Per la prima volta gli Stati Uniti chiedono un cessate il fuoco immediato a Gaza

Dopo essersi finora opposti alla richiesta di un cessate il fuoco immediato a Gaza, ora gli Stati Uniti hanno cambiato posizione, segno della crescente distanza con Israele.

  • In una bozza di risoluzione al Consiglio di Sicurezza dell’Onu gli Usa chiedono un cessate il fuoco immediato collegato al rilascio degli ostaggi.
  • Anche il Consiglio europeo ha approvato all’unanimità un documento che chiede “una pausa umanitaria immediata” a Gaza.
  • Nella Striscia prosegue l’offensiva dell’esercito israeliano, che si sta concentrando ora sull’ospedale al Shifa.

Per la prima volta dal 7 ottobre, gli Stati Uniti hanno chiesto un cessate il fuoco immediato nella Striscia di Gaza. La presa di posizione è contenuta in una bozza di risoluzione di Washington al Consiglio di Sicurezza dell’Onu, in cui si parla anche di rilascio degli ostaggi israeliani nelle mani di Hamas. Una svolta per gli Stati Uniti, che finora si erano sempre opposti a misure immediate di questo tipo e non legate direttamente al tema degli ostaggi. 

Anche il Consiglio europeo ha chiesto per la prima volta una pausa umanitaria immediata a Gaza, mentre sul campo continuano gli attacchi israeliani, in particolare sull’ospedale al Shifa.

Gli Usa chiedono il cessate il fuoco

Fino ad ora gli Stati Uniti si erano sempre opposti a risoluzioni che chiedessero il cessate il fuoco immediato nella Striscia di Gaza. L’ultima volta era successo a febbraio, con una risoluzione dell’Algeria al Consiglio di Sicurezza dell’Onu. Ma ora la posizione è cambiata.

In una bozza di risoluzione fatta circolare da Washington si chiede un “cessate il fuoco immediato collegato al rilascio degli ostaggi”. Nel testo si parla anche della necessità di garantire l’assistenza umanitaria alla popolazione palestinese e si parla espressamente di “creazione di un futuro Stato palestinese”. La richiesta del cessate il fuoco rimane dunque ancorata alle trattative per il rilascio degli ostaggi, ma il termine “immediato” e l’imperatività della richiesta segnano un cambio di posizione degli Stati Uniti, che fino a ora avevano respinto proprio quella terminologia.

D’altronde proprio in queste ore il Segretario di Stato Usa, Antony Blinken, durante il suo viaggio in Medio Oriente ha contestato il piano di assedio di Rafah da parte di Israele, aggiungendo che un accordo sugli ostaggi si sta facendo più vicino. Con la nuova bozza di risoluzione gli Stati Uniti hanno voluto aumentare la pressione al governo Netanyahu, con cui c’è sempre più distanza per la tragedia umanitaria che l’offensiva israeliana sta causando a Gaza. E già nei giorni scorso gli Usa avevano sanzionato tre coloni e due colonie israeliane in Cisgiordania.

Come scrive Pierre Haski su Internazionale, Israele e Stati Uniti giocano una partita a poker in cui entrambi stanno bluffando: “Washington non abbandonerà mai Israele, a prescindere da tutto, anche solo vista l’ombra iraniana che aleggia sulla regione. Dunque le pressioni della Casa Bianca saranno sempre limitate. Di contro, Israele ha un bisogno vitale del sostegno americano, soprattutto per quanto riguarda le armi e le munizioni. Lo scontro, insomma, si svolge in un contesto che ha dei limiti chiari”.

Un gioco di pressioni reciproche, a cui si aggiunge anche quella europea. In linea con la bozza di risoluzione all’Onu degli Stati Uniti, che dovrebbe essere votata nelle prossime ore, il Consiglio europeo ha approvato all’unanimità un documento che chiede “una pausa umanitaria immediata che porti a un cessate il fuoco duraturo a Gaza”.

Prosegue l’offensiva israeliana

Mentre la diplomazia è al lavoro, la situazione nella Striscia di Gaza è sempre più tragica. Il numero di morti ha superato quota 32mila e circa 1,1 milioni di persone hanno esaurito le scorte di cibo, rendendo la carestia una questione di giorni, come denunciato dall’Onu.

I bombardamenti israeliani continuano a uccidere civili, nonostante Tel Aviv dichiari di avere come obiettivi membri del gruppo estremista palestinese Hamas. Il 19 marzo due differenti attacchi su un campo profughi e un deposito di stoccaggio e distribuzione di aiuti umanitari hanno causato decine di morti. L’offensiva israeliana si sta concentrando anche sul principale ospedale della Striscia di Gaza, nonché uno dei pochi ancora operativi: quello di al Shifa

L’attacco è iniziato tra il 17 e il 18 marzo, ripetendo quanto già successo a novembre: Israele dice che al suo interno ci sono membri di Hamas e che ne avrebbe uccisi e arrestati a decine, testimoni locali dicono invece che a essere colpiti sono civili e che tra l’altro le operazioni militari israeliane stanno mettendo fuori uso uno degli ultimi presidi sanitari ancora (in parte) operativi nella Striscia. Nell’ospedale ci sarebbero 20 medici, 60 infermieri e centinaia di pazienti, secondo quanto raccolto dalla Bbc. Il media Al Jazeera ha raccontato che Israele ha fatto saltare in aria un edificio che ospitava diverse sale operatorie. L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha fatto richiesta per condurre una missione nell’ospedale, portando cibo e carburante, ma le autorità israeliane gliel’hanno negata. L’agenzia Onu si è detta “terribilmente preoccupata” per la situazione nell’ospedale.

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