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Maglioni senza tempo, realizzati a partire da lana 100% abruzzese: Wuuls è la startup basata nel Parco nazionale del Gran Sasso che protegge le specie autoctone.
Il mondo del tessile è una giungla e non è semplice districarsi tra prodotti e produttori, buone pratiche e greenwashing, ma là dove c’è purezza d’intenti e serietà c’è speranza. Tra la startup italiane più promettenti sul fronte del tessile sostenibile c’è questa piccola realtà che ha fatto della prossimità e dello stay local il proprio mantra: si chiama Wuuls e produce abiti a partire esclusivamente dalla lana del Parco del Gran Sasso.
A guidare il progetto due fratelli, Emanuela e Francesco Picchini: entrambi abruzzesi, hanno studiato e lavorato fuori per poi ritornare “a casa” e provare a fare qualcosa di buono, per l’ambiente e per l’economia locale. Emanuela ha una formazione nel design, sia universitaria che lavorativa (è stata impiegata in un’azienda di maglieria prima di mettersi in proprio) mentre Francesco ha studiato economia: nell’ultimo anno sono arrivati anche Mattia, che si occupa di comunicazione, e Valentino, che è un ingegnere gestionale. Tutti hanno scelto di darsi da fare per qualcosa in cui credono, ma anche per portare valore alla propria terra. “Tutto è nato quando mi sono imbattuta in alcune donne di un’associazione attiva qui nel Parco naturale del Gran Sasso: facevano la raccolta della lana locale e da lì è nata l’idea di poter prendere questo materiale, che appunto è tipico della regione dove sono cresciuta, e utilizzarlo per uso tessile per produrre capi semi industrializzati, mentre prima questo tipo di fibra veniva utilizzato solo per maglieria fatta a mano”, racconta Emanuela.
Il processo produttivo è importante per poter valutare la sostenibilità o meno di un brand, ma anche l’attenzione al design ha il suo, considerevole, peso. “I nostri capi sono molto basic, più un pezzo è senza tempo e più è probabile che la sua vita sia lunga. La durabilità sta al centro del nostro concetto di design: i nostri sono quei classici maglioncini che tieni nell’armadio tutta la vita. Per noi il successo è che i nostri prodotti possano venire tramandati di generazione in generazione”.
Tutta la lana impiegata da Wuuls è abruzzese al 100 per cento: proviene da velli di allevamenti che crescono completamente nel parco nazionale. “Noi non produciamo direttamente la fibra, ma ci avvaliamo di un fornitore, che è l’azienda di Valeria Gallese, interamente localizzata all’interno del parco. Lei è la proprietaria dell’allevamento e responsabile della primissima lavorazione: in ogni fase è garantito il massimo rispetto del gregge, che pascola liberamente all’aria aperta. Qui è ancora in uso la transumanza: la lana è grezza nel vero senso della parola, gli animali stanno talmente a contatto con la natura che per forza di cose il loro manto si sporca e si inspessisce. Assolutamente poi non viene praticato agli animali nessun tipo di mulesing – pratica utilizzata soprattutto in Australia che consiste nell’asportazione della coda e di una parte di tessuto anale e perineale della pecora per evitare che il vello si sporchi con gli escrementi –, procedura triviale che in Europa è vietata, ma che è ancora praticata in moltissime parti del mondo. Tutto il grezzo impiegato quindi è localizzato, poi però viene filato nel biellese, che è l’unico distretto italiano in cui si continua a trasformare la materia grezza in filato. Dalla seconda collezione in poi abbiamo introdotto anche dei capi in lino, che viene sempre prodotto in Italia e sempre filato, perché comunque il concetto portante del brand è quello della maglieria”.
In questa storia non c’è solo il forte legame con il territorio, ma anche la volontà di riprendere una materia prima che è molto performante. “Volevamo che il nostro prodotto raccontasse una storia, quella della regione in cui sono nata e cresciuta, ma anche che si avvalesse di tecniche tradizionali, come la tintura al vegetale con pigmentazioni molto antiche: un uso tintorio che è tipico non solo dell’Abruzzo, ma un po’ di tutta Italia. In molti oggi tingono con eco-tinture, ma tingere al vegetale impone dei passaggi diversi: si presuppone infatti che tutti i pigmenti utilizzati siano di origine organica, e non chimica: questo si traduce in nuance diverse da bagno a bagno e in prodotti anallergici e che non disperdono sostanze chimiche durante i lavaggi effettuati in un secondo momento dal consumatore. Da questo punto di vista i nostri capi non disperdono microplastiche, perché non hanno componenti sintetiche di nessun tipo, e neanche piccole particelle di coloranti. Nella prima collezione abbiamo tinto con due materiali: il guado e lo scotano. Il primo è un pigmento tintorio blu che deriva da una pianta di origine molto antica che viene coltivata soprattutto nelle Marche: noi la compostiamo, la secchiamo e poi la riduciamo in polvere. L’altro invece è un tipo di fogliame che cresce spontaneamente in tutte le regioni appenniniche e che dà un colore marroncino, vicino al tortora”.
Al di là della raccolta e della lavorazione della materia prima, il legame con l’Abruzzo è fortissimo per i ragazzi di Wuuls che si impegnano a devolvere parte dei loro ricavati ad associazioni locali attive nella salvaguardia del territorio. “Si può dire che la nostra sia una filiera corta: riusciamo a prendere il grezzo, filare e tingere nell’arco di tre regioni molto localizzate, ma il legame con il territorio non si limita solo a questo, perché il 5 per cento dei ricavati delle due collezioni prodotte fino ad oggi è stato devoluto ad associazioni locali molto attive nel parco che hanno l’obiettivo di tutelare la biodiversità del territorio. Un progetto che abbiamo sostenuto e a cui siamo molto legati è quello di riqualificazione del corridoio del pascolo: un’iniziativa molto importante per la protezione e la sopravvivenza dell’orso marsicano.
Attraverso il ripristino dei corridoi faunistici da parte di questa piccola associazione vengono arginati molti dei problemi in cui questa specie incorre, legati all’eccessiva antropizzazione. Ad esempio in questi corridoi faunistici vengono istallati dei sistemi di protezione acustica per far sì che gli animali non si avvicinino troppo alle zone abitate e non incorrano così in incidenti dovuti alla presenza dell’uomo. Un’altra iniziativa che abbiamo sostenuto è stata la potatura dei frutteti della zona, attività che in sé e per sé non sembrerà un intervento così eclatante, ma che fa sì che questi alberi da frutto crescano e prosperino rappresentando una ricchezza per l’intero sistema di biodiversità del parco”.
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