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Il contenuto di una fitta corrispondenza tra le industrie dello zucchero e il National institute of dental research riemerge dal passato grazie ad un’analisi dell’Università di San Francisco. Che svela come sono andate veramente le cose.
Che lo zucchero provochi la carie ai denti è cosa risaputa, e a partire dagli anni ’50 diversi studi già lo dimostravano inequivocabilmente. Nonostante questa diffusa consapevolezza però, le industrie americane leader del settore dello zucchero riuscirono comunque a condizionare la stesura del programma nazionale per la salute dei denti redatto nel 1971, sotto la presidenza di Richard Nixon.
Cosa successe? Nel 1960 il governo americano decise di guidare un programma di ricerca, noto come National Caries Program (NCP) volto a debellare il problema carie entro la fine del 1970. Le industrie, per scongiurare interventi di sanità pubblica mirati alla riduzione del consumo di dolci, spinsero il National institute of dental research a finanziare progetti di ricerca legati al contenimento dei danni provocati dallo zucchero che non si soffermassero sulla vera causa di tali danni: il consumo eccessivo di zucchero. Vennero così finanziate ricerche per l’individuazione di enzimi capaci di disgregare la placca dentale, vaccini contro la carie, nuovi dentifrici al fluoro. Ma non vennero date alla popolazione indicazioni alimentari mirate al contenimento del consumo di zucchero nella dieta quotidiana.
Come ha fatto l’industria ad avere tutto questo potere? Innanzitutto inserendo i propri uomini di fiducia nella sottocommissione preposta allo sviluppo delle priorità di ricerca che hanno poi guidato le politiche di cure dentali. All’interno della task force istituita dal governo per stabilire le priorità di ricerca per il NCP c’erano molti medici e scienziati che stavano lavorando a stretto contatto con l’industria dello zucchero. Questi stessi membri facevano parte anche della International sugar research foundation, finanziata dal settore dello zucchero. La sovrapposizione tra i due gruppi era quasi totale, riguardava nove membri su undici.
Non c’è da sorprendersi, dunque, se l’80 per cento delle proposte delle multinazionali furono inserite nell’agenda delle priorità di ricerca promossa dal National Institute of Dental Research.
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