Presente al corteo l’attivista svedese ha detto: “Non puoi dire di lottare per la giustizia climatica se si ignora la sofferenza dei popoli emarginati”.
Abruzzo, dal 19 maggio il traforo del Gran Sasso sarà chiuso a causa delle falde inquinate
Il tunnel potrebbe restare chiuso a tempo indeterminato per consentire la messa in sicurezza del sistema idrico.
Con i suoi 10.175 metri il traforo del Gran Sasso, inaugurato nel 1984, è la galleria autostradale a doppia canna più lunga d’Europa. Il tunnel è stato realizzato per eliminare le difficoltà legate all’attraversamento dell’aspro massiccio montuoso del Gran Sasso e permettere il veloce collegamento tra Lazio e Abruzzo. Si tratta, pertanto, di uno snodo nevralgico per quanto riguarda la mobilità autostradale dell’Italia centrale. Dalla mezzanotte del 19 maggio il traforo verrà chiuso a tempo indeterminato in entrambe le direzioni, lo ha annunciato Strada dei Parchi, azienda concessionaria delle autostrade A24 e A25, suscitando numerose polemiche.
Perché il traforo verrà chiuso
Il bacino idrico del Gran Sasso, uno dei più grandi d’Europa, è a grave rischio di contaminazione, lo ha rivelato un’indagine avviata nel 2017 dalla procura di Teramo. La minaccia è rappresentata dalle acque reflue contaminate dai Laboratori nazionali del Gran Sasso dell’Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn), che, non correttamente separate dall’acqua destinata ai cittadini, metterebbero a rischio la salute di circa 700mila persone. Alla contaminazione delle acque sotterranee, secondo gli investigatori, avrebbe contribuito anche lo stato delle gallerie dell’autostrada A24 e A25. Per questo anche nei confronti di Strada dei Parchi, lo scorso anno, venne emanato un avviso di garanzia. “Per evitare di incorrere in ulteriori contestazioni correlate a presunti pericoli di inquinamento delle acque di superficie – si legge nel comunicato pubblicato pochi giorni fa da Strada dei Parchi – la società sarà costretta, suo malgrado, ad interdire il traffico nelle gallerie del Gran Sasso”.
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Acque avvelenate
Il primo episodio di avvelenamento delle falde acquifere del Gran Sasso, da cui dipendono tre provincie, risale al 2002, quando ci fu uno sversamento di materiali tossici fuoriusciti dall’Infn. In seguito a quell’incidente le strutture dell’istituto vennero messe in sicurezza, ma forse non adeguatamente. Nel 2016 infatti avvenne un altro incidente, che spinse la regione Abruzzo a dichiarare lo stato di Emergenza idrica “a seguito di una contaminazione delle acque captate presso i laboratori del Gran Sasso”. In quell’occasione le falde acquifere furono contaminate con il diclorometano, sostanza tossica e potenzialmente cancerogena per l’uomo. Nel 2017 furono invece rilevati, in seguito all’analisi di un campione di acqua destinata al consumo umano, toluene, etilbenzene e xilene. “I punti di captazione all’interno del Gran Sasso non sono a norma, sia quelli presso i laboratori sia quelli autostradali – si legge in un esposto del 2017 firmato dal responsabile del Forum abruzzese dei movimenti per l’Acqua, Augusto de Sanctis. – Le importanti ricerche in corso nel Gran Sasso devono tener conto dei rischi per vastissimi territori, un incidente rilevante stravolgerebbe per anni l’intera area”.
Abruzzo tagliato in due
L’annuncio della chiusura del traforo del Gran Sasso ha scatenato reazioni allarmate. “Il traforo è un’arteria di comunicazione fondamentale per l’Abruzzo – ha affermato il sottosegretario ai Beni culturali Gianluca Vacca – e non può essere chiusa. Sono in contatto con il ministero dei Trasporti e con gli organismi competenti per scongiurare questa scelta. Qualora ci fosse una cieca ostinazione del gestore verso la chiusura, chiederò con forza al Mit di valutare se ci sono i requisiti per la revoca immediata della concessione”.
Strada dei Parchi, dal canto suo, ha respinto le accuse indirizzandole proprio al ministero dei Trasporti, che sapeva già dal 5 aprile dell’imminente chiusura del traforo del Gran Sasso. “La Strada dei Parchi non ha il potere di intervenire nella situazione che c’è e che richiederebbe l’impermeabilizzazione della galleria con una spesa che si aggira intorno ai 170 milioni di euro – ha spiegato alla Rai il vicepresidente della società, Mauro Fabris. – Serve un commissario di governo come previsto dal decreto sblocca cantieri. Noi siamo rinviati a giudizio, c’è rischio di ulteriori pregiudizi nell’azione penale avviata contro di noi: essendo impossibilitati a muoverci, abbiamo dovuto prendere l’unico provvedimento possibile e cioè chiudere la galleria per evitare nuove accuse”.
Per la messa in sicurezza delle #acque del #GranSasso servono un commissario con poteri limitati, fondi nazionali e la revoca della chiusura della #galleria del Gran Sasso. Il mio question-time in Commissione Ambiente su #AutostradaDeiParchi https://t.co/JLcPsYCsTu pic.twitter.com/Ot4n8qMiao
— Rossella Muroni (@RossellaMuroni) 8 maggio 2019
In attesa di sviluppi
Martedì rappresentanti del ministero dei Trasporti e di Strada dei Parchi si incontreranno per cercare di risolvere la questione, mentre tutte le parti in causa auspicano la messa in sicurezza del sistema idrico e una rapida riapertura del traforo. “Mentre in Italia si discute della chiusura dei porti forse sarà pure il caso che qualcuno si occupi, più semplicemente, di tenere aperte le autostrade – ha commentato il presidente regionale della Cna Abruzzo, Savino Saraceni – Va garantita ovviamente la doverosa messa in sicurezza di sistemi idrici, ma non si può mettere in ginocchio una regione intera chiudendo tutto, e costringendola così a un salto all’indietro di decenni”.
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