Australia, c’è ancora speranza per la Grande barriera corallina

La barriera corallina più grande al mondo è minacciata dai cambiamenti climatici, ma ci sono delle strategie che potrebbero contribuire al suo salvataggio.

La Grande barriera corallina è un simbolo della bellezza dei mari e una delle sette meraviglie del mondo naturale, un vero paradiso per la natura marina. Situata al largo delle coste australiane è la più grande struttura al mondo costituita da un organismo vivente, si estende per oltre 3.000 chilometri ed è visibile anche dallo spazio. Come molti altri ecosistemi inestimabili è fortemente minacciata dai cambiamenti climatici.

Il riscaldamento degli oceani causa uno stress sempre maggiore agli organismi della barriera e provoca il fenomeno dello sbiancamento che uccide i coralli. A peggiorare la situazione, l’emissione nei mari degli scarichi dell’industria agricola colpisce direttamente la barriera e stimola la riproduzione della stella corona di spine, una stella marina che si nutre di coralli. Ora però i decenni di ricerche su come salvare l’ecosistema stanno iniziando a mostrare alcuni risultati promettenti. Sono state sviluppate diverse strategie e il governo australiano ha in programma di investire 379 milioni di dollari per sostenerne l’applicazione.

Gli effetti del riscaldamento climatico sulla Grande barriera corallina

La Grande barriera corallina è costituita da più di 2.900 singole barriere coralline costruite da milioni di polipi. Questi organismi formano alla loro base una dura struttura scheletrica che col tempo crea le forme dei coralli per come li conosciamo. I polipi sono organismi molli semitrasparenti e in realtà sono le alghe che questi ospitano a donargli i colori incredibili e i nutrienti di cui hanno bisogno. Lo sbiancamento avviene quando i coralli espellono le alghe che li nutrono, lasciando i polipi (creature estremamente sensibili che sopravvivono solo a determinate temperature) senza colore e in seguito provocandone la morte. La minaccia maggiore per la Grande barriera corallina è il riscaldamento globale, se questo supererà i 1,5 gradi la barriera non potrà sopravvivere. Quindi il modo più efficiente per proteggerla è assicurarsi che la temperatura dei mari non superi questa soglia.

Quando avviene lo sbiancamento i polipi possono sopravvivere per diversi giorni ed è già successo che alcune colonie si siano riprese. Ma lo sbiancamento rende la morte dei polipi molto più probabile. Una volta i casi di sbiancamento di massa erano eventi molto rari e drammatici, ma negli ultimi anni sono diventati sempre più frequenti e minacciosi. Negli ultimi cinque anni sono avvenuti almeno tre sbiancamenti di massa sulla Grande barriera corallina: nel 2016, nel 2017 e nel 2020. Le barriere individuali sono connesse tra loro attraverso il metodo di riproduzione dei coralli, ovvero la dispersione dei gameti e delle larve, che galleggiano seguendo le correnti. Questo rende le barriere più resistenti, ma per questo motivo, oltre ai danni diretti, lo sbiancamento di massa può anche rendere le barriere più isolate, e quindi più vulnerabili.

Pale and bleached coral reef, great barrier reef, coral bleaching
Uno sbiancamento di massa esteso su un intero sistema corallino © Oregon State University/Wikimedia

Le strategie per salvare la Grande barriera corallina

Incroci con coralli tolleranti al calore

Una delle strategie per salvare le barriere coralline consiste nell’allevamento selettivo di specie di coralli resistenti al calore. All’Australian institute of marine science vengono sperimentati incroci tra più di 25 specie di coralli, un metodo chiamato “flusso genico assistito”. I risultati iniziali sia degli studi in laboratorio che sul campo sono incoraggianti, i frutti degli incroci mostrano una maggiore tolleranza al calore. I coralli cresciuti in laboratorio vengono poi trapiantati in piattaforme artificiali costruite sul suolo marino, qui i coralli si sviluppano per poi essere attaccati a barriere esistenti. Un procedimento simile viene applicato ai coralli più resistenti, sopravvissuti in aree dove molti altri sono morti.

Un aspetto chiave di questa strategia è la ricerca di coralli con le caratteristiche necessarie al funzionamento di una barriera sana. Una specie particolarmente promettente, la Pocillopora acuta, è sopravvissuta a un aumento della temperatura fino a 2 gradi e potenzialmente può anche aiutare altri coralli comportandosi come un’alga dalla crescita rapida: spesso le aree dove si trovano coralli morti vengono invase da alghe che impediscono lo stabilimento di nuovi coralli, ma questa specie compete con le alghe e fa spazio allo sviluppo di specie di coralli dalla crescita più lenta.

Coral propagation, great barrier reef
Dei sub trapiantano coralli sani su una rete per far crescere coralli più resistenti © The U.S. Army/Flickr

Sostegno alla riproduzione naturale dei coralli

Un altro metodo utilizzato per salvare le barriere coralline consiste nella propagazione dei gameti corallini. I ricercatori hanno radunato milioni di gameti corallini maschili e femminili in una sorta di vivaio corallino per allevare nuove larve esposte ad alghe nutrienti. Normalmente i coralli integrano le micro-alghe in uno stadio più avanzato della loro crescita, ma l’introduzione delle alghe sin dai primi stadi assicura ai polipi la possibilità di acquisire più energia e di diventare più forti più velocemente. Inoltre vengono utilizzate alghe più resistenti alle temperature in crescita, e anche questo fattore aumenta la resistenza globale dei coralli.

Affrontare il problema dei predatori

Un’altra minaccia alla salute delle barriere coralline è costituita dalle enormi invasioni di stelle corona di spine che si estendono su tutta la barriera. Un esemplare di questa specie può ingerire fino a dieci metri cubi di corallo all’anno e una femmina può deporre fino a cinquanta milioni di uova. Qualche esemplare di stella marina non provoca troppi danni, ma l’aumento delle temperature dei mari e l’immissione di acque ricche di nutrienti da parte delle industrie agricole stanno contribuendo a un forte aumento della loro popolazione. Per nutrirsi questo organismo estroflette lo stomaco sui coralli e li digerisce esternamente. Dopo il suo passaggio, di quelle che erano colorate colonie di polipi restano solo i pallidi scheletri. Per cercare di limitare il loro numero, tra Cairns e Cooktown, in un tratto della Grande barriera corallina lungo 160 chilometri sono state raccolte mezzo milione di stelle corona di spine, su una popolazione totale di più di cinque milioni.

Terje Isungset passeggia e medita dopo la registrazione di Meditations sull'Artico canadese
Questa stella marina si nutre di coralli e lascia carbonato di calcio inerte dopo il suo passaggio © Johan J.Ingles-Le Nobel/Flickr

C’è ancora speranza

Le barriere coralline sono state chiamate “le foreste pluviali dei mari” non solo grazie alla loro bellezza vivace, ma anche per la loro incomparabile biodiversità. Inoltre sono una fonte di sostentamento per persone in tutto il mondo e giocano un ruolo essenziale nell’industria del turismo. Il loro valore è immenso. L’aumento delle temperature dei mari causato dai cambiamenti climatici mette in grave pericolo la più bella tra le barriere: la Grande barriera corallina. Fortunatamente da un crescente numero di ricerche emergono potenziali soluzioni per contrastare lo sbiancamento di massa e la proliferazione di predatori che ne mettono a repentaglio l’esistenza. È ancora da vedere se queste strategie avranno un impatto a lungo termine, e soprattutto il mondo intero deve adoperarsi per contrastare la sfida globale del riscaldamento climatico. C’è ancora speranza per la Grande barriera corallina.

Tradotto da

Siamo anche su WhatsApp. Segui il canale ufficiale LifeGate per restare aggiornata, aggiornato sulle ultime notizie e sulle nostre attività.

Licenza Creative Commons
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.

Articoli correlati