La stagione dei pollini sta peggiorando e c’entrano i cambiamenti climatici

Da tempo gli scienziati hanno notato un aumento della quantità dei pollini e un allungamento della loro stagione a causa del riscaldamento globale. Un nuovo studio ipotizza che la stagione delle allergie potrebbe iniziare quaranta giorni prima del solito e durare 19 giorni in più. Monitorare i dati aiuterebbe a mitigare eventuali peggioramenti della situazione

  • Da tempo gli scienziati hanno notato un aumento della quantità dei pollini e un allungamento della loro stagione a causa del riscaldamento globale.
  • Un nuovo studio ipotizza che la stagione delle allergie potrebbe iniziare quaranta giorni prima del solito e durare 19 giorni in più.
  • Monitorare i dati aiuterebbe a mitigare eventuali peggioramenti della situazione e a prevenire i sintomi più gravi nei soggetti allergici.

In una mattina di  marzo, Milano sembra Tokyo nel pieno della tradizionale fioritura dei ciliegi. L’assenza prolungata di piogge e il clima insolitamente mite anticipano una primavera che dà spettacolo, non fosse per lo sfasamento della stagione dei pollini che provoca l’inasprimento delle allergie. Il fenomeno è noto da tempo alla comunità scientifica, ma uno studio appena pubblicato su Nature Communications rivela nuovi scenari possibili, almeno nel Nord America. Entro il 2100, il quadro meno roseo prevede un aumento annuale fino al 40 per cento della produzione di granuli pollinici, che potrebbe registrare un anticipo fino a quaranta giorni e una durata più lunga di 19 giorni. L’orizzonte è incerto ma, lo conferma anche l’Aaiito (Associazione allergologi e immunologi italiani), starnutiremo prima e più a lungo. Sapere cosa ci aspetta nel futuro prossimo potrebbe aiutarci a prevenire gli effetti più gravi e a non farci trovare impreparati, si spera. Monitoraggio e prevenzione giocheranno un ruolo chiave per la nostra salute, legata a doppio filo a quella del Pianeta.

Previsioni del polline

Il 30 per cento della popolazione mondiale soffre di allergie stagionali. Secondo l’Oms la percentuale è destinata a raggiungere il 50 per cento entro il 2050, “eppure i modelli predittivi non sono così efficienti”, spiega Allison Steiner, scienziata atmosferica dell’università del Michigan e coautrice della ricerca insieme a Yingxiao Zhang. Per colmare questa lacuna, il team di Steiner ha lavorato a un nuovo modello, una simulazione giornaliera basata su dati decennali nel tentativo di stimare le emissioni di polline delle piante più comuni nelle diverse regioni degli Stati Uniti, come aceri, pioppi, querce, betulle, in risposta alla variazione di fattori come temperatura e precipitazioni, livelli di CO2 e distribuzione geografica delle piante. 

pollini volatili
Le stagioni dei pollini si sovrapporranno sempre più con l’aumento delle temperature e delle emissioni di CO2 © 66colpi/WikiCommons

Le proiezioni riguardano la fine del secolo, tra il 2081 e il 2100, e sono state messe a confronto con gli anni a cavallo tra il 1995 e il 2014. La conclusione degli autori è che entro la fine del secolo l’emissione annuale del polline “probabilmente crescerà del 16–40 per cento considerando le sole variazioni di piogge e gradi centigradi”. Cifra che sale al 200 per cento se si include l’aumento di CO2 che alimenta la fotosintesi, cosicché le piante possano crescere di più e produrre più polline. Senza azioni concrete per contenere il riscaldamento globale, la primavera potrebbe iniziare con 10-40 giorni di anticipo rispetto a oggi e durare 2-19 giorni di più.

Tutelare la salute

Gli studenti che soffrono di allergie performano peggio dei loro compagni; la produttività degli adulti al lavoro diminuisce in presenza di febbre da fieno; nel pieno della stagione dei pollini gli ambulatori registrano un aumento dei casi di asma. I disturbi respiratori richiedono cure e, in altre parole, costano. Ad aggravare la situazione, sottolineano i ricercatori, c’è l’accavallarsi di stagionalità miste: se in passato le querce rilasciavano il polline prima della betulla, ora invece si osservano sovrapposizioni delle loro stagioni polliniche“Respiriamo una miscela di pollini di periodi dell’anno diversi. Pensiamo ancora in termini di inverno e primavera, invece assistiamo sempre più di frequente a ondate di freddo improvvise, come succede in questi giorni in Italia”, commenta Renato Ariano. È il responsabile di Aaito, l’associazione formata da allergologi e immunologi che gestisce la rete italiana di monitoraggio dei pollini, e studia il fenomeno dagli anni Ottanta. Secondo lui le ipotesi a lungo termine peccano di scarsa precisione: “Non è detto che ci siano più pollini ma ci sarà senz’altro un clima che darà fastidio ai soggetti allergici. È probabile che in futuro la primavera sarà sempre più secca e che certe piante non fioriranno più”.

Mentre la biodiversità di flora e fauna autoctone è in pericolo, nuove specie tropicali mettono radici. Ad esempio nel Mediterraneo, sempre più caldo, “Ci sono alghe tropicali, che possono produrre muffe e spore e provocare asma nei soggetti più fragili”. È impossibile dire con esattezza cosa ci aspetta negli anni a venire, per questo un lavoro di raccolta dei dati costante e su scala locale è uno strumento utile. Ogni settimana Aaito pubblica un bollettino dei pollini sul sito ufficiale e sulla app Meteo Allergie, una mappa preziosa che orienta medici e pazienti nella prevenzione e nella ricerca di diagnosi corrette e terapie personalizzate.

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