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Intel non utilizzerà più materie prime provenienti da regioni in guerra
Il gigante informatico ha dichiarato, che entro 2016, l’intera catena di approvvigionamento sarà certificata e non “insanguinata”.
Non è un mistero che molti dei materiali preziosi contenuti nei dispositivi elettronici di largo consumo provengano da regioni povere, da Paesi in guerra o dove le condizioni di lavoro non rispettano i diritti umani.
Lo conferma anche un recente rapporto di Amnesty International: la maggior parte delle aziende che producono batterie col cobalto estratto nel Congo, non sono in grado di dichiarare da dove provenga quel minerale e se questo sia collegato o meno al lavoro minorile.
Materiali preziozi non più insanguinati
Per questo Intel, iniziando a lavorare dal 2009, ha condotto un programma di certificazione dell’intera filiera di provenienza dei materiali preziosi acquistati e utilizzati nei propri prodotti tecnologici. Grazie alla collaborazioni con Ong che lavorano in Congo – uno dei Paesi che ospita le maggiori quantità di minerali come cobalto, tungsteno e oro -, che si fanno garanti che le miniere rispettino i diritti umani e la difesa dei valori e degli standard etici pubblicati sul codice di condotta dell’azienda, Intel riesce a certificare che quelle materie prime siano di provenienza “etica”.
“Non possedendo noi le miniere, non possiamo esserne certi al 100 per cento, per tutto il tempo, ogni giorno”, ha dichiarato Carolyn Duran, supervisore per la sostenibilità della supply chain di Intel, a Co.Exist. “Ma vogliamo mantenere la nostra presenza nella regione, rifornirci in maniera sostenibile e aiutare le persone più deboli”. In questo modo i profitti minerari hanno iniziato ad arrivare ai minatori, prima che ai guerriglieri.
L’associazione Enough Project, in un recente studio, riporta che gli introiti provenienti dai tre maggiori minerali (tungsteno, tantalio e stagno) che arrivavano nelle casse dei guerriglieri, sia calato del 65 per cento. Solo in Congo l’estrazione di minerali come il cobalto è contesa da milizie di diverse fazioni in lotta tra loro e che spesso usano schiavi e bambini.
Si tratta di un primo passo, perché siamo ancora ben lontani dal risolvere i conflitti nati proprio a causa dell’estrazione mineraria e che dilania da anni Paesi come Congo e Ruanda. Chissà, l’esempio di Intel potrebbe contagiare man mano, tutte le altre aziende.
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