Siria, la pandemia sta esplodendo nella provincia di Idlib

Parzialmente risparmiata dalle ondate precedenti, la provincia di Idlib, in Siria, martoriata dalla guerra, affronta un’esplosione della pandemia.

Da settimana la pandemia di Covid-19 si sta abbattendo con violenza nella Siria nord-occidentale, ed in particolare nella provincia di Idlib, in Siria. La stessa che per anni ha vissuto una guerra drammatica, con la distruzione di mezzi di comunicazione e infrastrutture, anche sanitarie. Proprio per questo l’impennata di contagi nella zona sta ponendo le strutture ospedaliere in gravissima difficoltà.

Ospedali saturi nella Siria nord-occidentale

Un reportage del quotidiano francese Le Monde parla di “personale sull’orlo dello sfinimento”. Da due mesi, il flusso di malati in arrivo nei nosocomi non si arresta, dopo che invece la pandemia aveva relativamente risparmiato l’area nel corso delle ondate precedenti. Ora le conseguenze del conflitto armato e la pressione della Covid-19 stanno rendendo la situazione insostenibile.

La metà dei centri di cura e degli ospedali della provincia siriana è ancora danneggiata. Gran parte dei medici e degli infermieri è fuggita nel corso degli anni. E i quattro milioni di abitanti della regione vivono solo grazie agli aiuti internazionali (istituzionali o di organizzazioni non governative), che tuttavia arrivano col contagocce, passando attraverso la frontiera con la Turchia.

Medici senza frontiere
Edifici abbandonati e distrutti nel distretto di Ariha a Idlib, in Siria, durante la guerra © Muhammed Said/Msf

La strutture specificatamente adibite all’emergenza-Covid sono state adibite grazie al sostegno di Ong e dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), ma non sono sufficienti. I dati ufficiali su malati e morti, inoltre, si ritiene sottostimino ampiamente la realtà. Basti pensare che i pochi tamponi effettuati tra la popolazione (meno di 2.500) hanno fatto registrare un tasso di positività superiore al 50 per cento.

Vaccinato solo il 2,5 per cento della popolazione

Le autorità locali hanno disposto la chiusura delle scuole e dei mercati. Ma ciò non basta: Le Monde racconta il caso dell’ospedale di Kafr Takharim, nel quale soltanto dieci letti in terapia intensiva sono dotati di respiratori: “Qui – ha commentato al quotidiano francese un medico – si presentano più di cento malati ogni giorno. Li mandiamo via in attesa che un letto si liberi. Una volta è arrivato un paziente da Ariha, città che dista da qui 55 chilometri. A causa della mancanza di ospedali nella provincia, le persone arrivano qui già in stato critico. Mancano poi medicinali e ossigeno”.

Allo stesso modo, nella maggior parte degli ospedali della provincia i letti sono pieni al 100 per cento. Ma solo un pugno delle strutture è dotato di unità per le cure intensive. Inoltre, a causa della forte trasmissibilità della variante Delta, il picco epidemico potrebbe non essere ancora arrivato. Anche perché la campagna vaccinale procede a rilento: secondo l’Oms solo il 2,5 per cento della popolazione ha potuto ricevere dosi. Senza dimenticare la situazione allarmante dei campi profughi in Siria.

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