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Alcune parti della Grande barriera corallina sono in una straordinaria fase di ripresa
Le aree centrali e settentrionali della Grande barriera corallina, al largo dell’Australia, sono in salute, ma è importante non abbassare la guardia.
- In alcune porzioni della Grande barriera corallina australiana, la copertura di coralli è da record.
- In ogni caso, non bisogna sottovalutare i rischi connessi al riscaldamento globale.
La Grande barriera corallina, situata al largo della costa del Queensland, nell’Australia nord-orientale, è il più grande organismo vivente sulla Terra, visibile anche dallo spazio. Comprende migliaia di scogliere coralline e centinaia di isole, ospitando un’incredibile varietà di forme di vita. Riguardo alla sua salute, ci sono buone notizie: la presenza di coralli nelle regioni centrali e settentrionali ha raggiunto livelli record, i più alti degli ultimi 36 anni.
Lo studio dell’Istituto australiano di scienze marine
L’annuncio arriva dai ricercatori dell’Istituto australiano di scienze marine che, ogni anno, realizzano un report sulle condizioni dell’ecosistema, grazie anche alle periodiche immersioni dei sub e al monitoraggio accurato di tutte le specie presenti. Le loro analisi hanno rivelato che:
- la porzione settentrionale della barriera registra in media una copertura di coralli del 36 per cento – e pensare che nel 2017 raggiungeva soltanto il 13 per cento;
- la porzione centrale vanta una copertura del 33 per cento, altro record rispetto al 14 per cento registrato nel 2019;
- nella regione meridionale, invece, la copertura corallina media è scesa dal 38 al 34 per cento.
Restano molte le minacce per la Grande barriera corallina
A lungo termine, secondo i biologi, il riscaldamento globale rappresenta la minaccia più seria per la Grande barriera corallina. L’aumento delle temperature oceaniche, insieme all’acidificazione delle acque, è responsabile dello sbiancamento dei coralli – fenomeno che si verifica quando viene a mancare la simbiosi tra i polipi del corallo e alcune alghe unicellulari fotosintetizzanti note come zooxanthellae. Non sempre lo sbiancamento conduce alla morte del corallo, ma può comunque avere delle ripercussioni molto gravi sulla sua capacità di crescere, riprodursi e difendersi dalle malattie.
All’inizio del 2022 si è verificato per la prima volta uno sbiancamento di massa in un anno caratterizzato dall’influenza de La Niña, condizione climatica solitamente favorevole per i coralli. “Il fatto che abbiamo avuto quattro episodi di sbiancamento negli ultimi sette anni e che quest’anno, per la prima volta, se ne sia verificato uno anche con la presenza de La Niña, è davvero preoccupante”, ha dichiarato il dottor Mike Emslie, ricercatore dell’istituto di scienze marine, al quotidiano britannico Guardian.
È importante continuare a monitorare l’ecosistema
Circa la metà delle 87 barriere coralline prese in esame dal report è stata analizzata prima dello sbiancamento di massa dei mesi di febbraio e marzo, rilevato grazie alle ricognizioni aeree. Bisognerà quindi aspettare i prossimi mesi per valutare le conseguenze di questo tragico evento. I ricercatori sottolineano che i coralli che stanno ripopolando la Grande barriera – madrepore del genere Acropora – crescono molto velocemente, ma sono anche più sensibili di altri agli effetti delle ondate di calore e degli eventi meteorologici estremi. Peraltro, sono anche fra le prede preferite della voracissima stella corona di spine (Acanthaster planci).
La resilienza della natura riesce sempre a sorprenderci: la sua sete di sopravvivenza è straordinaria. Noi dobbiamo impegnarci a tutelarla come possiamo. Il primo passo potrebbe essere quello di inserire la Grande barriera corallina nell’elenco dei patrimoni dell’umanità ritenuti a rischio. La decisione verrà probabilmente presa nel corso del prossimo incontro dell’Unesco, la cui data non è ancora nota.
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