L’ex premier Giuliano Amato ha rilanciato l’ipotesi del missile come causa della strage di Ustica: ma esistono elementi nuovi per arrivare alla verità?
Il 27 giugno 1980 un aereo con 81 persone a bordo precipita tra Ustica e Ponza, nel mar Tirreno.
L’ex premier Giuliano Amato rilancia l’ipotesi del missile lanciato dai francesi per colpire Gheddafi.
I teorici della bomba palestinese insorgono, ma ora Amato sarà sentito in Procura.
Perché, in una mattinata qualsiasi di inizio settembre, la parola “Ustica” è tornata prepotentemente su tutte le prime pagine dei giornali italiani ed è diventata di tendenza anche sui social network? Ci sono davvero delle novità importanti sul mistero dell’abbattimento del Dc-9 dell’Itavia con a bordo 81 persone, avvenuto il 27 giugno 1980, ovvero ben 43 anni fa, che potrebbero far finalmente luce su una delle vicende più drammatiche e intricate della storia della Repubblica italiana?
È quello che nei prossimi giorni cercheranno di appurare i pubblici ministeri di Roma che indagano ancora sulla strage, in una inchiesta bis aperta dal 2010: per farlo, molto probabilmente ascolteranno anche Giuliano Amato, l’ex presidente del Consiglio che di fatto, con una intervista concessa a Repubblica ha riaperto la discussione, tornando ad affermare la tesi secondo cui il Dc-9 sarebbe stato abbattuto da un missile lanciato da un caccia francese, in volo nei cieli italiani, per colpire il leader libico Muhammar Gheddafi. Salvo poi rettificare parzialmente, una volta alzatosi il polverone, specificando di aver “soltanto rilanciato un’ipotesi” ma di non avere in mano nuovi elementi.
🚨🇮🇹🇫🇷 Giuliano #Amato a Repubblica su #Ustica: "Si voleva fare la pelle a #Gheddafi, in volo su un Mig della sua aviazione. E il piano prevedeva di simulare una esercitazione della #NATO, con molti aerei in azione, nel corso della quale sarebbe dovuto partire un missile contro… pic.twitter.com/ebjpoej4y4
Da decenni ormai l’ipotesi che l’aereo Itavia precipitato nel mar Tirreno nel 1980 sia stato colpito da un missile è la più accreditata, al punto che nel 2013 la Corte di Cassazione aveva messo nero su bianco in una sentenza che questa tesi era ormai “abbondantemente e congruamente motivata”, respingendo il ricorso presentato dal ministero della Difesa e delle Infrastrutture e ribadendo che i parenti delle vittime del disastro andavano risarcite.
È la stessa verità che per anni ha avanzato Andrea Purgatori, il giornalista e autore televisivo per il quale la soluzione del mistero di Ustica ha rappresentato una delle principali battaglie giornalistiche e di vita, e che è scomparso proprio nel corso di questa estate. È la stessa verità raccontata ne IlMuro di Gomma, il film di Marco Risi uscito nel 1991 e basato proprio sulle indagini e sui resoconti di Purgatori.
Una tesi che però, a oggi, non è mai diventata verità processuale. Ma che Giuliano Amato ha rilanciato, appunto, nella recente intervista a Repubblica, affermando chiaramente: “Perché continuare a nascondere la verità? È arrivato il momento di gettare luce su un terribile segreto di Stato. Potrebbe farlo il presidente Macron, anche anagraficamente molto lontano da quella tragedia. E potrebbe farlo la Nato, che in tutti questi anni ha tenacemente occultato ciò che accadde nei cieli italiani”.
Parole forti, quasi definitive, quelle dell’ex premier, che nel 1986, in qualità di sottosegretario alla Presidenza del Consiglio nel governo Craxi, si batté molto per far emergere la verità, e che anticipano una ricostruzione chiara: “La versione più credibile è quella della responsabilità dell’aeronautica francese, con la complicità degli americani. Si voleva fare la pelle a Gheddafi, in volo su un Mig della sua aviazione. Il piano prevedeva di simulare una esercitazione della Nato, una messa in scena che avrebbe permesso di spacciare l’attentato come incidente involontario”.
Gheddafi però su avvisato da Bettino Craxi, il leader socialista che era venuto a conoscenza del piano, e non si imbarcò sul Mig. Che però volò lo stesso e, per paura di essere colpito, probabilmente si “nascose” utilizzando come scudo il Dc-9.
Ma c’è ancora chi parla della bomba a bordo
Tutto risolto dunque? No. Le parole di Amato hanno alzato un gran polverone e rimesso anche in moto la Procura, a 43 anni dai fatti (il reato di strage, fortunatamente, è uno dei pochi che non va mai in prescrizione) ma lo stesso ex presidente del Consiglio ha poi parzialmente riformulato i concetti, specificando di non essere in possesso di elementi nuovi, ma di aver solo avvalorato la tesi per lui più credibile. Inoltre, subito sono arrivate le reazioni di chi, nella politica e fuori, sposa l’altra tesi: quella dell’esplosione di una bomba a bordo del Dc-9, che sarebbe stata posta dai palestinesi su ordine di Yasser Arafat come rappresaglia per l’arresto di Abu Saleh, il referente per l’Italia del fronte di liberazione della Palestina.
Un altro ex sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, per esempio, negli scorsi anni si è battuto a sostegno dell’altra versione, quella appunto della bomba a bordo: Carlo Giovanardi. Il quale, quando nel 2011 lo Stato fu condannato dai giudici di Palermo ad un risarcimento record per i familiari delle vittime di Ustica, annunciò l’intenzione di impugnare la sentenza (sì, proprio quel ricorso che nel 2013 fu infine bocciato dalla Cassazione): l’anno prima, la Commissione d’inchiesta tecnica sulla strage di Ustica, guidata da Aurelio Misiti, aveva individuato “l’esplosione interna come causa della caduta dell’aereo”. Giovanardi nei giorni scorsi è tornato al contrattacco, definendo (e con lui Maurizio Gasparri in una conferenza stampa in Senato) le parole di Amato “scemenze”.
Anche i familiari delle vittime sono divisi
Ma l’assurdo della vicenda è che perfino i familiari delle 81 vittime del Dc-9 Itavia sono spaccati tra di loro. Giovanardi e Gasparri, infatti, hanno portato con loro in conferenza Giuliana Cavazza, presidente onoraria dell’Associazione per la verità sul disastro aereo, che ha ribadito come le parole di Amato “non sono rivelazioni ma la riproposizione di tesi di 27 anni fa, che fanno fare solo passi indietro nella ricerca della verità. Dall’altra parte, invece, c’è Daria Bonfietti, presidente dell’Associazione dei familiari delle vittime della strage di Ustica, che è di tutt’altro avviso: “Uno può crederci o non crederci, come può credere o meno al Covid e alla Terra piatta, ma la magistratura ha detto che il DC-9 è stato abbattuto nell’ambito di un episodio di guerra aerea, punto. Vogliamo sapere chi ha potuto abbattere un aereo civile in tempo di pace”. Vediamo se, nelle prossime settimane, qualche nuovo elemento verrà davvero fuori, oppure no.
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