Sicilia, protesta di Greenpeace su una piattaforma petrolifera

Gli attivisti di Greenpeace hanno esposto sulla piattaforma un messaggio rivolto al governo: “Ci state bruciando il futuro”.

Nel canale di Sicilia si estrae ininterrottamente petrolio dagli anni Sessanta e da quest’area proviene circa un terzo del petrolio offshore italiano. Questa regione, martoriata dall’estrazione di idrocarburi, è paradigmatica della scarsa risposta dell’Italia all’evidente crisi climatica che sta colpendo il pianeta. Proprio per chiedere di far fronte seriamente alla minaccia costituita dai cambiamenti climatici e recidere la dipendenza dai combustibili fossili, questa mattina all’alba Greenpeace Italia si è resa protagonista di una protesta simbolica su una piattaforma di estrazione.

Protesta per il futuro

Un gruppo di attivisti dell’organizzazione ambientalista si è infatti diretto alla piattaforma di estrazione “Prezioso”, sulla quale hanno affisso diversi manifesti indirizzati al governo italiano, il più grande recita: “Ci state bruciando il futuro”. “L’emergenza climatica è sotto gli occhi di tutti e chi dovrebbe fare di tutto per proteggere i cittadini, ovvero il nostro governo, continua invece a perseguire le stesse politiche fossili che hanno contribuito a portarci al punto in cui ci troviamo”, ha dichiarato Luca Iacoboni, responsabile della campagna Energia e clima di Greenpeace.

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No all’espansione delle attività estrattive

L’obiettivo della protesta di Greenpeace è di evidenziare la discrepanza tra la conclamata necessità di ridurre le emissioni per limitare l’aumento delle temperature globali, e il continuo sfruttamento di petrolio e gas. “Oggi siamo in azione nello Stretto di Sicilia per protestare contro l’imminente ampliamento delle attività estrattive del progetto Offshore Ibleo – ha spiegato Iacoboni. – Gas e petrolio sono parte del problema, non della soluzione ai cambiamenti climatici e un governo che voglia difendere i cittadini deve fermare i piani di espansione delle attività estrattive e puntare invece su rinnovabili ed efficienza, per arrivare a zero emissioni entro il 2040”.

Membro di Greenpeace Italia durante la protesta nel mare siciliano
“Ogni nuovo progetto di estrazione di combustibili fossili va in direzione opposta rispetto agli Accordi di Parigi”, ha affermato Luca Iacoboni, responsabile della campagna Energia e clima di Greenpeace © Greenpeace Italia

La grande cecità dell’Italia

L’insufficiente volontà del governo italiano di intraprendere una vera transizione energetica, volta ad una progressiva riduzione delle emissioni di CO2, è stata recentemente confermata dalla Commissione europea. La Commissione ha infatti pubblicato la valutazione delle proposte dei piani presentate dagli stati membri per attuare gli obiettivi energetici e climatici fissati dall’Ue per il 2030. Il piano redatto dal governo italiano, il Piano nazionale integrato energia e clima (Pniec), è stato giudicato poco ambizioso e soddisfa solo i requisiti minimi, anche per quanto riguarda le energie rinnovabili. “Il gas non è affatto un combustibile pulito, è una fonte fossile che emette gas serra – ha sottolineato il responsabile della campagna Energia e clima di Greenpeace. – Serve per accompagnare la transizione energetica, ma non deve rallentare questo processo o bloccarlo per decenni, come rischia di accadere in Italia. Anche per questa ragione progetti come Offshore Ibleo, che prevedono l’apertura di nuovi pozzi per estrarre ulteriore gas, dovrebbero essere fermati immediatamente”.

Banner esposto da Greenpeace sulla piattaforma di estrazione Prezioso
Sono già state avviate le procedure per gli appalti relativi ai lavori di espansione del progetto Offshore Ibleo © Greenpeace Italia

Il futuro dello Stretto di Sicilia

L’espansione del progetto Offshore Ibleo, che prevede l’estrazione di circa 1,5 miliardi di metri cubi di gas naturale all’anno e che secondo Eni dovrebbe essere operativo già nel 2021, rappresenta una reale minaccia, non solo per il clima, ma anche per il mare siciliano. L’ampliamento delle attività estrattive minaccia infatti un sito di interesse comunitario (Sic) e una zona di protezione speciale (Zps), rischiando di danneggiare gravemente l’ambiente, la pesca e il turismo.

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