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Dopo un lungo iter, il Senato dell’Argentina ha approvato la depenalizzazione dell’aborto. Il paese è la prima grande nazione dell’America Latina a garantire questo diritto.
Ultimo aggiornamento: 30 dicembre 2020
“Lo stato deve proteggere i suoi cittadini in generale, e le donne in particolare. Nel 21esimo secolo ogni società deve rispettare la scelta individuale di ogni persona di decidere liberamente del proprio corpo”. Con queste parole Alberto Fernández, presidente dell’Argentina da dicembre 2019, dichiarava a marzo la volontà di inviare al Congresso un disegno di legge per depenalizzare e legalizzare l’aborto.
Nel suo primo discorso inaugurale al Congresso ai primi di marzo, presentando le diverse proposte di legge in arrivo nell’anno, Fernández ha incluso e annunciato anche quella aspettata da anni, per la legalizzazione dell’aborto in quanto una questione di salute e di diritti umani. “Presenterò un progetto di legge sull’interruzione volontaria di gravidanza che legalizzi l’aborto nel periodo iniziale e permetta alle donne di accedere al sistema sanitario nel caso in cui prendano la decisione di abortire”, aveva detto. Avrebbe dovuto farlo di lì a pochi giorni, ma a causa della pandemia è stato rimandato fino al 17 novembre.
La legislazione vigente non è efficace. Dal 1921 l’Argentina penalizza l’interruzione volontaria di gravidanza nella maggioranza delle situazioni. Cento anni dopo, la giurisprudenza ci dà prova dell’inefficacia di questa normativa da un punto di vista preventivo. Molte donne non si sentono minacciate dalla pena prevista che, anzi, condanna molte di loro – soprattutto coloro con poche disponibilità economiche – a ricorrere a pratiche di aborto nella più assoluta clandestinità, mettendo a rischio la propria salute e a volte la propria vita. Tutti sanno di cosa sto parlando. L’aborto si fa. È un fatto. Ed è proprio quell’ipocrisia che a volte ci blocca quella che ci fa cadere in dibattiti come questo.
Il presidente ha mantenuto la sua parola e il 17 novembre ha presentato un disegno di legge per legalizzare l’aborto in Argentina, insieme anche a un altro disegno volto a proteggere la salute di madre e figlio nei primi mille giorni di vita.
Invieremo anche al Congresso un disegno di legge che istituisca il “piano dei mille giorni”, per garantire l’assistenza e la cura integrale della vita e della salute delle donne incinta e dei propri figli. In questo modo vogliamo diminuire in modo significativo i tassi di mortalità e denutrizione, proteggere i primi momenti della vita, lo sviluppo neurologico e la salute delle madri e dei loro figli in modo integrale.
L’11 dicembre è stata quindi la volta della Camera dei deputati della Nazione Argentina, cioè la Camera bassa del Congresso, che ha approvato il disegno di legge con 131 voti a favore, 117 contrari e 6 astensioni. “Siamo convinti che questo offrirà una risposta concreta a un urgente problema strutturale di salute pubblica”, ha affermato Elizabeth Gómez Alcorta, la ministra per le donne, il genere e la diversità, aprendo la sessione di voto. “È il momento di smettere di guardare dall’altra parte”. La discussione di voto si è protratta per tutta la giornata del 10 dicembre, arrivando alla sua conclusione nelle prime ore della mattina dell’11 dicembre. I manifestanti hanno infatti passato la notte fuori dal Congresso in attesa del tanto sperato risultato. Ora il prossimo passo spetta al Senato, con una decisione che ci si aspetta arrivi entro la fine dell’anno.
La decisione è stata accolta con un grande soddisfazione, commozione e gioia, dalle forze politiche e dalle associazioni che da anni si battono per questa proposta. Mariela Belski, direttrice esecutiva di Amnesty International Argentina, ha affermato: “L’attivismo e gli sforzi irremovibili delle donne hanno portato a questo momento storico: oggi l’aborto è diventato un punto centrale dell’agenda politica. Ora il Paese deve essere all’altezza e non perdere l’opportunità di riconoscere i diritti delle donne, delle ragazze, di prendere decisioni libere sui propri corpi”.
Il 30 dicembre, dopo una sessione durata ore e terminata alle 4 di mattina, il Senato ha votato a favore della penalizzazione dell’aborto, con 38 voti a favore, 29 contrari e un astenuto. Grazie a questo, l’aborto sarà possibile fino alla 14esima settimana di gravidanza senza giustificazione. La notizia è stata accolta con grande gioia ed emozione dentro il Senato ma soprattutto fuori, dove una marea verde di persone aspettava – da anni – questo momento che passerà alla storia.
Nel paese, fino ad oggi, l’aborto era illegale ma consentito solo in circostanze particolari, come in caso di stupro o se la salute della madre è in grave pericolo, una situazione simile a molti altri paesi latinoamericani. Nel 2018, tra l’altro, era stato quasi approvato dal Congresso un progetto di legge per legalizzare l’aborto nelle prime quattordici settimane di gravidanza ma poi rifiutato dal Senato, generando un’ondata di proteste da parte della popolazione femminile e non.
Con il Senato a favore, l’Argentina diventerà il primo grande paese dell’America Latina (con una popolazione di 45 milioni di persone) a legalizzare l’aborto, considerato che solo nei più piccoli Cuba, Uruguay e Guyana al momento è legale. Al contrario, Honduras, Nicaragua, El Salvador e Haiti lo dichiarano completamente illegale.
Secondo uno studio di Access to safe abortion network, la mancanza dell’aborto legale in Argentina ha costretto milioni di ragazze e donne a portare a termine gravidanze non volute. Dal 2016 al 2018 più di settemila bambine tra i 10 e i 14 anni hanno partorito, molte delle quali come risultato di stupri. Solo nel 2016 quasi 40mila donne sono state ricoverate in ospedale per complicanze legate agli aborti illegali (6.400 delle quali erano bambine e ragazze dai 10 ai 19 anni). Sempre nel periodo 2016-2018, almeno 65 donne sono morte per le complicazioni di interventi illegali (la metà erano adolescenti) e dal 2012 almeno 73 donne, incluse dottoresse e infermiere, sono state arrestate per accuse di aborti illegali.
Sulla base di decenni di lotta per il diritto all’interruzione di gravidanza, centinaia di migliaia di donne in Argentina hanno dato vita al movimento femminista a favore dell’aborto libero, sicuro e gratuito, chiedendo che venga garantito. Il loro simbolo, i fazzoletti verdi – los pañuelos verdes – che ormai riempiono le piazze delle città legati al polso, al collo, o sventolati in simbolo di ribellione e speranza, proprio come successo dentro e fuori dal Parlamento argentino nella capitale Buenos Aires dopo la dichiarazione del presidente.
È arrivato il momento di dire addio a decenni di violazioni dei diritti sessuali e riproduttivi. Legalizzare l’aborto è un obbligo per i diritti umani.
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