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Il governo della Svezia ha annunciato un piano per azzerare le emissioni nette di gas ad effetto serra. “Compensiamo i passi indietro di Donald Trump”.
Prendete gli annunci di Trump in materia di clima ed energia e immaginate, sostanzialmente, il contrario. Vi ritroverete catapultati in Svezia, nazione nella quale il primo ministro ha deciso di reagire duramente alle scelte che il nuovo presidente degli Stati Uniti ha fatto sapere di voler adottare.
Il capo del governo di Stoccolma, Stefan Lofven, ha infatti dichiarato senza mezzi termini che “le posizioni della nuova amministrazione americana sono inquietanti”. Anche per questo, la Svezia ha annunciato un nuovo piano di transizione ecologica, al fine di rispettare in pieno i termini dell’Accordo sottoscritto a Parigi al termine della Cop21 nel dicembre del 2015.
In particolare, la nazione scandinava ha deciso di impegnarsi per azzerare completamente le proprie emissioni nette di gas ad effetto serra, entro il 2045. La stessa normativa prevede ad esempio un taglio del 70 per cento alle emissioni del settore dei trasporti pubblici, da effettuare in questo caso entro il 2030. Il ministro delle Politiche climatiche, Isabella Lovin, ha spiegato che tale scelta dovrebbe essere condivisa da tutte le nazioni europee, al fine di impegnarsi ancor di più nella lotta ai cambiamenti climatici, “ora che gli Stati Uniti si stanno tirando indietro”.
La nuova legge – che entrerà in vigore il 1 gennaio 2018 – impegna anche i prossimi governi svedesi: essa infatti è stata approvata con un ampio accordo, raggiunto da sette degli otto partiti politici che siedono oggi in parlamento. Secondo Lovin, la Svezia vuole in questo modo dare l’esempio, in un periodo contraddistinto “dalla grande ascensione dei climatoscettici a livello mondiale”. In questo senso, la stessa Lovin ha lodato gli impegni assunti da Cina e India, ritenendoli “incoraggianti: Pechino ha investito miliardi e miliardi di dollari nell’energia solare”. Al contrario, ha aggiunto, “coloro che continueranno a voler finanziare le fonti fossili saranno i grandi perdenti”.
Sulla stessa lunghezza d’onda della Svezia, d’altra parte, ci sono ormai varie nazioni. È il caso ad esempio della Costa Rica, che soddisfa una percentuale enorme del suo fabbisogno energetico utilizzando idroelettrico, geotermico, solare, eolico. Ma anche del Nicaragua, che già oggi raggiunge il 55 per cento di energia prodotta da fonti rinnovabili e punta a toccare il 90 per cento entro il 2020.
Ma anche grandi nazioni industrializzate potrebbero arrivare a consumare solo energia prodotta da fonti pulite. A dimostrarlo è stata a più riprese l’Agenzia francese per l’ambiente e la gestione dell’energia (Ademe), i cui studi spiegano che la nazione europea potrebbe essere alimentata, entro il 2050, unicamente da fonti di energia rinnovabile. Una conclusione confermata di recente da un altro rapporto dell’associazione négaWatt. Non è dunque una questione di fattibilità tecnica, ma di volontà politica.
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