Così il revenue based financing scommette sulla crescita delle startup, condividendo rischi e successi

Viceversa ha portato in Italia il revenue based financing, cioè il finanziamento delle startup basato sul fatturato: “Scommettiamo sulla loro crescita condividendo i rischi”.

  • Viceversa è stata fondata nel 2021 e ha sedi ha Milano e a Dublino.
  • Il compenso della fintech varia dal 5 al 10 per cento di interessi sulla cifra prestata per investimenti nel marketing digitale.
  • La selezione delle startup idonee al finanziamento avviene in modalità esclusivamente digitale e in soli tre giorni.
  • I fondi – compresi tra i 10mila e il milione di euro – sono erogati in massimo due settimane dalla conclusione della valutazione.

Finanziare le startup secondo un modello impostato sui ricavi, in modo da condividere il rischio di impresa, i momenti positivi e le eventuali difficoltà. Si chiama revenue based financing – letteralmente “finanziamento basato sul fatturato” – ed è stato importato in Italia da Viceversa. Si tratta di una fintech, cioè di un’impresa che coniuga la tecnologia con i servizi finanziari, è stata fondata nel 2021 da Matteo Masserdotti e Pedro Salvi e ha sede a Milano e Dublino.

Matteo Masserdotti, Ceo di Viceversa © Viceversa

Come funziona il revenue based financing

Una realtà che ha concepito una nuova idea di finanziamento basato sulla trasparenza e sull’uso della tecnologia: una forma sostanzialmente ibrida, secondo la quale i fondi investiti vengono restituiti pagando un anticipo del fatturato futuro che l’azienda sarà in grado di generare. “Sostanzialmente – ci spiega il Ceo Matteo Masserdotti – abbiamo selezionato gli aspetti migliori del debt e dell’equity financing e abbiamo cercato di metterli insieme. Scommettiamo sulla crescita futura delle aziende selezionate e ci allineiamo al loro business”. L’anticipo sul fatturato è basato su un calcolo di Viceversa rispetto alle previsioni di crescita della società, e il rimborso è legato all’andamento della stessa startup: “Se non arrivano i ricavi, partecipiamo al rischio di impresa e perdiamo il nostro investimento, mentre in caso di aumento del fatturato crescono le nostre entrate”.

Il compenso della fintech varia dal 5 al 10 per cento di interessi sulla cifra prestata per investimenti nel marketing digitale. “In questa prima fase – sottolinea Masserdotti – ci siamo focalizzati principalmente sull’e-commerce e sul software-as-a-service”. La decisione di concentrarsi sul marketing digitale è dettata dal fatto che, “basandoci su una percentuale di ricavi futuri, questo è uno dei pochi strumenti che permette di creare uno schema previsionale rispetto alla crescita di fatturato di un’azienda, sulla base di dati storici e di indicazioni sul business”. Oltre ai capitali da investire, Viceversa mette a disposizione delle startup supportate delle informazioni preziose ottenute attraverso una dashboard creata ad hoc, che permettono al business di performare al meglio.

Fasi startup team
Il team è fondamentale in una startup in crescita © Ing Image

In un anno finanziate 70 startup con 20 milioni di portafoglio

Velocità, flessibilità e adattabilità sono le tre parole chiave del modello proposto da Viceversa, con una selezione e valutazione della startup idonee al finanziamento che avviene in 72 ore e i fondi – compresi tra i 10mila e il milione di euro – erogati in massimo due settimane dalla conclusione del processo. Tutto avviene online, nel momento in cui un potenziale cliente collega i propri account alla piattaforma della fintech. “Grazie ad algoritmi di intelligenza artificiale – spiega il Ceo – i nostri analisti riescono a capire quasi in tempo reale se un’azienda può essere o meno di nostro interesse; a quel punto ci vogliono circa tre giorni per formulare l’offerta”.

Un processo interamente digitale, agile e flessibile, ma non per tutti: su circa 1.000 proposte finora ricevute, Viceversa ha finanziato non più di una settantina di realtà. Ce ne sono anche alcune che fanno parte di LifeGate Way, l’ecosistema italiano che supporta e connette startup naturalmente sostenibili.

Di contro “abbiamo circa 20 milioni di portafoglio, che in un solo anno rappresentano una bella dimostrazione del fatto che il mercato dei nostri potenziali clienti ha molto bisogno di questo tipo di strumenti”. Al momento il procedimento è decisamente selettivo, perché “per scegliere una startup sulla quale puntare ci basiamo su parametri che non sono facili da trovare”. Ma, conclude Masserdotti, “stiamo lavorando ad altri strumenti incentrati sulla logistica e sulle spedizioni che potrebbero allargare in maniera considerevole la platea dei nostri clienti”. Potenzialmente, parliamo di un mercato davvero vasto: in Italia si contano circa 500mila piccole e medie imprese che si occupano di vendite online. E in Europa il numero sale fino a 4 milioni.

 

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