La raccolta delle migliori fotografie naturalistiche del National Geographic scattate nel 2024, il mondo animale attraverso l’obiettivo della fotocamera
Cosa dobbiamo imparare dalla rinascita dei coralli delle Figi
A cinque anni dal ciclone che aveva devastato l’arcipelago delle Figi, le sue barriere coralline sono rinate. Grazie anche all’aiuto degli indigeni.
Febbraio 2016. Il ciclone tropicale Winston, il più forte che abbia mai colpito l’emisfero sud, si abbatte sulla Repubblica di Figi, in Oceania, con venti a 280 chilometri orari, uccidendo 44 persone e distruggendo o danneggiando più di 40mila case. Ad essere spazzate via sono anche le “città del mare”: le barriere coralline.
Nelle acque dell’arcipelago figiano si trovano la riserva Namena e il parco Vatu-i-ra, due aree marine protette che ricoprono complessivamente una superficie di 200 chilometri quadrati e ospitano meravigliosi ecosistemi acquatici. A distanza di cinque anni dal passaggio di Winston che li aveva distrutti, ora questi ambienti sono miracolosamente tornati a nuova vita.
La lieta scoperta dei sub
Una recente spedizione subacquea guidata dalla Wildlife conservation society (Wcs) ha scoperto che i coralli si sono ripresi al di là delle aspettative degli scienziati. “Sono rimasto davvero sorpreso dalla velocità con cui le barriere coralline si sono ristabilite, specialmente nella riserva di Namena”, ha dichiarato al quotidiano Guardian il direttore della Wcs alle Figi, Sangeeta Mangubhai.
A stupire non è solo l’abbondanza delle colonie di giovani coralli, ma anche quella di pesci tropicali che, in un certo senso, hanno fatto ritorno “a casa” ricominciando a popolare anche le scogliere coralline che non hanno ancora riacquistato completamente le proprie caratteristiche iniziali.
I coralli sani rinascono più velocemente
“Una ripresa tanto rapida indica che queste barriere coralline hanno una buona capacità di adattamento naturale e che sono ben tenute”, continua Mangubhai. “I coralli in buona salute si riprendono molto più velocemente”.
Questa frase racchiude due concetti importantissimi: il primo è che bisogna preservare la salute dei coralli, tutelandoli dai danni provocati dall’aumento delle temperature e dall’accumulo di anidride carbonica nell’oceano, se si vogliono incrementare le loro chance di sopravvivenza ai mutamenti del clima e agli eventi meteorologici estremi, sempre più frequenti e distruttivi.
Il ruolo degli indigeni nella salvaguardia delle barriere coralline
Il secondo insegnamento è che le scogliere coralline devono essere “ben tenute”: il governo delle Figi ci è riuscito grazie alla collaborazione con gli indigeni iTaukei, i quali hanno messo a punto delle strategie di pesca sostenibile identificando delle zone “tabu”, dove cioè non si può pescare, e altre tecniche di conservazione degli ecosistemi locali, che conoscono meglio di chiunque altro.
Una vera e propria storia d’amore, in cui l’uomo protegge l’ambiente su cui si basano la propria sussistenza e la propria identità culturale. Senza contare che le barriere coralline stesse possono letteralmente fungere da “barriere”, difendendo le coste dai prossimi uragani.
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