Un morto e molti cittadini feriti nello Sri Lanka centrale dopo che la polizia ha aperto il fuoco verso i manifestanti in strada contro la crisi economica.
La polizia risponde con le armi alle manifestazioni contro la crisi economica in Sri Lanka.
Almeno una persona è stata uccisa e altre sono rimaste ferite dopo che la polizia ha aperto il fuoco contro un gruppo di cittadini.
La popolazione sopporta da mesi una carenza di beni essenziali come cibo, gas da cucina, carburante e medicine.
La situazione in Sri Lanka peggiora dopo che manifestanti e forze dell’ordine sono venuti a contatto in varie zone del paese. La popolazione cingalese protesta da settimane contro la crisi economica e sociale che ha colpito lo stato insulare nell’oceano Indiano. La polizia locale ha confermato di aver sparato ai manifestanti nella città di Rambukkana, a circa 90 chilometri a nordest dalla capitale Colombo. Secondo le agenzie di stampa internazionali, l’uso delle armi da parte dei poliziotti avrebbe causato la morte di almeno una persona e il ferimento di molti manifestanti. Le contestazioni verso il governo continuano in tutto lo Sri Lanka e negli ultimi giorni i cittadini hanno deciso di bloccare alcuni tratti ferroviari locali per protestare contro l’aumento del prezzo della benzina.
Le proteste in Sri Lanka contro la crisi
Il manifestante deceduto è la prima vittima da quando nelle ultime settimane sono scoppiate spontaneamente proteste pacifiche in tutto lo Sri Lanka. I cittadini sono scesi in strada per chiedere al governo di dimettersi dato che la nazione un tempo nota come Ceylon affronta la sua peggiore crisi economica da decenni.
“Per controllare la situazione la polizia ha sparato contro i manifestanti, ferendo diverse persone – ha ammesso il portavoce delle forze dell’ordine Nihal Talduwa all’agenzia di stampa Reuters –. Anche diversi poliziotti feriti sono stati ricoverati in ospedale. Munizioni vere e gas lacrimogeni sono stati usati per respingere una folla che lanciava pietre e altri oggetti”. La polizia è ancora nella zona di Rambukkana dove sono avvenuti gli scontri più violenti e sta cercando di riportare la calma. Una situazione simile è in corso in tutto il territorio del paese asiatico: stanchi e affamati per l’assenza di cibo e materie prime, nonché per una tragica assenza di medicine negli ospedali, il popolo cingalese si è ribellato contro il governo del primo ministro Mahinda Rajapaksa, fratello del presidente in carica Gotabaya Rajapaksa.
Con lo scoppio della pandemia, lo Sri Lanka si è trovato in una pesante crisi economica: il turismo è diminuito, mentre monsoni particolarmente violenti e una legge che vieta l’utilizzo di fertilizzanti chimici hanno danneggiato l’importante settore agricolo nazionale. La presenza continuativa della dinastia Rajapaksa nelle cariche governative non viene più accettata dalla maggior parte dei cittadini: ormai lo stato è sull’orlo del fallimento, con quasi 7 miliardi di dollari dei suoi 25 miliardi di dollari di debito estero in scadenza quest’anno. Una grave carenza di valuta estera significa che il paese non ha i soldi per acquistare beni importati.
Migliaia di manifestanti continuano a occupare l’ingresso dell’ufficio del presidente a Colombo, incolpandolo della crisi economica. Nel tentativo di rispondere alle crescenti richieste di dimissioni, Gotabaya Rajapaksa ha nominato un nuovo gabinetto e ha riconosciuto la cattiva gestione del governo da parte dei membri della sua famiglia. I prezzi del carburante sono saliti più volte negli ultimi mesi, causando aumenti nei costi di trasporto e nei prezzi di altri beni essenziali. Un ulteriore aumento dei prezzi comunicato negli ultimi giorni ha fatto sì che le proteste diventassero ancora più popolari e diffuse. Per ora, i fratelli Rajapaksa restano al loro posto, ma l’assenza di una soluzione imminente alla crisi economica e sociale dello Sri Lanka rischia di causare altri episodi violente a breve.
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