10 cose da sapere su Tiangong-1, la stazione spaziale cinese che sta precipitando

La stazione spaziale cinese Tiangong-1 sta precipitando sulla terra, dopo che il centro di controllo ha perso ogni possibilità di contatto. Anche l’Italia potrebbe essere interessata. Il Cnr e l’Esa rispondono alle domande più frequenti.

Lanciata a settembre 2011, Tiangong-1 è stata la prima stazione spaziale cinese, impiegata per lo più in test sperimentali. Nel 2012 ha ospitato i prime tre astronauti cinesi, che sono rimasti a bordo per nove giorni e mezzo, mentre nel 2013 un secondo equipaggio ha trascorso 11 giorni all’interno della stazione. Nel marzo 2016 in centro di controllo ha però perso ogni possibilità di contatto e di conseguenza di fornire comandi, come l’accensione dei razzi ausiliari. Da quel momento, invece di stazionare nella fascia denominata come “cimitero spaziale”, ha iniziato a perdere quota, fino ad entrare nell’atmosfera e rischiare di disseminare i vari frammenti sul pianeta, che potrebbero giungere anche in Italia.

Tiangong-1
Il lancio della stazione spaziale cinese, a settembre 2011. Foto © Lintao Zhang/Getty Images

10 domande (faq) sulla stazione spaziale cinese Tiangong-1

L’Esa (European space agency) e l’Istituto di scienza e tecnologie dell’informazione “A. Faedo” del Cnr  – a firma di Luciano Anselmo e Carmen Pardini -, hanno però preparato una serie di Faq (Frequently asked question), che rispondono alle domande più frequenti. Come, ad esempio, dove cadranno i frammenti e quali sono le probabilità di incidenti.

1. Quanto è grande il rischio rappresentato da un rientro incontrollato?

A livello internazionale, la probabilità di essere colpiti da un frammento è dell’ordine di uno su centomila miliardi (cioè 1:100.000.000.000.000). Confrontata con i rischi cui andiamo incontro nella vita di tutti i giorni, si tratta di una soglia bassissima. Tanto per fare un paio di esempi, la probabilità di essere colpiti da un fulmine è 130.000 volte maggiore.

2. Cosa si intende per rientro nell’atmosfera?

Per convenzione, il limite è fissato alla quota di 120 km, al di sopra del quale un’orbita circolare è ancora marginalmente possibile, anche se di brevissima durata, mentre al di sotto no. In generale si parla quindi di rientro nell’atmosfera quando un veicolo spaziale scende alla quota di 120 km. Ma siccome in gran parte dei casi la struttura principale di un satellite rimane integra fino alla quota di 80 km, spesso, quando si parla di previsioni di rientro, ci si riferisce appunto al raggiungimento della quota di 80 km.

3. Una volta che rientra e si disintegra, qual è il rischio che qualche pezzo arrivi a terra?

Tiangong-1 è un grande veicolo spaziale paragonabile per dimensioni e massa ad altre stazioni spaziali e navi da carico di uso frequente. Dal monitoraggio dei rientri controllati di questi tipi di veicoli spaziali, si può ipotizzare che il Tiangong-1 si romperà durante il suo rientro atmosferico e che alcune parti raggiungeranno la superficie della Terra.

4. Qualcuno saprà in anticipo la posizione precisa e l’orario di rientro?

Solo a partire da un giorno prima del rientro effettivo sarà possibile prevedere approssimativamente quali tracce terrestri, e quindi quali regioni della Terra, potrebbero assistere al rientro. In generale, l’incertezza associata a una previsione di rientro incontrollata è dell’ordine del 20 per cento della durata orbitale residua:  anche 7 ore prima del rientro effettivo, l’incertezza sul luogo della rottura è una rivoluzione orbitale completa – che significa più o meno migliaia di km.

5. Come si distribuiscono i frammenti?

I frammenti potranno precipitare su un’area approssimativamente rettangolare, lunga dagli 800 ai 2000 km, nella direzione del moto, e larga circa 70 km, perpendicolarmente alla direzione del moto. Su Tiangong-1 sono tuttavia ancora presenti circa 3 quintali e mezzo di propellente usato per le manovre. Nel caso (improbabile) che si verifichino delle esplosioni ad alta quota durante il rientro, alcuni frammenti potrebbero quindi essere proiettati lateralmente anche a un centinaio di km di distanza dalla traiettoria originaria.

6. Dove può avvenire il rientro?

In linea di principio, il rientro potrebbe avvenire in qualunque località del pianeta compresa tra i 43 gradi di latitudine sud e i 43 gradi di latitudine nord. L’Italia è quindi divisa in due, con le località a nord del 44° parallelo escluse a priori da qualunque conseguenza, e quelle a sud potenzialmente a rischio.

7. Perché non è possibile prevedere il rientro con largo anticipo?

Gran parte dei satelliti che rientrano nell’atmosfera lo fanno da orbite basse quasi circolari, si muovono cioè quasi tangenzialmente rispetto agli strati atmosferici di densità crescente. Piccole variazioni di questo angolo, già vicino allo zero, possono produrre delle traiettorie ben diverse, un po’ come succede quando tiriamo un sasso nell’acqua di uno stagno. Se l’angolo di incidenza è poco più che radente, il sasso si inabissa nel punto di contatto con l’acqua, ma se il sasso colpisce la superficie di striscio, può rimbalzare una o più volte e non è facile prevedere a priori dove potrà alla fine immergersi. A parte questo effetto, che dipende dalla particolare geometria della traiettoria, esistono diverse altre sorgenti di incertezza, quali:

  • l’orbita di partenza, determinata da radar e telescopi basati a terra, è affetta da un certo errore;
  • l’orientazione nello spazio dell’oggetto non è costante, ma può evolvere in maniera complicata e spesso imprevedibile;
  • anche i migliori modelli di atmosfera sono affetti da errori, che variano in funzione del tempo e delle condizioni ambientali;
  • le previsioni dell’attività solare e geomagnetica, che influiscono sulla densità atmosferica, sono affette da incertezze, un po’ come succede per le previsioni meteorologiche.

8. Chi ha fatto o sta facendo qualcosa?

La Cina ha notificato l’imminente rientro all’ufficio delle Nazioni unite per gli affari spaziali esterni (Unoosa) e si è impegnata a migliorare il monitoraggio e le previsioni del decadimento orbitale, richiedendo una campagna di monitoraggio e divulgazione all’Interagenzia debris coordination committee (Iadc). I membri Iadc utilizzeranno questo evento per condurre la loro campagna annuale di test di rientro. Il rientro di Tiangong-1 è inoltre monitorato anche in Italia: il Laboratorio di dinamica del volo spaziale dell’Istituto Isti del Consiglio nazionale delle ricerche di Pisa, attivo in questo settore dal 1979, da molti mesi ormai analizza l’evoluzione orbitale dell’oggetto ed elabora autonomamente previsioni di rientro distribuite a enti nazionali e internazionali.

Aggiornamenti regolari vengono forniti tramite il sito web della China Manned Space Agency in cinese e inglese.

9. Che cosa è possibile prevedere?

Nelle ultime 36 ore si può cominciare a escludere progressivamente delle aree del pianeta sempre più vaste, via via che ci si avvicina al rientro, sperando di eliminare alla fine più del 97 per cento delle aree inizialmente considerate a rischio. In questo modo, per esempio, l’Italia può essere esclusa quasi sempre almeno diverse ore prima che il rientro abbia luogo. Per le aree residuali che restano invece all’interno della finestra temporale di incertezza fino alla fine, non resta che assumere le misure precauzionali decise preventivamente, aspettare, e vedere, tenendo comunque conto che il rischio effettivo rimane piccolissimo.

10. Come è fatta e quanto è grande?

Tiangong-1 consiste approssimativamente di due moduli cilindrici montati uno sull’altro: quello di servizio, con un diametro di 2,5 m, e quello abitabile, con un diametro di 3,4 m. La lunghezza complessiva è di 10,5 m. Su lati opposti del modulo di servizio sono anche attaccati, perpendicolarmente all’asse di simmetria dei cilindri, due pannelli solari rettangolari, larghi 3 m e lunghi 7 m.

Testi e domande sono tratti direttamente dall’Istituto di scienza e tecnologie dell’informazione e dell’Esa

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