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La compravendita di abbigliamento usato ha effetti positivi sull’ambiente perché evita nuove emissioni di anidride carbonica. Lo dimostra una ricerca di Subito.it che ha calcolato anche il risparmio di CO2 di jeans e sneaker di seconda mano.
Indumenti vintage o vestiti creati con materiali riciclati: che sia per stile personale o per sensibilità verso l’ambiente, l’usato si sta sempre più diffondendo anche nel mondo della moda. Un capo di seconda mano può aiutarci, infatti, a esprimere la nostra personalità nel nostro modo di vestire, a regalare al nostro outfit un tocco di originalità, ma anche a ridurre l’impatto ambientale. Tutto quello che non viene comprato nuovo, ma anzi viene riparato, riusato, riciclato, riduce lo sfruttamento delle risorse naturali e la produzione di rifiuti. E tutto questo ha effetti anche sulle emissioni.
Come ha rivelato una ricerca di Subito, nel 2017, solo in Italia, sono state risparmiate 4,5 milioni di tonnellate di CO2 grazie alla compravendita dell’usato da parte degli utenti del portale, dove la categoria Casa e Persona (che comprende l’abbigliamento) è la seconda più importante in termini di valore. Quanta anidride carbonica si risparmia comprando, ad esempio, una maglietta usata? Sempre secondo un’indagine, realizzata da Subito insieme all’Istituto Svedese di Ricerca Ambientale (IVL), la risposta è 7,2 chili di CO2, ovvero una quantità pari alla produzione di 11 chili di pasta. Ancora, un paio di jeans usati permette di risparmiare 33,4 chili di anidride carbonica, mentre un paio di sneakers 13,6 chili.
Ad oggi, secondo l’Osservatorio Second Hand Economy, il valore dell’economia dell’usato è di 21 miliardi di euro, ovvero l’1,2 per cento del Pil italiano. Visto come uno strumento di risparmio economico, ma anche una scelta ecologica e sostenibile, l’usato si prevede in ulteriore crescita nei prossimi anni. Sulla piattaforma sviluppata da Subito e dedicata gli effetti dell’usato, potete scoprire quanto si risparmia in CO2 per gli oggetti più comprati e venduti.
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