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Un nuovo studio fotografa la situazione attuale del più famoso parco americano e le possibili conseguenze dei cambiamenti climatici da qui al 2100.
Temperature mai così alte in 20mila anni, precipitazioni nevose diminuite di quasi 60 centimetri rispetto al 1950 e peggioramento dell’aridità che alimenta, inevitabilmente, gli incendi. È questa la situazione nel Parco nazionale di Yellowstone, il più antico degli Stati Uniti, fotografata dal nuovo report sviluppato dalla United States geological survey (Usgs) – un’agenzia scientifica del governo che studia il territorio americano e le sue risorse – insieme alle università del Montana e del Wyoming.
Lo studio, rilasciato lo scorso 23 giugno, ha raccolto dati estremamente accurati relativi ai cambiamenti climatici e ambientali che si stanno verificando nell’area del parco, situato nel nord-ovest degli Stati Uniti, e ha quindi provato a formulare una serie di previsioni riguardo a quello che potrà succedere da qui al 2100 in base alla quantità di CO2 che verrà emessa.
Il quadro non è roseo: secondo gli esperti le temperature sono già salite di 2,3 gradi Fahrenheit nel periodo considerato, e potrebbero aumentare ulteriormente di un intervallo compreso tra i 5 e i 10 gradi Fahrenheit entro la fine del secolo. Allo stesso tempo, le piogge aumenteranno del 9-15 per cento; il caldo però, unito a un maggiore tasso di evaporazione dell’acqua, non potrà che peggiorare la siccità dei terreni.
In estate, quindi, la perdita di umidità del suolo potrà mettere in difficolta gli ecosistemi locali, causando roghi e periodi siccitosi, mentre le città di Bozeman (in Montana) o Cody e Jackson (in Wyoming), nelle zone limitrofe al parco, avranno temperature superiori ai 32 gradi per 40 o 60 giorni in più rispetto alle medie attuali.
Il Parco nazionale di Yellowstone occupa un’area di quasi 9mila chilometri quadrati e si estende al confine tra Idaho, Montana e Wyoming. “Sviluppare il report è stata una sfida perché questi territori sono piuttosto conservatori da un punto di vista politico, e i cambiamenti climatici probabilmente non rappresentano una priorità”, rivela a LifeGate Cathy Whitlock, docente di Scienze della Terra all’Università del Montana che ha collaborato alla stesura del report. “Sono luoghi che conosco e amo, per questo ho voluto elaborare una valutazione molto precisa della situazione nell’area del Greater Yellowstone”, un termine che si riferisce all’intero ecosistema che si è sviluppato nel parco e nelle zone limitrofe alla riserva naturale.
Secondo Whitlock il parco di Yellowstone, con i suoi quattro milioni di visitatori all’anno, rappresenta una grande opportunità per sensibilizzare e attirare l’attenzione del pubblico riguardo alla minaccia della crisi climatica. Gli autori del rapporto intendono infatti condividere i risultati ottenuti con le comunità locali così da rafforzare la conversazione e raccogliere idee e problemi. “Andremo a parlare con le persone, specialmente coloro che risiedono nella zona, per discutere del riscaldamento globale, delle sue implicazioni e conseguenze concrete, in modo da tener vivo il dialogo”, prosegue Whitlock.
Il coinvolgimento delle comunità locali è stato fin da subito uno degli elementi chiave che hanno guidato la composizione del Greater Yellowstone climate assessment. Fondamentale, in questo senso, è stato il ruolo svolto dalla Greater Yellowstone coalition (Gyc), un’associazione locale che dal 1983 si batte per proteggere l’ecosistema del parco.
Per contribuire al report la coalizione ha creato un team composto da esperti di scienze sociali e ha collaborato con il National park service e le università del Montana, dell’Idaho e del Wyoming. “Abbiamo elaborato un questionario con dieci domande, poi siamo andati sul campo per incontrare diverse tipologie di persone in qualche modo collegate al parco”, ci spiega Charles Drimal, coordinatore di Gyc per la conservazione delle acque. Tra gli intervistati troviamo quindi agricoltori, imprenditori turistici, esperti di flora e fauna locale, rappresentanti del governo e membri delle comunità tribali che vivono nei dintorni dell’area protetta.
La coalizione ha intervistato 44 persone in totale, incorporando i loro commenti all’interno del rapporto. Secondo Drimal, il coinvolgimento delle comunità locali “è ciò che rende unico questo studio, che consiste in una combinazione di informazioni scientifiche e di commenti presi dalla vita reale. Fin dall’inizio abbiamo voluto incorporare [nel documento, ndr] le voci dell’area del Greater Yellowstone e le loro diverse prospettive sui cambiamenti climatici”.
Secondo Steven Hostetler, ricercatore per Usgs tra gli autori del Greater Yellowstone climate assesment, lo scopo principale dello studio “non è dare consigli su cosa fare o non fare, ma condividere informazioni scientifiche in modo accurato. Questo ci pone tutti sullo stesso piano per parlare di adattamento, pianificazione e azione”. Proprio per questo una delle sfide principali è consistita nel “raccontare i dati con un linguaggio semplice e accessibile per il grande pubblico”.
La popolazione locale però si è mostrata recettiva rispetto alle conclusioni del report e interessata a seguire e approfondire la discussione. “Credo che tutti siano coscienti del fatto che le cose stanno cambiando, e stanno cambiando rapidamente”, afferma Drimal. “Ognuno può avere obiettivi differenti, ma di sicuro abbiamo trovato un buon livello di partecipazione”.
Lo sa bene anche Cathy Whitlock, che già dal 2017 gira il Montana, il suo stato, per sensibilizzare i cittadini riguardo ai rischi e alle conseguenze della crisi climatica. In quattro anni di attivismo la scienziata ha tenuti incontri ed eventi presso scuole, municipi, case di riposo e manifestazioni. “Ho parlato con molte persone, la maggior parte delle quali piuttosto conservatrici. Ma tutti ascoltavano con interesse, perché vedono con i loro occhi gli effetti del riscaldamento globale. Specialmente coloro che lavorano nell’agricoltura”, puntualizza parlando al telefono con LifeGate.
A partire dal prossimo autunno gli autori del Greater Yellowstone climate assessment inizieranno una campagna di sensibilizzazione per condividere i risultati del loro studio nelle aree limitrofe al parco. Il dialogo con le comunità, infatti, è una componente fondamentale quando si tratta di diffondere consapevolezza riguardo ai luoghi in cui viviamo giorno per giorno.
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