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Oceani e mari sono in crisi, minacciati soprattutto dall’inquinamento da plastica. Nella giornata a essi dedicata si celebra l’inestimabile valore di questi ecosistemi.
L’acqua ha qualcosa di speciale e misterioso, tutte le creature viventi hanno un elevato contenuto di acqua, che ricopre inoltre il 71 per cento della superficie del nostro pianeta. Negli oceani la vita ha avuto inizio e senza di loro potrebbe cessare. Eppure oggi l’acqua evoca immagini di morte e di degrado, pensiamo alle migliaia di persone in fuga da conflitti che muoiono ogni anno nel vano tentativo di attraversare il mare a bordo di imbarcazioni inadeguate, oppure alle vere e proprie isole di plastica che galleggiano negli oceani e non sono che la punta dell’iceberg (anch’esso di plastica).
Queste sterminate distese di acqua salata, apparentemente immutabili ma mai uguali a sé stesse, come un gigantesco fiocco di neve, regolano il clima, producono la maggior parte dell’ossigeno che respiriamo, forniscono sostentamento a milioni di persone ogni anno, sono necessarie per la produzione di numerosi farmaci e ospitano un’incredibile biodiversità. Per festeggiare ed evidenziare l’importanza di questo inestimabile patrimonio comune l’8 giugno si celebra la Giornata mondiale degli oceani istituita dall’Onu l’8 giugno 1992, in occasione del vertice sull’ambiente di Rio de Janeiro.
Lo slogan dell’edizione del 2017 è I nostri oceani, il nostro futuro, scelto per evidenziare come la salute di questi ecosistemi sia strettamente correlata a quella della nostra specie. Gli oceani si prendono infatti cura di noi fornendoci preziosi servizi ecosistemici, noi abbiamo la responsabilità di prenderci cura di loro. In realtà l’espressione “prendersi cura” potrebbe forse risultare offensiva per gli oceani, ambienti primordiali che esistono dalla notte dei tempi, bisognerebbe piuttosto ridurre sensibilmente il nostro impatto su di essi e sul pianeta in generale. L’impegno delle Nazioni Unite è incentrato sulla lotta all’inquinamento da plastica, una delle principali minacce per mari e oceani.
Si stima che ogni anno finiscono in acqua circa otto milioni di tonnellate di plastica. Questi rifiuti si rimpiccioliscono gradualmente e vengono assimilati di numerosi organismi marini entrando in circolo nella catena alimentare (di cui fa parte anche l’uomo che si nutre di pesce). Secondo uno studio pubblicato lo scorso anno su Proceedings of the National Academy of Sciences, fino al 90 per cento degli uccelli marini di tutto il mondo ha residui di plastica nelle viscere.
La salute degli oceani è in grave pericolo a causa dell’impatto antropico, diretto e indiretto, messa in ginocchio non solo dall’inquinamento, ma anche dai cambiamenti climatici, dal sovrasfruttamento delle popolazioni ittiche, dalle pratiche di acquacoltura insostenibili e dall’introduzione di specie alloctone. L’enorme quantità di gas serra immessi in atmosfera sta aumentando rapidamente l’acidità degli oceani, secondo la Royal Society questo fenomeno potrebbe aumentare fino al 300 per cento in questo secolo. Secondo i ricercatori rappresenterebbe una minaccia alla biologia del pianeta uguale, o forse maggiore, del riscaldamento climatico. Attualmente meno del 4 per cento degli oceani è tutelato, le aree protette costituiscono una parte minima della superficie complessiva. Eppure proteggere gli oceani comporterebbe grandi vantaggi, anche dal punto di vista economico.
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