![In Kazakistan cresce l’ecoturismo, tra la steppa e le montagne dell’Asia](https://cdn.lifegate.it/4n5r3I7l4oVne9wWsSSlQd1OP7E=/470x315/smart/https://www.lifegate.it/app/uploads/2024/07/kazakistan.jpg, https://cdn.lifegate.it/gLEgAEVR7hIWmzXuPgPfPcFO6c0=/940x630/smart/https://www.lifegate.it/app/uploads/2024/07/kazakistan.jpg 2x)
Aumentano le opportunità per fare esperienze di viaggio eco-friendly in Kazakistan, anche grazie ai nuovi incentivi per lo sviluppo del turismo legato alle comunità locali
Per il segretario generale della World tourism organization, Taleb Rifai, un turismo sostenibile può aiutare anche a raggiungere gli obiettivi dell’Agenda 2030.
“Travel is a human right”, viaggiare è un diritto umano, “come quello al lavoro o alle cure mediche”. Farlo in una maniera sostenibile, rispettosa e che aiuti la crescita della popolazioni visitate è un dovere correlato e ineludibile. In Italia per partecipare a un convegno sulla via italiana al turismo sostenibile organizzato dal ministero dei Beni culturali e del turismo, il segretario generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per il turismo mondiale (Unwto), il giordano Taleb Rifai, lo dice a chiare lettere: il turismo, certo, ha un forte impatto sulle economie, essendo “la terza industria di export mondiale” ma può e deve avere un impatto decisivo a livello sociale e culturale. Come? Innanzitutto buona parte dei profitti del turismo “devono essere investiti nella cultura e nella crescita del paese e nella sua conservazione. Crescita da una parte e sostenibilità dall’altra non sono due cose in contraddizione”. Ma soprattutto, ci vuole rispetto.
Dottor Rifai, l’Unwto si è dato per il 2017, Anno internazionale del turismo sostenibile per lo sviluppo, il motto “Travel-enjoy-respect. Perché il concetto di “rispetto” è così importante nell’approccio a un viaggio?
Perché il rispetto è la base della sostenibilità. Non si possono avere reali, genuine pratiche sostenibili se non si rispetta la gente, la società e l’ambiente: senza tutto ciò, la sostenibilità è una cosa artificiale. Il “respect” deve arrivare attraverso le persone, i viaggiatori in particolar modo, alle genti di tutto il pianeta e all’ambiente in cui vivono.
Sembrerebbe però a prima vista un concetto fondamentale ma del tutto individuale, lasciato alla coscienza del singolo viaggiatore: cosa si può fare invece a livello istituzionale per instillare il rispetto nelle persone?
La politica può fare due cose. La prima è aumentare la consapevolezza del fatto che quando vai in posto devi rispettare: è necessario creare una pubblica consapevolezza, attraverso i media e tutti i mezzi di comunicazione. La seconda è operare attraverso leggi, raccomandazioni, regolamenti, per non trovarci più davanti a reazioni come quelle che abbiamo visto a Barcellona, dove non vogliono più turisti: tutto quello che dobbiamo fare è mettere delle regole, per esempio che ci sia un numero minimo di persone locali rispetto ai turisti in ogni posto che si visita. Consapevolezza e regole, sono queste le cose che servono.
? SG #UNWTO #TalebRifai “Italy ?? is a cultural leader, if culture is the story, tourism is the publisher of this story” @LAGNroma #IY2017 pic.twitter.com/4DDF9bI1ci
— UNWTO (@UNWTO) 14 giugno 2017
Nel suo intervento al convegno del Mibact, lei ha parlato dell’Italia come di un leader culturale…
L’Italia ha avuto 52 milioni di turisti stranieri nel 2016, è il quinto paese più scelto nel mondo. Una delle cose più importanti è mantenere unite sotto lo stesso ministero le governance della cultura e del turismo. Questo è molto importante, e in Italia in particolare ha molto senso per la sua storia. Se ci fossero due diverse amministrazioni le cose sarebbero molto più complicate, ci sarebbero dei conflitti tra le due governance. Dovete mantenere questo approccio.
Eppure l’Italia può fare anche molto di più per essere davvero un esempio a livello mondiale, giusto?
Sì, detto questo l’Italia deve crescere: non deve limitarsi a essere leader nel turismo ma diventare leader del turismo sostenibile, e della protezione e preservazione del patrimonio. E in questo c’è ancora molto lavoro da fare: ora c’è una leadership numerica, di crescita dei flussi turistici, ma questa leadership deve trasformarsi in un esempio di buone pratiche, non solo di business.
Per il 2030 Le Nazioni Unite hanno fissato 17 obiettivi per lo sviluppo sostenibile: in quali di questi il turismo può avere un impatto significativo?
Credo tutti, a partire dal primo, quello sulla povertà zero. C’è una cosa che noi chiamiamo “turismo sostenibile per la sviluppo” è un programma molto importante che è basato sul contributo del turismo per sollevare la gente dalla condizione di povertà: creazione di posti lavoro, commercio, preservazione ambientale. Il turismo è menzionato in maniera diretta nell’obiettivo su lavoro dignitoso e crescita economica (in cui si legge come obiettivo “creare e applicare politiche per promuovere un turismo sostenibile che crei lavoro e promuova cultura e prodotti locali”, ndr) su consumo e produzione responsabile (“sviluppare e applicare strumenti per monitorare del turismo sostenibile sullo sviluppo”) e sulla vita marina (“Aumentare i benefit per l’uso sostenibile delle risorse marine, anche attraverso un management responsabile nel settore turistico”). Ma in tutti gli obiettivi è compreso il turismo, dobbiamo trattarlo come un tema trasversale.
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