvenuto stanotte e un immediato intervento delle istituzioni europee e delle Nazioni Unite per porre fine a questo abominio. Bisogna fermare subito i finanziamenti alla cosiddetta Guardia costiera libica e alle milizie locali, organizzare un ponte aereo per portare in salvo le persone, aprire subito le frontiere”.
Il ministro degli Esteri israeliano ha detto che Guterres “sostiene terroristi, stupratori e assassini di Hamas, di Hezbollah, degli Houthi e ora dell’Iran”.
Per l’Oms il bilancio delle vittime della guerra in Sudan supera le 20mila vittime. Ad aggravare la situazione ci sono la carestia e l’epidemia di colera.