Un tempo il lago Poopó, enorme bacino salato situato a 3.686 metri di altitudine, ospitava numerose specie endemiche di pesci, uccelli e piante e offriva sostentamento a migliaia di persone. Oggi il secondo lago più grande della Bolivia, secondo solo al lago Titicaca e grande otto volte il lago di Garda, è completamente asciutto.
Le carcasse dei pesci e degli uccelli pietrificate dal sale, sono la muta testimonianza dell’antico splendore della zona, ridotta ormai ad un arido deserto. Il lago Poopó è stato ufficialmente dichiarato evaporato nel mese di dicembre da Victor Hugo Vásquez, governatore del dipartimento di Oruro, l’altopiano andino che separa la Bolivia dal Perù e che ospitava il bacino. In realtà non è la prima volta che il lago si prosciuga, la sua estensione è sempre stata variabile, subordinata ai livelli del fiume Desaguadero, da cui proviene la maggioranza delle sue acque.
Questa volta però, secondo gli scienziati, il recuperò del lago non sarà possibile. “Questa è una foto del futuro dei cambiamenti climatici”, ha dichiarato amaro Dirk Hoffman, glaciologo tedesco che studia la relazione tra l’aumento delle temperature provocato dai combustibili fossili e lo scioglimento dei ghiacciai in Bolivia.
L’evidente innalzamento medio delle temperature globali non sembra però essere l’unica causa della “morte” del lago Poopó. Tra le cause gli esperti indicano la cronica siccità provocata dal fenomeno climatico El Niño, ma anche, come sempre, l’eccessivo impatto antropico.
Il lago è stato infatti sottoposto ad un intensivo sfruttamento, le acque dei suoi affluenti sono state usate per l’irrigazione delle terre dei paesi confinanti, e sarebbe stato irrimediabilmente inquinato dalle società minerarie che operano nelle regioni di Orouro e Potosì. Le acque sarebbero state contaminate da sostanze altamente inquinanti come arsenico, piombo, cadmio e zinco.
Oltre cento famiglie che abitavano nel villaggio di Untavi, sulle rive del lago, hanno venduto pecore, lama e alpaca e lasciato il paese, ormai popolato solo dagli anziani. “Non c’è futuro qui“, ha dichiarato al Guardian il 29enne Giovenale Gutierrez, trasferitosi in una città vicina.
Angel Flores, capo di un comitato di cittadini locali che ha cercato di salvare il lago Poopó, accusa il governo di aver ignorato gli avvertimenti e di aver gestito male le fragili risorse idriche senza contrastare l’inquinamento dilagante provocato dalle attività estrattive. “Qualcosa si sarebbe potuto fare per evitare il disastro. Le compagnie minerarie stanno deviando e inquinando l’acqua dal 1982”.
Nella speranza di poter salvare il lago, il governo boliviano ha chiesto all’Unione europea 140 milioni di dollari per gli impianti di trattamento delle acque e per dragare gli affluenti.
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