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Diritti dei lavoratori violati in Colombia. Enel: “Andremo a vedere di persona”
Pressato dagli azionisti critici, l’ad di Enel promette che andrà a vedere di persona le condizioni dei lavoratori nei giacimenti di carbone in Colombia, da dove proviene la materia prima destinata all’Italia
“Andremo a vedere di persona cosa succede in Colombia e se non ci piace usciremo”, sono le parole pronunciate dall’amministratore delegato di Enel, Francesco Starace in risposta alle domande poste da Fondazione Banca Etica e dall’associazione Re:Common nel corso dell’assemblea degli azionisti di Enel a proposito dei diritti umani violati e collegati all’importazione di carbone dalla Colombia, in particolare dal Cesar, regione a nordovest dello stato sudamericano.
Privatizzate alla fine degli anni Ottanta, le miniere sono state date in concessione alla compagnia Drummond (Usa) e a Prodeco (controllata da Glencore, compagnia anglo-svizzera). Il carbone estratto nel Cesar fa quasi metà della produzione colombiana, circa 80 milioni di tonnellate l’anno. Dopo di che viene trasportato sulle coste e prende la via dell’export fino ad arrivare in Italia, dove l’Enel lo utilizza per le sue centrali elettriche.Le compagnie Drummond e Prodeco sono accusate di essere complici di violenze già denunciate in passato, ad esempio da organizzazioni per i diritti umani come la olandese Pax.
Violenze perpetrate in un clima di terrore: le compagnie, infatti, pagherebbero i paramilitari per garantire la sicurezza da un lato ed evitare dall’altro eventuali proteste dei sindacati. «Una serie interminabile di massacri, torture, abusi sessuali, desaparecidos» che però non ha impedito all’Europa di continuare a importare centinaia di milioni di tonnellate di carbone da quella regione, «senza affrontare in maniera seria la questione delle vittime e senza fare pressione sulle compagnie minerarie», come spiega l“azionista” Re:Common, associazione che ha pubblicato recentemente il dossier Profondo Nero. Il viaggio del carbone dalla Colombia all’Italia.
La tattica dell’azionariato critico, ovvero l’acquisto simbolico di azioni per intervenire in assemblea di grandi compagnie – in questo caso l’Enel – ha dato il risultato di avviare un dialogo. Oltre a Re:Common, anche la Fondazione Culturale di Banca Etica ha scelto l’azionariato critico come strumento di pressione nei confronti della principale compagnia energetica italiana.
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