L’amministrazione americana sceglie di proteggere l’Alaska dall’espansione dell’industria petrolifera e mineraria.
La Tanzania vuole vendere il suo avorio
Il paese dell’Africa orientale ha presentato una richiesta di autorizzazione ufficiale alla Convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate di estinzione (Cites) per vendere una scorta di oltre cento tonnellate di avorio a Cina e Giappone.
Chiedere di vendere le scorte di avorio e di
abbassare il livello di protezione degli elefanti in un momento in
cui il bracconaggio è in aumento. È
quello a cui sta pensando il governo della
Tanzania promettendo che i proventi verrebbero
utilizzati solamente per proteggere la comunità di
elefanti del paese e finanziare programmi per
aumentare la varietà di specie animali.
La risposta degli ambientalisti non si è fatta
attendere. Molti hanno bollato la richiesta come “ridicola”
sostenendo che mettere in commercio grandi quantità di
avorio rischia di confondere l’opinione pubblica, stimolare la
domanda e dare nuova linfa alla caccia e al commercio
illegale.
L’Environmental investigation agency (Eia), una ong fondata nel 1984 per
indagare sui crimini commessi contro la fauna e l’ambiente, ha
fatto sapere attraverso la voce della presidente Mary Rice che gli
stati che fanno parte della Cites dovrebbero “rigettare tale
richiesta nel corso del prossimo vertice di marzo facendo passare
il messaggio che l’avorio è insaguinato in ogni caso”. Anche
se si tratta di quello presente nelle casseforti dei governi.
Una soluzione alternativa? A giugno
il Gabon, insieme a Traffic e Wwf, ha bruciato le sue scorte
per evitare che anche solo una zanna venisse usata per alimentare
il mercato nero.
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