La capacità rinnovabile globale crescerà di 2,7 volte entro il 2030, superando le ambizioni dei Paesi di quasi il 25%. Ma è ancora lontana dal triplicarsi.
Come stanno davvero le cose sulle trivelle nello Ionio
Dopo il primo vial libera del governo a nuove concessioni petrolifere che ha scatenato le critiche di ambientalisti/No Triv e la componente M5s del governo, ora il governo ha preparato un emendamento per bloccare il rilascio di circa 36 permessi esplorativi.
È di nuovo polemica attorno al tema delle trivelle che periodicamente attira l’attenzione e fa infervorare gli animi tra i sostenitori e i contrari. Ma questa volta la situazione è più complessa, da un lato restano sempre gli ambientalisti e il Coordinamento nazionale No Triv che denuncia il governo di aver autorizzato concessioni esplorative nelle aree del mar ionio di Puglia, Basilicata e Calabria. Dall’altra parte c’è la componente “pentasetellata” del governo che sostiene di aver semplicemente adempiuto a decisioni prese dal precedente governo e ribadisce la sua contrarietà alle trivelle. Dopo le accese critiche degli ultimi giorni, il governo ha deciso di correre ai ripari e ha preparato un emendamento ‘blocca trivelle’ che sarà presentato nel decreto semplificazione. Ma la Lega tira il freno e si dice contraria a un “no alle trivelle per partito preso”.
Ma vediamo come stanno le cose.
I decreti che autorizzano l’esplorazione alla ricerca di idrocarburi
Sul Bollettino ufficiale degli idrocarburi e delle georisorse del 31 Dicembre 2018, edito dal ministero dello Sviluppo economico, sono stati pubblicati tre decreti relativi al Conferimento del permesso di ricerca di idrocarburi liquidi e gassosi convenzionalmente alla società Global med, per un periodo di sei anni, relativamente a tre aree:
- permesso F.R43.GM,ubicato nel Mare Ionio, zona marina “F” con un’estensione del permesso di ricerca pari a 729,5 kmq
- permesso F.R44.GM,ubicato nel Mare Ionio, zona marina “F” con un’estensione del permesso di ricerca pari a 744,6 kmq
- permesso F.R45.GM,ubicato nel Mare Ionio, zona marina “F” con un’estensione del permesso di ricerca pari a 744,6 kmq
Nel testo del decreto si autorizza l’uso degli airgun e nello specifico si legge: “l’Airgun è ad oggi considerata la tecnica più efficace per lo studio delle caratteristiche geologiche del sottosuolo marino, non solo ai fini della ricerca di idrocarburi ma anche a scopi scientifici e di protezione civile”; “si riscontra l’assenza di una correlazione provata del tipo causa-effetto degli impatti degli Airgun sui mammiferi marini”.
Le reazioni degli ambientalisti e del Coordinamento No Triv
Netta le reazione del coordinamento che per voce di uno dei suo fondatori, il costituzionalista Enzo di Salvatore, in un post su Facebook ha scritto: “Per ben sei mesi il Governo non ha autorizzato alcuna ricerca petrolifera né alcuna (nuova) attività estrattiva. Ora ha ceduto. Il bello è che tutto ciò che si opponeva ai governi precedenti è riproposto dal governo attualmente in carica: il fatto che sia autorizzata la ricerca con l’airgun (quando con una sua proposta il M5S avrebbe voluto che l’utilizzo di tale tecnica fosse reato); il fatto che siano prorogati titoli già scaduti (quando il governo Monti e il governo Renzi furono aspramente criticati proprio per questo); il fatto che il limite dei 750 kmq previsti dalla legge sia, nei fatti, aggirato dal momento in cui si accordano ad una stessa multinazionale due permessi contigui, ciascuno dei quali non è superiore ai 750 kmq (ma la somma fa quasi 1.500 kmq)”.
Cosa dice il ministro dell’Ambiente Costa
Il ministro dell’Ambiente Sergio Costa, con un comunicato stampa e successivamente in un post su Facebook, spiega che nella vicenda lui non ha nessun ruolo e che “da quando sono ministro non ho mai firmato autorizzazioni a trivellare il nostro Paese e i nostri mari e mai lo farò”.
Costa ribadisce di non essere diventato ministro dell’Ambiente per riportare l’Italia al Medioevo economico e ambientale e che i permessi rilasciati in questi giorni dal Mise sono purtroppo il compimento amministrativo obbligato di un sì dato dal ministero dell’Ambiente del precedente governo.
Cosa dice il ministro dello Sviluppo economico Di Maio
Il ministro dello Sviluppo economico e vice premier Di Maio risponde a chi lo accusa di aver tradito le promesse elettorali con un post su Facebook in cui scrive: “Oggi mi si accusa di aver autorizzato trivelle nel mar Ionio. È una bugia. Queste ‘ricerche di idrocarburi’ (che non sono trivellazioni) erano state autorizzate dal governo precedente e in particolare dal Ministero dell’Ambiente del Ministro Galletti che aveva dato una Valutazione di Impatto Ambientale favorevole. A dicembre, un funzionario del mio ministero ha semplicemente sancito quello che aveva deciso il vecchio Governo. Non poteva fare altrimenti, perché altrimenti avrebbe commesso un reato”.
Si poteva bloccare prima il processo autorizzativo?
Enzo di Salvatore, in un’intervista a Radio Cusano Campus, sostiene che il processo autorizzato poteva essere bloccato cambiando il quadro normativo. Lo aveva già fatto il ministro Prestigiacomo nel 2010 durante il governo Berlusconi, quando con i procedimenti in corso per il rilascio di un titolo aveva chiesto e ottenuto di bloccare i procedimenti entro le 12 miglia marine. Anche questa volta si sarebbe potuto bloccare il procedimento quando ancora non era stato emanato il decreto di concessione, senza incorrere in nessuna penale perché il procedimento era in corso, ma nulla è stato fatto e in sei mesi di governo, nessuna proposta di legge è stata avviata per bloccare le concessioni esplorative.
Dopo le critiche M5s corre ai ripari con un emendamento che non piace alla Lega
Il governo, secondo quanto si legge in una nota stampa del Mise, ha concluso ieri la preparazione di un emendamento al decreto semplificazione che prevede l’introduzione del Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee (Ptesai). Nell’emendamento si afferma che ‘le attività upstream non rivestono carattere strategico e di pubblica utilità, urgenza e indifferibilità’.
L’emendamento – secondo quanto ha spiegato Davide Crippa sottosegretario allo Sviluppo economico con delega all’energia – prevede che fino all’approvazione del Ptesai, con un termine massimo di tre anni, saranno sospesi i permessi di prospezione e di ricerca già rilasciati, nonché i procedimenti per il rilascio di nuovi permessi di prospezione o di ricerca o di coltivazione di idrocarburi. Grazie a tale moratoria, sarà impedito il rilascio di circa 36 titoli attualmente pendenti compresi i tre permessi rilasciati nel mar Ionio. L’emendamento verrà discusso nei prossimi giorni in Commissioni riunite Affari costituzionali e lavori pubblici, comunicazioni.
Non fila tutto così liscio, Salvini dalla trasmissione di Porta a Porta ha fatto sapere che “Trivellare vicino alla costa no, ma dire no per partito preso a ricerche di energia in mezzo al mare no. Non possiamo far finta che il mondo si sia fermato”. Anche la sottosegretaria all’Ambiente Vannia Gava, sempre della Lega, si è detta contraria al blocco delle autorizzazioni per le trivelle sostenendo che non è possibile permettere che “la paura blocchi lo sviluppo”. Insomma, la vicenda è tutt’altro che chiusa.
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