Valentina Moretti. Da Richard Neutra a Moretti-More, la mia casa ideale è… la tua

Quella delle case su misura, prefabbricate, di lusso è un’area alquanto inesplorata dell’architettura, nuova e tutta da scoprire. Lo fa Moretti-More. Valentina Moretti, creatrice del marchio, ci ospita nella sua bellissima casa – prefabbricata – nel parco dell’azienda agricola Bellavista per parlare di riflessioni, di ribellioni, di miglioramenti, del padre Vittorio Moretti, di Richard Neutra, dell’ideale di casa e di un personale e pragmatico approccio alla bellezza.

Il payoff “Infinite variazioni per una casa unica, la tua” scelto da Moretti-More s’innesta perfettamente nella linea di creazione di percorsi esperienziali unici nella fruizione di ogni cosa, esigenza amplificata dai modelli di comunicazione odierni, improntati alla velocità, ai social, alla personalizzazione.

Ci sono anche forti componenti di sostenibilità: la concezione stessa della casa prefabbricata innesca una serie di misure improntate all’efficienza, alla razionalità costruttiva, all’uso di materiali atossici. In più gli elementi costitutivi del progetto, i materiali, le energie rinnovabili, la domotica, tendono decisamente verso il modello di smart city e di tutela del paesaggio.

Valentina Moretti, creatrice di Moretti-More, ci accoglie nel soggiorno della casa immersa nel verde della Franciacorta, nel cuore verde dell'azienda agricola Bellavista. © Nuphap Aunyanuphap / IdLab
Valentina Moretti, creatrice di Moretti-More, ci accoglie nel soggiorno della casa immersa nel verde della Franciacorta, nel cuore dell’azienda agricola Bellavista. © Nuphap Aunyanuphap / IdLab

Incontriamo Valentina Moretti, ideatrice di Moretti-More, nella sua bellissima casa – prefabbricata! – in Franciacorta, all’interno dell’incantevole parco dell’azienda agricola Bellavista, a Erbusco, in provincia di Brescia, per capire come, da un’industria enorme con cinquant’anni di esperienza, può fiorire una gemma come Moretti-More.

Moretti-More nasce sotto l’egida di Moretti – Building on Human Values, azienda con oltre cinquant’anni di storia. Da quali riflessioni è nato questo progetto? Con quali obiettivi? Oggi, quali sono le dimensioni dell’azienda?
Moretti-More nasce nel 2009, inizialmente come un workshop di pochi mesi in risposta alla chiamata di mio padre, Vittorio Moretti, che mi propose di ritornare a casa in Italia, dato che ero a New York… dove stavo felicissimamente. La startup viene lanciata sul mercato nel 2011. Ho iniziato questo percorso sulla base del primo quesito che ci siamo posti: come innovare l’industria Moretti, che ha un’esperienza unica, una lunga storia di fabbricati e prefabbricati in cemento e in legno, con servizi chiavi in mano dedicati ad architetti, progettisti, investitori? Oggi siamo in sei, perseguendo l’obiettivo di rimanere agili. Chiaramente operiamo all’interno del gruppo Moretti che ha 210 dipendenti, quindi sfruttiamo sicuramente molte sinergie.

Quali sviluppi si prevedono per il futuro?
Abbiamo costruito finora otto case, quest’anno ne costruiremo cinque e l’obiettivo è costruirne cinquanta all’anno entro dieci anni.

Vittorio Moretti è un imprenditore visionario, a lui devono i natali più aziende nell’ambito delle costruzioni, dell’hotellerie (L’Albereta, L’Andana) e del vino (Bellavista, Contadi Castaldi, La Badiola e Petra). Cosa ha significato essere cresciuta con un padre come lui?
È un discorso molto ampio. Non mi è mai mancato nulla, quindi la mia prima domanda non è mai stata come procurarmi il pane quotidiano, bensì come fare di più e meglio. Ho sempre visto mio padre nell’ottica della sfida a migliorare, quindi è sempre stato un grande stimolo. E così è anche oggi la nostra relazione, stimolante, di scontro e di confronto. La ricerca della mia identità è stata dunque importantissima e spazia sul versante culturale del design e dell’architettura, approfondendo tematiche costruttive che in Moretti sono ancorate all’efficienza, alla tecnologia, alla velocità, all’organizzazione dei cantieri. Adesso il mio obiettivo è traslare in modo organico questo enorme know-how verso l’architettura, l’estetica, il rispetto della materia. Per me, questa è l’architettura: creare un organismo coerente in tutte le sue parti, in modo armonico.

In una precedente intervista, non hai avuto remore a ricordare di essere un po’ la ribelle di famiglia, giusto?
Sì, ora definirei ribelle la mia attitudine: sono una “rompiscatole”, nel senso che se mi viene detto che una cosa è sempre stata così, il mio primo atteggiamento è “Perché, chi l’ha detto, potrebbe essere fatta in un altro modo”. Mi da anche fastidio essere etichettata in un target, in una categoria. Creando Moretti-More, quando facevamo le analisi di mercato alla ricerca di competitor io dicevo: “Non ci sono competitor”. Noi siamo diversi. Perché lavoriamo sull’unicità della persona.

Siamo reduci dall’esperienza di 999 domande sull’abitare contemporaneo in Triennale di Milano, dove abbiamo visto e toccato con mano una miriade di reinterpretazioni ed evoluzioni del concetto di abitare, dalle case per i malati di Alzheimer ai kook sharing, fino alle shared house. Come definireste ora, oggi, il vostro concetto di abitare?
Sì, sto cercando di elaborare un manifesto dell’abitare secondo Moretti-More. Sto cercando di farlo con i miei clienti. Ci sono due aspetti.

Uno, l’unicità della persona. Portiamo il cliente a ragionare sulla propria unicità. Ogni tanto ci portano riviste con le foto di case, appartamenti, arredi. No. Noi chiediamo: “Come vivi, tu?”. Interroghiamoci su quali sono i bisogni primari di ogni individuo: “Quando ti svegli, qual è la prima cosa che fai? Come fai colazione? La sera, coi tuoi figli, cosa fai?”. Dobbiamo mettere la persona che acquista nella miglior condizione per poter compiere una scelta, dandogli gli strumenti.

Due, l’assunzione di responsabilità. Nel momento in cui tu costruisci un immobile, diventa parte integrante del paesaggio. Il tuo vicino lo vedrà, i figli del tuo vicino lo vedranno, chi passa per strada lo vedrà. Il vuoto che c’era prima diviene un edificio. Se, per esempio, costruisci qualcosa di fintamente antico, emulando lo stile di una vecchia cascina, tu stai annullando un’epoca. Perché tra cinquant’anni, quando vedranno una casa costruita nel 2018 con lo stile di un secolo fa, penseranno che il 2018 non aveva uno stile. Ciò che costruisci durerà oltre cinquant’anni. Ritrovo qui un messaggio simile alle riflessioni che stiamo facendo sul cibo. Come quel che mangi diventa parte di te, così anche quello che costruisci concorre a definire la tua vita, la tua famiglia, il tuo essere e, da quel momento, farà parte del paesaggio.

“Far capire che il prefabbricato può voler dire qualità” sembra una contraddizione. Così, sulla base di quest’aspirazione, nacque l’idea; ma come hai composto i tasselli per costruire il team dedicato a quest’impresa? Quali sono state le priorità, cosa c’era da fare come prima cosa?
La priorità è stata capire, avendo una grande industria come la Moretti a disposizione con grandissima capacità di progettazione, di velocità, di uso delle materie, di conoscenze, come trarne il meglio, come valorizzare tutta questa forza industriale ulteriormente.

La risposta che abbiamo trovato è stata che poter velocizzare, poter controllare, poter preprogettare significa abbattimento dei tempi, abbattimento dei costi, controllo della qualità.

Il mio primo obiettivo era dare qualità a prezzi accessibili, a prezzi di mercato. In sintesi, sfruttare l’industria per portare l’architettura nel paesaggio quotidiano.

Ma, dato che le zone in cui vivi e in cui siamo – tra i vigneti della Franciacorta, per esempio – sono magnifiche, in realtà vivere, lavorare, passeggiare per queste zone ha influenzato il progetto Moretti-More fin dalle sue radici (è il caso di dirlo)?
Sì, ma è una riflessione che si accompagna a un’evoluzione. Io sono nata e cresciuta nel bello, nel senso di questo verde, della natura sia intatta che coltivata, qui c’è la vigna, c’è il rispetto del paesaggio. Però poi, con i miei studi in Svizzera, a Mendrisio, all’Accademia di architettura dell’Università della Svizzera italiana, ho potuto comprendere meglio qual è il mio concetto di bello.

 

Qui, Valentina Moretti mostra le qualità materiche ed estetiche del cemento pigmentato che caratterizza con potenza e autenticità tutto il soggiorno. © Nuphap Aunyanupha / IdLab
Qui, Valentina Moretti mostra le qualità materiche ed estetiche del cemento pigmentato che caratterizza con potenza e autenticità tutto il soggiorno. © Nuphap Aunyanupha / IdLab

 

La definizione di bellezza secondo Valentina Moretti?
Per me il bello è riuscire a mettere insieme le complessità che stanno dietro a un progetto. Conoscevo benissimo Gualtiero Marchesi, viveva qui accanto. Era molto affezionato a me, e quando andavo da lui e mi spiegava un piatto, la cosa che mi colpiva di più, quasi arrivando a commuovermi, era che, per esempio, la sua celebre “milanese” era così per un motivo. Non era per formalismo, era così perché quel particolare taglio manteneva il succo e la consistenza nel giusto modo. Dalla tecnica e dal rispetto della materia, risulta la bellezza della forma. È così anche per l’architettura.

In questa casa, come in tutte le nostre case, la bellezza è la nudità, è nella verità della struttura.

Ludwig Mies Van Der Rohe è in questo, secondo me, l’architetto esemplare, perché faceva sì che la struttura creasse l’estetica dell’edificio.

E questa è la mia battaglia costante con tutti gli ingegneri dell’azienda, che mi propongono di partire dall’effetto estetico. Invece io voglio che in ogni elemento la sua bellezza sia dichiarata, che sia la sua verità.

E una definizione di sostenibilità. Quella di LifeGate è che la sostenibilità è ecologica, ma non solo. Vuol dire che sorregge l’ambiente, sorregge le persone, sorregge la cultura, e apporta ricchezza al luogo. Coincide con la tua?
Assolutamente sì. La sostenibilità è un modo di vivere, un modo di fare, un atteggiamento che permea le scelte quotidiane, gli acquisti. Il mio invito è farsi delle domande prima di compiere le scelte. Se riesci a giustificarle, è sostenibile, quindi ragionevole.

A proposito di scelte, allora, facciamo un breve “film” del processo di acquisto di una casa Moretti-More. Il cliente viene dove, in quale ufficio? Ha già un’idea, un’ambizione, una volontà vaga, un disegno in mente? E voi come lo accompagnate verso le soluzioni migliori?
La sede centrale di Moretti-More è presso l’industria Moretti. Il cliente che arriva viene accompagnato a vedere la “casa vetrina”, qui vicino, affacciata sul golf di Franciacorta. Lì il direttore o il referente commerciale gli racconta la filosofia Moretti-More. È una casa sperimentale costruita in due mesi nel 2011 dove abbiamo potuto testare parecchi dettagli. Alcuni di questi possono non piacere, di primo acchito. E lì diventa un appuntamento conoscitivo, dove il nostro responsabile pone tantissime domande al cliente. Adesso abbiamo addirittura implementato un questionario preliminare che i clienti possono fare online ancora prima di venire in sede, in cui si va a prefigurare, attraverso le foto, il tuo ideale di casa, creando una sorta di Pinterest della persona.

Quanto costa una casa Moretti-More?
Il nostro range di costo varia molto in base alle dimensioni della casa. Più piccola è, più incide al metro quadro, più grande è, meno incide. Va dai 1.700 ai 2.000 euro al metro quadro. In questo prezzo si ha tutto, a differenza degli altri: con noi è inclusa la progettazione, gli scavi e le fondazioni.

Il tema dell’energia rinnovabile ci sta particolarmente a cuore. Possiamo dire che le case Moretti-More sembrano “fatte” per le energie rinnovabili? Non solo per le tecnologie in sé, ma anche, diciamolo, per l’emancipazione e il progressismo dei potenziali acquirenti, di sicuro attenti all’ambiente, ai materiali, e alla qualità della vita.
Dipende dai clienti. Ci sono quelli che vengono da noi attratti principalmente dal design, e quelli invece molto più attenti all’aspetto energetico. La domotica è parte integrante dei nostri progetti, e si sposa all’efficienza energetica. Abbiamo poi due certificatori e con Klimahouse stiamo studiando una casa passiva! Stiamo provando degli intonaci – canapa e calce o terra cruda – da proporre ai clienti che non amano il cartongesso.

E a proposito di amore per le cose – e per le case… Immagino che tutte le case Moretti-More ti piacciano… Ma ne hai una ­– eccetto la tua – preferita?
Io, la mia, la farei e la rifarei in continuazione… Ma intendi quelle realizzate da me, o quelle costruite nella storia dell’architettura?

Entrambe!
Allora, riguardo alla casa più bella in assoluto secondo me, io adoro Richard Neutra. Amo in generale gli architetti americani attivi negli anni Cinquanta (sono stata a Chicago a visitare le case di Frank Lloyd Wright) e rimango estasiata dai loro spazi ampi, bassi, armoniosamente penetrati dal verde.

E la tua casa preferita tra quelle costruite da Moretti-More?
È difficile a dirsi; abbiamo costruito case compatte, raccolte, e case a patio, come quella che abbiamo in cantiere adesso a Novara o come questa in cui vivo, con tantissimo vetro, “spalmata” sul terreno, con l’ambiente esterno che entra visivamente nella casa. Due modi di abitare totalmente diversi. Io sto facendo una prova a vivere qui. È un’esperienza, vivere in una casa dove l’80 per cento è vetro e dove la sera l’ambiente entra dentro. Ma sono ancora alla ricerca della casa perfetta. Le ispirazioni mi provengono dalle case ampie e aperte di Neutra, dalle case di Herzog & de Meuron, dalle opere del mio professore nonché architetto preferito Valerio Olgiati, che invitano a individuare il tuo spazio in modo protetto. Qui, forse ho pensato a fare la casa giusta per questo spazio, che ti consente di vivere e vedere al di fuori, pur con scatole di cemento e legno che proteggono le funzioni private, le camere dei bimbi, la mia. Tra le case costruite da noi ho nel cuore la casa vetrina, la prima che abbiamo costruito. Quando l’ho vista costruita, ho pianto dalla gioia.

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