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In occasione dell’8 marzo, un movimento di sciopero internazionale delle donne coinvolge più di 50 nazioni: “La solidarietà è la nostra arma”.
Nella giornata dell’8 marzo, la risposta alla “violenza sociale, legale, politica, psicologica e verbale che le donne subiscono in tutto il mondo” prende le forme di uno sciopero internazionale. “Se le nostre vite non valgono niente, allora provate a produrre senza di noi!”, si può leggere sul sito internet dedicato all’iniziativa, che si svolge oggi in più di cinquanta Paesi.
Si tratta della prima volta che le azioni organizzate in occasione della Giornata internazionale dei diritti delle donne risultano così coordinate a livello internazionale e su così larga scala. Dall’Italia al Messico, dalla Francia alla Russia. E ancora Spagna, Ucraina, Germania, Turchia, Israele, Ciad, Senegal, Brasile, Messico, Corea del Sud e Cambogia. Nazioni unite dallo slogan “la solidarietà è la nostra arma”.
Negli Stati Uniti, le organizzatrici della Women’s March (la Marcia delle donne contro il presidente Donald Trump che si è svolta lo scorso 21 gennaio) hanno aderito al movimento di protesta. “È ora – hanno spiegato al quotidiano inglese The Guardian – di ripoliticizzare la Giornata delle donne. Per troppo tempo ci siamo limitati a festeggiarla con brunch, fiori e bigliettini d’auguri. Oggi siamo nell’era-Trump e dunque occorre un femminismo d’azione che si sappia federare”.
In Francia si è scelta invece una forma di sciopero altamente simbolica: tutte le donne incroceranno le braccia a partire dalle 15:40. Lo scarto salariale (gender pay gap) tra uomini e donne sul territorio transalpino è infatti in media del 26 per cento: “È come se ogni giorno smettessero di pagarci alle 15:40”, spiega il collettivo di 35 associazioni femministe, sindacati e ong che ha aderito all’iniziativa.
How can the gender pay gap be reduced? We asked some of Asia’s top businesswomen https://t.co/t8SHL3akFP #IWD2018 pic.twitter.com/upcjrZ47rf
— Bloomberg (@business) 8 marzo 2018
Ma il tutto è partito in realtà dalla Polonia: è qui che è nata l’idea di un movimento unitario internazionale, dopo la manifestazione del 3 ottobre 2016 per il diritto all’aborto. Quel giorno, migliaia di donne vestite di nero avevano deciso di scioperare e si erano riversate nelle piazze di Varsavia. Ad ispirarle, la protesta del 1975 in Islanda, quando quasi tutte le abitanti dell’isola animarono uno storico corteo di protesta contro la doppia giornata di lavoro, professionale e domestica.
#IwantWorkLifeBalance #IWD2018 .@Eva_Nordmark @TCOSverige
supports the work/life balance directive @etuc_ces @EU_Commission @Europarl_sv @EUCouncil https://t.co/ZgZ3avktt6 pic.twitter.com/CVaPNRwRlp— EUROPEAN TRADE UNION (@etuc_ces) 8 marzo 2018
Qualche giorno più tardi, un corteo analogo era stato organizzato in Corea del Sud. Quindi, il 19 ottobre, in quasi tutta l’America Latina le donne avevano abbandonato il posto di lavoro per un’ora, rispondendo all’appello del collettivo argentino Ni una menos (“Non una di meno”).
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